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Fondi ELTIF: dall’Europa una nuova fonte di finanziamento per le PMI

Gli European Long Term Investment Fund - ELTIF sono i nuovi strumenti di finanziamento per le piccole e medie imprese, a cui forniscono capitale di rischio e credito. Nello specifico, una PMI, soprattutto se non quotata, potrà rivolgersi per le proprie necessità di finanziamento direttamente al gestore di un fondo ELTIF, che valuta il merito di credito e la bontà dell’eventuale investimento come qualsiasi istituto bancario, impegnando tuttavia direttamente i soldi degli investitori. Gli ELTIF si affiancano ai PIR, ne condividono gli obiettivi, ma si differenziano per alcuni aspetti: quali?

Definirli “PIR europei” è forse improprio ma inquadra molto bene gli European Long Term Investment Fund (ELTIF), i nuovi strumenti finanziari da pochi giorni a disposizione degli investitori retail italiani.

Dopo qualche anno di gestazione (il regolamento che li definisce è del 2015) è infatti sul mercato italiano il primo ELTIF collocato dalla società di gestione Eurizon e disponibile anche per gli investitori al dettaglio.

Investe in società europee non quotate o società quotate con meno di 500 milioni di euro di capitalizzazione.

Gli ELTIF sono stati ideati dal regolatore europeo per aumentare la sinergia tra mercato dei capitali ed economia reale e per creare fonti alternative al canale bancario per il finanziamento di lungo termine alle PMI europee non quotate. Tra le altre cose gli ELTIF possono erogare credito direttamente a favore delle società target.

Rispetto ai PIR domestici hanno un respiro più ampio, ma anche regole e limiti molto differenti che li rendono un investimento peculiare, con un target di investitori completamente differente.

Di seguito si analizzano nel dettaglio le caratteristiche principali degli ELTIF, il perché possono essere un buon veicolo di investimento per famiglie e investitori istituzionali e perché possono diventare un’opportunità per le PMI in cerca di finanziatori in tutte le forme (credito, capitale di rischio)

Il Regolamento UE 2015/760 definisce gli ELTIF come fondi di investimento alternativi (FIA) disponibili non solo per gli investitori istituzionali, ma anche per gli investitori retail, dopo apposita autorizzazione da parte dell’autorità nazionale competente. Sono investimenti con orizzonte temporale tipicamente lungo, poiché finalizzati al finanziamento di progetti con durate medie da 7 a 10 anni, e tipicamente illiquidi.

Per essere commercializzato con l’etichetta di ELTIF, un FIA deve avere precisi requisiti, che da un lato assicurino il perseguimento dell’obiettivo di finanziare l’economia reale, dall’altro garantiscano le dovute tutele per gli investitori al dettaglio.

Innanzitutto, gli ELTIF investono almeno il 70% del loro patrimonio in imprese non finanziarie stabilite nell’Unione Europea o in altri paesi, esclusi quelli considerati ad alto rischio, che abbiano i seguenti requisiti:

- non siano quotate su un mercato regolamentato o un sistema multilaterale di negoziazione (MTF),

oppure

- sono quotate su un mercato regolamentato o MTF, ma hanno una capitalizzazione di borsa inferiore a 500 milioni di euro;

Riguardo alle tipologie di investimento nelle imprese target, sono ammessi:

- strumenti di capitale di rischio (azioni) o ibridi (quasi equity);

- strumenti di debito (obbligazioni);

- prestiti erogati direttamente ad un’impresa del portafoglio ammissibile;

- azioni o quote di altri ELTIF;

- attività reali che generano un particolare beneficio sociale (attrezzature, macchinari, immobili).

Mentre non sono ammesse le vendite allo scoperto, né l’uso di strumenti derivati se non al mero scopo di copertura di altri rischi. È escluso inoltre l’acquisto di commodities, di opere d’arte, gioielli, vini di pregio.

Il 30% restante del patrimonio può essere investito liberamente. A garanzia di una sana diversificazione, il patrimonio complessivo del fondo non può tuttavia superare i seguenti limiti:

- il 10% del capitale in strumenti di una singola impresa o in una singola attività reale o in un singolo ELTIF;

- il 5% del capitale in altri OICVM (Organismi di Investimento Collettivo di Valori Mobiliari);

Per essere ammesso al collocamento presso il pubblico dei risparmiatori, un ELTIF deve rispettare tutti i presidi di garanzia previsti dalla normativa MIFID II e dalla direttiva prospetti.

Pertanto, a titolo di esempio, il collocamento dev’essere accompagnato dalla pubblicazione del documento informativo e del KIID. Il collocatore deve garantire altresì di aver valutato che lo strumento sia adatto per rischio e durata alle caratteristiche del cliente tenuto conto del suo patrimonio, delle sue conoscenze e della sua attitudine al rischio. A carico del gestore sono previsti anche controlli interni di adeguatezza.

Fin qui nulla di diverso da qualsiasi strumento finanziario offerto al pubblico. Trattandosi tuttavia di fondi con alcune peculiarità, tipiche ad esempio di hedge fund o fondi di private equity, le tutele non si fermano qui.

Il collocatore deve ad esempio informare in modo chiaro l’investitore dell’orizzonte temporale lungo e della natura illiquida dell’investimento, deve prevedere alcune finestre di rimborso durante il ciclo di vita dello stesso ed informare il partecipante sulle regole e condizioni di tale rimborso.

La normativa non esclude la possibilità di creare un mercato secondario in cui permettere lo scambio delle quote, alla stregua di un ETF.

Sono previsti infine dei criteri quantitativi per evitare che lo strumento finisca in mano ad investitori per cui non sono adatti:

- se il patrimonio complessivo del cliente è inferiore a 500.000 euro, il collocatore assicura che l’investimento in ELTIF non superi il 10% del portafoglio dell’investitore;

- l’importo iniziale non può essere inferiore a 10.000 euro.

Il target di investitori è diverso da quello dei PIR. Si tratta in effetti di uno strumento non semplice, illiquido e con limiti minimi piuttosto elevati, adatto agli High Net Worth Individuals (HNWI), famiglie con patrimoni importanti che abbiano definiti obiettivi di investimento.

L’impatto sull’economia reale è potenzialmente pari se non superiore a quello dei PIR. Questi ultimi hanno un limite massimo investibile di 30.000 euro annui e 150.000 nell’orizzonte di investimento. Un singolo investitore in ELTIF può invece investire nel fondo somme ben più importanti. Peraltro, con portafogli superiori a 500.000 euro il limite massimo del 10% non sussiste. Il target è il mondo del Private Banking italiano, oltre 800 miliardi di risorse gestite (dati AIPB).

La creazione di nuovi fondi ELTIF aumenterebbe la possibilità di investimento a lungo termine nell’economia reale, aiutando a prevenire gli shock del credito generati dal sistema bancario. Rovesciamo la prospettiva, ponendoci dal lato della domanda di credito.

Una piccola impresa o una media impresa, soprattutto se non quotata, potrà rivolgersi per le proprie necessità di finanziamento direttamente al gestore di un fondo ELTIF. Questi valuterebbe il merito di credito e la bontà dell’eventuale investimento come qualsiasi istituto bancario, impegnando tuttavia direttamente i soldi degli investitori.

È un cambio di paradigma, questo, destinato a durare poiché supportato dalla volontà del regolatore e dalle evidenze positive a favore della disintermediazione.

Un passaggio istituzionale aiuterebbe senz’altro la diffusione dello strumento. La previsione cioè di agevolazioni fiscali per gli investitori in fondi ELTIF, alla stregua di quelle previste per i PIR. È una discussione tuttora in atto e non si escludono novità.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/finanza/quotidiano/2019/02/28/fondi-eltif-europa-nuova-fonte-finanziamento-pmi

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