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Impatriati e rientro dal distacco: quali criteri applicare nei casi concreti?

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 42/2021, torna sulla possibilità di accedere al regime di favore degli impatriati dopo un periodo di distacco all’estero. Interrogata sul caso di un cittadino italiano che, dopo aver lavorato alle dipendenze di una società italiana, era stato distaccato presso una società del gruppo internazionale, con sede in Cina, e poi nuovamente assunto dalla stessa società italiana, l’Amministrazione Finanziaria riepiloga i presupposti e le condizioni di spettanza del beneficio fiscale. E giunge ad una conclusione in merito alla valutazione delle casistiche di rientro in Italia del lavoro. Quale?

Con la risposta ad interpello n. 42 del 18 gennaio 2021 l’Agenzia delle Entrate torna ad occuparsi dell’accesso al beneficio fiscale per gli impatriati a favore dei lavoratori rientrati in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero.

Come noto, la circolare n. 33/E/2020 ha assunto sul tema una posizione di estrema chiusura dettando alcuni chiarimenti che, di fatto, hanno reso estremamente complessa la possibilità di godere del regime in commento per tutti quei soggetti operanti all’estero alle dipendenze di aziende italiane.

Il menzionato interpello aggiunge un profilo di criticità in quanto ritiene non possibile, per l’Amministrazione, fornire una risposta a casistiche di rientro in Italia presso lo stesso datore di lavoro.

Nella circolare n. 33/E/2020 l’Agenzia ha concluso che non spetta il beneficio fiscale nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.

Secondo la prassi ministeriale, difatti, ai fini dell’accesso all’agevolazione è necessaria la sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco.

Inoltre, anche nel caso di nuovo contratto è necessaria una discontinuità rispetto all’attività lavorativa precedentemente svolta nel nostro Paese, evenienza che non si verifica se i termini e le condizioni contrattuali rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro.

In via esemplificativa, vengono poi elencati una serie di indicatori in grado di evidenziare una situazione di sostanziale continuità con la pregressa attività, quali:

- il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;

- il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;

- l’assenza del periodo di prova;

- clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;

- clausole in cui si prevede che alla fine del distacco il lavoratore sia reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e tornino ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro in vigore presso la Società di appartenenza prima del distacco.

Il caso all’esame delle Entrate

Il caso oggetto della risposta ad interpello n. 42/2021 fa riferimento ad un cittadino italiano che dopo aver lavorato dal 2013 al 14 febbraio 2016 alle dipendenze di una società italiana, a decorrere dal 15 febbraio 2016 veniva distaccato presso una società del gruppo internazionale, con sede in Cina, in virtù di contratto di lavoro di diritto locale.

Il lavoratore, dal 2021, viene nuovamente assunto dalla stessa società italiana con contratto a tempo indeterminato.

L’istante rappresenta, infine, di poter vantare almeno due periodi di pregressa residenza fiscale estera e ritiene di poter godere del regime degli impatriati a far data dall’anno di rientro nel nostro Paese.

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver testualmente riportato i passaggi rilevanti della circolare n. 33 in tema di distacco, conclude che: “con riferimento al caso di specie, si ritiene che l'Istante potrebbe fruire del regime agevolato di cui all'articolo 16 in commento a decorrere dall'anno di imposta 2021 solo nell'ipotesi in cui la "nuova" attività lavorativa non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa, nell'accezione delineata nella richiamata circolare, circostanza non verificabile in sede di interpello e non oggetto di controllo in questa sede, e sempreché risultino soddisfatti tutti gli altri requisiti previsti dalla norma in esame”.

Le argomentazioni tecniche spese dal recente interpello sono, come visto, in linea con quelle già fornite dalla precedente circolare n. 33. Medesima sembra essere anche la confusione terminologica.

Il contratto di distacco, difatti, presuppone il mantenimento del rapporto di lavoro italiano, mentre nell’interpello viene definito distacco quello che in realtà distacco non è.

La fattispecie concreta, difatti, sembra fare riferimento ad un dipendente assunto presso una società del gruppo avente sede all’estero e poi nuovamente contrattualizzato da parte della società italiana (si assume, quindi, che medio tempore il contratto italiano era cessato).

Non si tratta, dunque, di una ipotesi di distacco. E, d’altra parte, anche la circolare più volte menzionata nel riferirsi ad un “nuovo” contratto italiano sembrava non cogliere l’essenza dell’istituto del distacco.

Quindi, la prima conclusione che sembra potersi trarre dalla risposta in commento è che le preclusioni alla fruizione dell’agevolazione previste dalla circolare n. 33 per i casi di distacco potrebbero applicarsi anche a tutti quei dipendenti che interrompono il rapporto con la società italiana per essere assunti dalla società estera e, dopo un periodo di lavoro al di fuori dei confini nazionali, rientrano a fronte di un nuovo contratto con il precedente datore di lavoro. Chiaramente tali preclusioni non sono generalizzate, ma devono essere verificate caso per caso.

E proprio su tale aspetto l’interpello in commento conclude che l’agevolazione spetta a condizione che: “la nuova attività lavorativa non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa, nell'accezione delineata nella richiamata circolare, circostanza non verificabile in sede di interpello e non oggetto di controllo in questa sede”.

Di fatto, dunque, la valutazione deve essere fatta direttamente dal contribuente in quanto l’Amministrazione non entra nel merito della singola posizione.

Questo naturalmente crea delle ulteriori difficoltà al soggetto interessato che si trova a dover assumere una decisione molto delicata e che potrebbe generare rilevanti conseguenze sanzionatorie.

In conclusione, non si esclude che questa stretta sul distacco possa generare un copioso contenzioso con l’Agenzia delle entrate in quanto, occorre ribadirlo, le limitazioni rilevate dalla prassi citata non trovano espressa menzione nella normativa di riferimento.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sostituto-dimposta/quotidiano/2021/01/28/impatriati-rientro-distacco-criteri-applicare-casi-concreti

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