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PNRR: accelerare sugli investimenti per evitare la recessione

C’è un certo ottimismo sulle prospettive di crescita dell’Italia nel prossimo anno nonostante i problemi che affliggono le nostre imprese. Un ottimismo giustificato solo a patto che vengano rispettati i patti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Governo deve quindi obbligatoriamente curarsi degli investimenti PNRR per evitare la possibile recessione dell’anno prossimo. Nel 2023 si prevede di spendere 40 miliardi di PNRR che sono più di 2 punti di PIL e sono più che sufficienti a tenere alta l’economia. Quali sono i prossimi passi da fare? Come sarà l’evoluzione del programma economico e tecnico per l’attuazione del Piano?

La comunicazione del Ministro Fitto al Parlamento sul PNRR è di particolare utilità perché finalmente non ci si affida più solo a agenzie tecniche, seppur accreditate, ma sui numeri della situazione reale superando la battaglia politica che snerva e soprattutto ci indebolisce rispetto alla Commissione UE e ai rapporti internazionali. E nella seduta di giovedì 20 aprile la Camera ha approvato in via definitiva la legge di conversione (l. n. 41/2023), con modificazioni, del D.L. n. 13/2023, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale di investimenti complementari al PNRR nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola. E ci potremo allora chiedere se è ragionevole andare a incrementare ulteriormente il nostro già colossale debito pubblico pur di incassare integralmente non solo i trasferimenti a fondo perduto, ma anche i prestiti. Molti progetti e risorse sono destinati alla digitalizzazione del settore pubblico e della giustizia e del settore finanziario. Ma altre misure non sono ragionevoli come le gare deserte per i treni a idrogeno o l'incapacità di rispettare l'impegno a piantumare gli alberi o peggio ancora i bandi comunali non emanati per gli asili nido che frenano ulteriormente e tragicamente l’occupabilità femminile e aumentano la povertà minorile. Si colpevolizzano i tempi contingentati imposti dalle procedure europee, ma è lecito il dubbio che per esempio i ministeri hanno finito per inserire nel Piano proposte che da tempo giacevano in fondo ai cassetti. Impegni che in passato erano stati giudicati non prioritari, e che hanno improvvisamente conquistato una postazione non perché siano considerati strategici, ma solo per giustificare la richiesta di quasi 200 miliardi di euro. Abbiamo, cioè, invertito la logica: anziché partire dalle opere necessarie e conseguentemente chiedere i finanziamenti, siamo partiti dai soldi disponibili e abbiamo cercato di compilare una lista sufficientemente lunga. Senza riuscire a dare qualità agli investimenti ma solo quantità delle risorse mobilitate, senza alcun riguardo alla spesa di oggi che sono le tasse di domani e spesa corrente futura sulle spalle dei nostri giovani. E uno sbaglio strategico è sicuramente aver esautorato il Ministero dell’Economia e della Finanza che era ed è depositario e attuatore della Piattaforma Regis, piattaforma di riferimento per gli Enti locali coinvolti nel PNRR e la Ragioneria Generale dovrebbe predisporre i manuali con le istruzioni semplificate per i comuni che devono completare le procedure su quel portale ed essere così interlocutori attivi delle aziende. E’ stato un errore chiudere i battenti dell’Agenzia della Coesione e accentrare tutto a Palazzo Chigi ed essendo slittato al 30 aprile il termine in cui inviare alla Commissione europea i Piani nazionali aggiornati per avere le risorse del Re Power Eu, sperare in un ulteriore rinvio non è ragionevole. Prospettive di crescita dell’Italia In questi ultimi tempi c’era un certo ottimismo sulle prospettive di crescita dell’Italia nel prossimo anno nonostante i problemi che affliggono le nostre imprese e in generale elementi sociali emergenti. Un ottimismo giustificato solo a patto che il Governo rispetti i patti sul PNRR. È imprudente fare previsioni se non altro perché, complice l’incertezza dovuta alla guerra in Ucraina, un po’ tutti hanno sbagliato le previsioni di crescita per l’anno in corso: a inizio anno si prevedeva una crescita di +2,7 per cento e abbiamo finito il 2022 con +3,9 per cento, molto meglio della Germania e anche della Cina. Più di un punto percentuale in più di crescita nonostante appunto abbiamo speso per il PNRR molto meno di quanto inizialmente previsto. Per ora i soli numeri di spesa finanziaria su cui possiamo regolarci sono quelli della Corte dei Conti: l’Italia ha speso 23 miliardi dei 120 di dotazione, e senza calcolare la sottrazione dei crediti d’imposta, il livello di spesa scende a 10 miliardi; i ritardi della selezione dei bandi dei comuni sono macroscopici nelle zone del sud e soprattutto nella fascia per l’infanzia; sul personale siamo sia in ritardo con i concorsi, sia per le rinunce dove c’è il problema di partenza, che riguarda i contratti a tempo determinato e i compensi troppo bassi. Semplificazioni Ancora: il Governo ha varato il nuovo Codice degli Appalti Pubblici, ma le semplificazioni chiedono di estendere il meccanismo a tutti i fondi del PNRR; l’inflazione ha cambiato di molto la spesa per le materie prime e a ciò sono legati appalti e cantieri. Importante è anche il problema degli anticipi perché le imprese che si aggiudicano gli appalti possono chiedere anticipi fino al 30% per la realizzazione delle opere, ma gli acconti del MEF si limitano al 10%; e crea un problema di liquidità alle aziende. Per il monitoraggio del PNRR il sistema Regis doveva trattare e seguire lo stato d’attuazione del PNRR, ma il problema è che ciascun ministero ha il suo metodo e tutto è ancora da armonizzare. La scelta di accentrare tutta la regia di governance a Palazzo Chigi e l’architettura tecnica al Ministero dell’Economia, non ha risolto affatto i problemi di collaborazione, l’attuazione è più difficile dell’annuncio. Investire nel PNRR per evitare la recessione Il rapporto con l’UE è delicatissimo perché i dissidi per l’applicazione della Direttiva sulla liberalizzazione dei servizi (balneari) complica i rapporti e non aiutano la concordia con l’Unione Europea. Viviamo un momento politico particolarmente teso per altri problemi legati all’immigrazione, alla sanità in affanno, il mondo della scuola e dell’università è attraversato da tensioni soprattutto per le mancate riforme di strutture di accoglienza degli studenti. Il Governo deve obbligatoriamente curarsi degli investimenti PNRR per evitare la possibile recessione dell’anno prossimo. Abbiamo iniziato il 2023 prevedendo una crescita modesta dello 0,6 per cento ma c’è la grande incognita dei prezzi dell’energia come abbiamo visto in questi giorni dove prima è calato il costo del barile di petrolio poi è di nuovo schizzato oltre i 100 dollari e del rialzo dei tassi di interesse che prima o poi avrà un effetto sull’economia reale e potrebbe appunto portarla in recessione. L’anno scorso la crescita italiana ha tenuto anche meglio del previsto grazie ai consumi privati che hanno potuto godere dei grandi risparmi accumulati nell’epoca del Covid: gli italiani (non tutti, ma una gran parte) hanno speso quello che avevano forzatamente risparmiato nell’anno del lockdown. Ma ora i salari reali sono crollati per via dell’inflazione e sono di questi giorni i dati ISTAT sui consumi calati, perché evidentemente i risparmi delle famiglie non ci sono stati. In questi anni la manifattura italiana (comprese le costruzioni) ha tenuto anche meglio di quella tedesca. Ma nel 2023 il rialzo dei tassi di interesse rischia di spiazzare gli investimenti privati e la questione legata al bonus edilizio ha frenato ovviamente le commesse. Ci chiediamo se tassi più alti, porteranno gli italiani e gli stranieri a comprare i titoli di stato che la Banca centrale non compra più. Sono attese 94 miliardi di emissioni con una Banca centrale che invece di comprare per la prima volta vende titoli di stato. Noi in Italia non possiamo fare con il PNRR come ha fatto la Germania. La loro è spesa corrente per compensare famiglie e imprese dal caro energia, non è spesa per investimenti. Il loro PNRR (ricordiamo essere spesa solo per investimenti) è un programma molto più piccolo del nostro. Noi, invece, in Italia non possiamo ricorrere alla spesa corrente ma dobbiamo solo affidarci alla spesa per investimenti del PNRR. Il Governo ha scommesso su un deficit al 4.5 per cento nel 2023 (in salita da un tendenziale che era al 3.4 per cento) ed è proprio quello il livello massimo possibile di deficit che ancora consente di tenere il debito/pil costante al 145 per cento. Se si fanno nuovi scostamenti di bilancio e il rapporto debito/pil inizia di nuovo a salire allora sono problemi gravissimi. Nel 2023 si prevede di spendere 40 miliardi di PNRR che sono più di 2 punti di Pil e sono più che sufficienti a tenere a galla l’economia. C’è solo da lavorare per fare il massimo. La polemica strumentale sulle spese del PNRR per cui il Governo precedente avrebbe speso meno del dovuto sono inutili perché dovrebbe esser ormai noto che gli obiettivi da rispettare nel PNRR non sono obiettivi di spesa. Contrariamente ai fondi europei ordinari la Commissione UE non ti chiede le fatture di spesa per procedere al rimborso puntuale ma ti chiede di rispettare gli obiettivi concordati ogni sei mesi in termini di risultati: bandi da pubblicare, norme da approvare e adesso anche appalti da aggiudicare. Molte delle spese mancate nel 2022 si trasferiranno meccanicamente sul 2023, solo di PNRR per le ferrovie si prevedono spese per 3,8 miliardi nel 2023 su un totale di 6,4 miliardi per le infrastrutture e trasporti. Le spese almeno delle ferrovie sono spese pressoché certe. In più l’aggiudicazione degli appalti ha una forte accelerazione nell’ultimo semestre, quindi, è probabile che la spesa effettiva per le opere si vedrà già prossimamente. L’accelerazione nelle aggiudicazioni ha avuto anche una ragione tecnica: per usufruire del fondo da 10 miliardi per la compensazione dell’aumento dei prezzi previsto per le opere PNRR le stazioni appaltanti dovevano aver pubblicato i bandi entro la fine dell’anno. È normale che molte stazioni appaltanti si siano affrettate: avere accesso al fondo era condizione necessaria per aprire una gara con dei prezzi a base d’asta appetibili. Seguiremo con costanza l’evoluzione del programma economico e tecnico ognuno per quel che può deve fare la sua parte. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/04/26/pnrr-accelerare-investimenti-evitare-recessione

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