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Sicurezza nel decreto Lavoro: un’occasione da non perdere

Nel decreto Lavoro n. 48/2023, il Capo II è intitolato “interventi urgenti in materia di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, nonchè di aggiornamento del sistema di controlli ispettivi”. A fronte di una presentazione tanto ambiziosa, non posso non segnalare la persistente assenza di una riforma organica, pur resa indispensabile dalla crisi che sta attraversando la giustizia penale in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò malgrado, alcuni punti del decreto Lavoro mi sembrano condivisibili: quelli attinente al medico competente e alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori e alla formazione del datore di lavoro. Si può fare di più. Speriamo in sede di conversione in legge.

Parrà strano, ma non riesco a provare soltanto delusione per le “modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” previste dall’art. 14 del decreto Lavoro (D.L. 4 maggio 2023, n. 48) all’interno di un Capo II intitolato “interventi urgenti in materia di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, nonchè di aggiornamento del sistema di controlli ispettivi”. Certo, a fronte di una presentazione tanto ambiziosa, non posso non segnalare la persistente assenza di una riforma organica pur resa indispensabile dalla crisi che sta attraversando la giustizia penale in materia di sicurezza sul lavoro. Tanti e troppi drammi, tanti e troppi varchi, si sono aperti in una giurisprudenza diventata purtroppo meno severa rispetto al passato. Basti pensare che, su fronti delicati quali quelli dei morti per tumore professionale o delle donne colpite da stalking occupazionale, tra il 2022 e il 2023 ha trovato conferma l’inquietante fenomeno delle “due Cassazioni” divise da insegnamenti diversi quando non addirittura diametralmente opposti. E quanti aspetti del TUSL da segnalare al Parlamento chiamato a discutere il disegno di legge n. 685 di conversione in legge del decreto Lavoro. Alcuni esempi: - datori di lavoro non di comodo, ma effettivamente dotati dei massimi poteri decisionali e di spesa nelle società per azioni e nelle pubbliche amministrazioni; - responsabili dei servizi aziendali di prevenzione e protezione non caricati di controproducenti compiti operativi in aggiunta ai propri tipici compiti meramente consultivi; - grandi aziende non esonerate da responsabilità per lavori rientranti nel proprio ciclo produttivo ed opportunamente esportati in piccole imprese sfuggenti ai controlli. Ciò malgrado, alcuni punti del decreto Lavoro mi sembrano condivisibili. Sopra ogni altro, quello attinente al medico competente e alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori. Entra qui in gioco la modifica contemplata dall’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto Lavoro: “all'articolo 18, comma 1, lettera a), le parole: ‘presente decreto legislativo’ sono sostituite dalle seguenti: ‘presente decreto legislativo e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all'articolo 28’”. Ne consegue che il medico competente deve essere nominato dal datore di lavoro e dai dirigenti, e dunque risultare presente in azienda, anche ai fini della valutazione dei rischi. In questo rinnovato contesto, perde già di attualità dopo nemmeno due mesi la risposta data dalla Commissione Interpelli nell’interpello n. 2 del 14 marzo 2023: “la nomina del medico competente è obbligatoria per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dall’art. 41 D.Lgs. n. 81/2008 e, pertanto, il MC collabora, se nominato, alla valutazione dei rischi di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008”. Oggi, invece, grazie al decreto Lavoro, la nomina del medico competente è obbligatoria anche ai fini della valutazione dei rischi. Se ne preoccupa il Servizio del bilancio del Senato che nella Nota di lettura n. 53 del maggio 2023 obietta: “Poiché la norma è applicabile anche alle PP.AA., andrebbero fornite assicurazioni che non vi sono settori al loro interno per i quali la stessa troverebbe concreta applicazione, il che potrebbe essere invece astrattamente ipotizzabile. L’eventuale necessità di nominare ulteriori medici competenti è infatti chiaramente onerosa”. Arduo che possano essere fornite assicurazioni del genere. Tutto bene, allora? No, purtroppo. Ancora oggi ricordo le critiche che proprio su queste pagine mossi alla tesi sostenuta dalla lettera circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 3 del 12 ottobre 2017 secondo cui “la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, così come declinata dall'art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008, diviene un obbligo nel momento in cui la valutazione dei rischi evidenzi la necessità di sottoporre il lavoratore a sorveglianza sanitaria”. Un’ipotesi, questa, che palesemente non rientra nel novero dei casi indicati dall’art. 41 D.Lgs. n. 81/2008. Si comprende, quindi, perché nell’interpello n. 2 del 26 ottobre 2022 la Commissione Interpelli affermi che, allo stato, la sorveglianza sanitaria debba essere ricondotta nell’alveo dell’art. 41. Una risposta, questa, che rimane tuttora insuperabile. Perché la modifica introdotta dal decreto Lavoro rende doverosa la nomina del medico competente ai fini della valutazione dei rischi, ma - contrariamente a quanto sostenuto in taluni primi commenti - non impone (e, quindi, non autorizza) - aggiungo purtroppo - la sorveglianza sanitaria del medico competente al di fuori dei casi stabiliti dall’art. 41 pur se la valutazione dei rischi ne metta in luce la necessità. Un altro aspetto positivo riguarda la formazione del datore di lavoro. Già la legge n. 215/2021, nel modificare l’art. 37, comma 7, stabilì che, non solo più dirigenti e preposti, ma anche lo stesso datore di lavoro deve ricevere “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, e, cioè, dall’Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano da adottare entro il 30 giugno 2022. Solo che il 30 giugno 2022 è trascorso, e il promesso accordo Stato-Regioni non ha ancora visto la luce. Non a caso, nel Dossier del 9 maggio 2023 (pag. 90), il Servizio Studi Senato e Camera esorta a valutare “l’opportunità di definire un nuovo termine temporale”. E non stupisce che il decreto Lavoro tenti comunque di percorrere una strada alternativa. Infatti, inserisce nell’art. 73 D.Lgs. n. 81/2008 un comma 4-bis: “il datore di lavoro che fa uso delle attrezzature che richiedono conoscenze particolari di cui all'articolo 71, comma 7, provvede alla propria formazione e al proprio addestramento specifico al fine di garantire l'utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro”. Né si pensi che occorra attendere l’accordo Stato-Regioni promesso dalla legge n. 215/2021. Perché il decreto Lavoro, all’art. 14, comma 1, lettera h), ha cura di aggiungere nell’art. 87, comma 2, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008 le parole “e dell’articolo 73, comma 4-bis”. Ne consegue che, in caso di violazione dell’obbligo previsto dal nuovo art. 73, comma 4-bis, il datore di lavoro e il dirigente “sono puniti con la pena dell'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro”. Senza, dunque, che allo scopo sia richiesta la violazione dell’accordo Stato-Regioni promesso per il 30 giugno 2022. Peccato che questa modifica sia limitata al settore della sicurezza nell’uso delle attrezzature di lavoro. Ma nulla impedisce di allargarne il campo di applicazione in sede di conversione in legge del decreto Lavoro. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/05/20/sicurezza-decreto-lavoro-occasione-non-perdere

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