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Parità retributiva di genere: nuovo obbligo UE. Secondo quali regole?

La Direttiva (UE) n. 2023/970, è volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. Gli Stati membri UE dovranno assicurare un regime di tutele e di informazioni sulla parità di retribuzione e su come la retribuzione stessa viene applicata nei rapporti di lavoro. Viene, inoltre, previsto che i lavoratori che abbiano subito un danno, a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione, avranno il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento. Quali regole in dettaglio dovranno essere rispettate? Quali effetti nella pratica?

Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 maggio 2023 è stata pubblicata la Direttiva (UE) n. 2023/970 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. La Direttiva, in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, ha come destinatari gli Stati membri dell’Unione. Questi ultimi dovranno poi emettere le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 7 giugno 2026. Una Direttiva a cui è stato dato molto risalto dalla stampa e dall’opinione pubblica. Di cosa si occupa questa direttiva? Nuove regole comunitarie La Direttiva stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, tra uomini e donne (“principio della parità di retribuzione”), in particolare tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione. Questo vuol dire che tutti i lavoratori, a parità di condizioni, dovranno guadagnare le stesse retribuzioni e che dovrà essere garantita una informazione che ne dimostri la parità. A questo riguardo, abbiamo la speranza che, forse per la prima volta, il nostro ordinamento dovrà definire legalmente la retribuzione per poterne definire l’equivalenza. Il testo della Direttiva ne dà una indicazione o, meglio, suggerisce una traccia di questa futura definizione di retribuzione: il salario o lo stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili) a motivo dell'impiego del lavoratore. La parità dovrà essere garantita da tutti i datori di lavoro, sia privati che pubblici, e a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore nel nostro Paese, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. Qui vedremo come nel nostro ordinamento questo elemento verrà implementato e quali contratti verranno inseriti nella tutela e se riguarderà, ad esempio, il lavoro occasionale.

La Direttiva chiede, in particolare, di adottare le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi tali da assicurare la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Vedremo, quindi, come questo concetto, seppur definito dalla Direttiva, verrà elaborato dal nostro ordinamento e dalla legge che recepirà la Direttiva.
Oltre alla parità retributiva per i lavoratori, la nuova norma comunitaria impone la trasparenza retributiva prima dell’assunzione per coloro che affronteranno le selezioni. Questi avranno diritto a ricevere, dal potenziale datore di lavoro, informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri, sotto il profilo del genere, e, se del caso, sulle disposizioni del contratto collettivo applicate dal datore di lavoro in relazione alla posizione. La Direttiva vieta, inoltre, al datore di lavoro di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite al momento del colloquio o nei precedenti rapporti di lavoro e, allo stesso tempo, vieta ai datori di lavoro di redigere clausole contrattuali che limitino la facoltà dei lavoratori di rendere note informazioni sulla propria retribuzione.
Una precisazione importante è quella che la Direttiva non pregiudica in alcun modo il diritto di negoziare, concludere e applicare contratti collettivi o di intraprendere azioni collettive conformemente al diritto o alle prassi nazionali.
Retribuzione nel rapporto di lavoro La Direttiva si occupa anche della retribuzione durante il rapporto di lavoro e dispone che vengano resi accessibili ai lavoratori i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica dei lavoratori. Per la progressione economica, le norme italiane saranno libere di poter esonerare i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti. Oltre a questo, i lavoratori avranno il diritto di richiedere e ricevere per iscritto le informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Se le informazioni ricevute saranno imprecise o incomplete, i lavoratori avranno il diritto di richiedere, personalmente o tramite i loro rappresentanti, chiarimenti e dettagli ulteriori riguardo ai dati forniti e di ricevere, entro due mesi, una risposta motivata. I datori di lavoro potranno esigere che i lavoratori che abbiano ottenuto informazioni, in base alla Direttiva recepita, diverse da quelle relative alla propria retribuzione o al proprio livello retributivo non utilizzino tali informazioni per fini diversi dall'esercizio del loro diritto alla parità di retribuzione. Obblighi informativi sulla parità retributiva di genere Le leggi nazionali dovranno prevedere che le aziende forniscano ai lavoratori e alle loro rappresentanze, nonché agli organi deputati dallo Stato, alcune informazioni statistiche sui seguenti dati: a) divario retributivo di genere; b) divario retributivo di genere nelle componenti complementari o variabili; c) divario retributivo mediano di genere; d) divario retributivo mediano di genere nelle componenti complementari o variabili; e) percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che ricevono componenti complementari o variabili; f) percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo; g) divario retributivo di genere per categorie di lavoratori, ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili. Queste informazioni dovranno essere fornite dai datori di lavoro, relativamente all’anno precedente, secondo queste cadenze: a. con almeno 250 lavoratori, entro il 7 giugno 2027 e, successivamente, ogni anno; b. tra i 150 e i 249 lavoratori, entro il 7 giugno 2027 e, successivamente, ogni 3 anni; c. tra i 100 e i 149 lavoratori, entro il 7 giugno 2031 e, successivamente, ogni 3 anni.
Sotto i 100 dipendenti, i datori di lavoro potranno inviare le informazioni su base volontaria, ovvero essere inseriti nei soggetti obbligati dalle norme nazionali.
Risarcimento del danno Un elemento importante da sottolineare della Direttiva è quello che prevede che i lavoratori che abbiano subito un danno, a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione, abbiano il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento. A questo riguardo, viene prevista l’inversione dell’onere della prova e, pertanto, sarà il datore di lavoro che, se chiamato in giudizio, dovrà dimostrare la non discriminazione. Da ultimo, la Direttiva prevede che negli appalti pubblici o nelle concessioni si dovrà assicurare che le aziende coinvolte rispettino la parità di retribuzione. Si tratta, quindi, di una Direttiva che comporta una serie di adempimenti complessi e articolati, e, pertanto, la speranza è che la stessa venga introdotta senza appesantire ulteriormente la sua complessità, come è stato fatto con la trasparenza dei contratti di lavoro nel D.Lgs. n. 104 del 2022. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/05/30/parita-retributiva-genere-obbligo-ue-secondo-regole

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