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Pensione per inabilità permanente ed assoluta: in quali casi?

Il diritto alla pensione di inabilità è previsto per coloro che soffrono di gravi infermità che li rendono incapaci, in modo permanente, di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Per richiederla è necessario che risultino accreditati almeno 5 anni di contributi, di cui 3 versati nell’ultimo quinquennio. La pensione di inabilità può essere concessa solo dopo che ogni attività lavorativa è cessata e il lavoratore è stato cancellato da qualsiasi albo professionale o elenco. Il trattamento pensionistico decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda. Come si effettua il calcolo? In quali casi può essere revocato il beneficio?

La pensione di inabilità (art. 2 L. n. 222/1984) è un trattamento previdenziale previsto per coloro che soffrono di gravi infermità che li rendono incapaci, in modo permanente, di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Questo beneficio, in particolare, è riservato ai lavoratori, o ai titolari di un assegno di invalidità, che si trovino in una situazione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa a causa della loro infermità Non è dunque sufficiente avere un’invalidità del 100% o essere incapaci di svolgere una o più mansioni, ma è necessario trovarsi in una situazione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi tipo di attività di lavoro. Requisito contributivo Per il diritto alla pensione di inabilità, è necessario che risultino accreditati almeno 5 anni di contributi, di cui 3 versati nell’ultimo quinquennio. Il requisito può essere raggiunto anche in regime di totalizzazione (D.Lgs. n. 42/2006) o di cumulo (art. 1 co. 239 e ss. L. n. 228/2012): pertanto, possono risultare utili al conseguimento di questa pensione anche periodi accreditati presso le casse professionali.

Nel caso in cui l’interessato, per via dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, passi dall’assegno di invalidità alla pensione di inabilità, il requisito contributivo nel quinquennio è automaticamente soddisfatto.
Cessazione dell’attività lavorativa La pensione di inabilità è concessa solo dopo che ogni attività lavorativa è cessata e il lavoratore è stato cancellato da qualsiasi albo professionale o elenco. In dettaglio, i lavoratori dipendenti, oltre a dover interrompere tutte le attività lavorative, devono anche rinunciare all'indennità di disoccupazione (Naspi) e a qualsiasi altro beneficio sostitutivo o integrativo dello stipendio (ad esempio, i lavoratori agricoli a tempo determinato devono essere rimossi dagli appositi elenchi). I lavoratori autonomi, come artigiani, commercianti e agricoltori, devono assicurarsi di essere cancellati dagli elenchi, mentre i professionisti devono cancellarsi dagli albi professionali. Se la rinuncia o la cancellazione avviene durante il procedimento amministrativo per la concessione della pensione di inabilità, il diritto alla pensione viene riconosciuto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui la cancellazione o la rinuncia hanno effetto Tuttavia, è possibile evitare questo ritardo dichiarando all'INPS la rinuncia al salario o al beneficio. Revoca Se, dopo aver ottenuto il beneficio, si verifica una delle cause di incompatibilità, il pensionato è tenuto a informare immediatamente l'INPS, che a sua volta revoca la pensione di inabilità e la sostituisce, se applicabile, con l'assegno ordinario di invalidità. In questo caso, il pensionato sarà tenuto a restituire le eventuali differenze tra l'importo delle rate della pensione di inabilità ricevute e quelle dell'assegno di invalidità dovute. La revoca della pensione di inabilità ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui l'incompatibilità si è verificata. La revisione dell’assegno La revisione, per coloro che ricevono la pensione di inabilità, segue le stesse regole previste per l'assegno di invalidità, escluso il fatto che il trattamento non deve essere confermato per tre volte, ma è da subito a tempo indeterminato. L’INPS può tuttavia disporne la revisione (art. 9 L. n. 222/1984). In questo caso, i risultati della visita medica di controllo possono portare a tre possibilità: 1 se le condizioni di salute sono stabili, la pensione di inabilità viene confermata; 2 se vi è un miglioramento delle condizioni di salute che porta a un recupero della capacità lavorativa non superiore a un terzo, la pensione di inabilità viene revocata e viene automaticamente assegnato l'assegno ordinario di invalidità, che ha decorrenza dalla data in cui la pensione è stata revocata; 3 se il recupero riduce l'invalidità al di sotto dei due terzi, la pensione di inabilità viene revocata senza possibilità di convertirla in assegno di invalidità. Contributi figurativi Se il diritto alla pensione di inabilità termina a causa del recupero della capacità lavorativa, per il periodo in cui si è ricevuta la pensione vengono accreditati i contributi figurativi (art. 4 co. 4 L. n. 222/1984).
Tuttavia, se la revoca della pensione è dovuta all'insorgenza di una causa di incompatibilità, come la ripresa del lavoro, i periodi di ricezione della pensione non possono essere accreditati figurativamente.
Nel caso in cui la revisione riguardi un soggetto che ha già raggiunto l'età pensionabile, alla revoca della pensione di inabilità segue il diritto alla pensione di vecchiaia, purché siano presenti i requisiti contributivi, normalmente pari a 20 anni (15 per i beneficiari delle cd. deroghe Amato D.lgs. 503/1992). Se questi requisiti mancano, viene assegnato l'assegno di invalidità, che rimane in godimento fino a quando non si raggiungono i contributi minimi richiesti.
Si ricorda, a questo proposito, che la pensione di inabilità non si converte automaticamente in pensione di vecchiaia, a differenza dell'assegno ordinario di invalidità. Affinché sia liquidato il trattamento di vecchiaia, il pensionato deve soddisfare i requisiti di età e contributivi previsti per questo beneficio e deve inoltrare una domanda specifica all'ente previdenziale.
Calcolo della pensione È importante ricordare che la pensione di inabilità, come tutti gli altri trattamenti pensionistici, viene calcolata utilizzando i seguenti sistemi: - ex retributivo puro (basato sulle ultime retribuzioni e sull'anzianità assicurativa fino al 31 dicembre 1992, per la quota A, e fino al 31 dicembre 2011, per la quota B), per coloro che hanno più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995; dal 2012, la pensione viene calcolata con il sistema contributivo (basato sui contributi versati e sull’età pensionabile); - misto, cioè retributivo fino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, per coloro che hanno meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995; - integralmente contributivo per coloro che non hanno contributi antecedenti al 1996. Se il pensionato invalido ha meno di 60 anni, ha diritto a una maggiorazione sulla pensione, che ne aumenta l'importo. In dettaglio, l'anzianità contributiva accumulata viene virtualmente aumentata (fino a un massimo di 2080 contributi settimanali, equivalenti a 40 anni) dal numero di settimane che intercorrono tra l'inizio della pensione di invalidità e il compimento dei 60 anni di età. I contributi sono calcolati sulla base delle medie contributive pensionabili possedute negli ultimi 5 anni e rivalutate secondo quanto previsto dal D.lgs. 503/1992. In pratica, si devono: - rivalutare le ultime 260 settimane di retribuzione (reddito o stipendio) prima della pensione, o il minor numero esistente, per i coefficienti di rivalutazione utilizzati per determinare la Quota B della pensione; - sommare queste ultime 260 settimane di retribuzione rivalutate; - moltiplicare il risultato per l'aliquota IVS di calcolo della gestione (pari al 33% per i lavoratori dipendenti); - dividere questo risultato per 260 settimane; - ottenere la media contributiva settimanale rivalutata degli ultimi cinque anni lavorati; - la media contributiva settimanale rivalutata deve poi essere moltiplicata per il numero di settimane tra la data di inizio della pensione di invalidità e il raggiungimento dei 60 anni di età; - in questo modo si determina la quota di maggiorazione riferita al periodo mancante per raggiungere il sessantesimo anno di età, da aggiungere al montante individuale, cioè alla somma dei contributi dell'interessato; - in ogni caso, non può essere calcolata un'anzianità contributiva totale superiore a 2080 settimane (40 anni). Il coefficiente di trasformazione, ovvero il numero, espresso in percentuale, che trasforma la somma dei contributi (montante contributivo) in pensione, come per gli assegni di invalidità, deve essere quello relativo a 57 anni di età, per chi ottiene il trattamento a un'età inferiore. Per calcolare l'incremento (non oltre i 40 anni) si deve tenere conto di tutta la contribuzione disponibile nelle diverse gestioni assicurative, considerando che questa pensione può essere ottenuta anche in regime di cumulo o di totalizzazione. Si ricorda, inoltre, che la prestazione può essere oggetto, se ne ricorrono le condizioni, di integrazione al trattamento minimo e/o delle maggiorazioni sociali previste dalla normativa vigente. Riguardo a questo ultimo punto, va segnalato che i titolari della prestazione possono beneficiare, già al compimento del 60° anno di età, dell'incremento al milione secondo l’art. 38 L. n. 448/2001.
L’incremento è riconosciuto a condizione che non si superino i limiti di reddito, personale e cumulato con quello del coniuge, fissati dalla citata legge.
Decorrenza La pensione di inabilità decorre il primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda. Se i requisiti, sia contributivi che sanitari, non sono completi al momento della presentazione della domanda, ma vengono soddisfatti nel corso del procedimento amministrativo o giudiziario (ad esempio in caso di ricorso), la decorrenza della pensione si posticipa al primo giorno del mese successivo a quello in cui questi requisiti vengono soddisfatti.
Tuttavia, qualora nel frattempo il requisito contributivo relativo alla copertura di 3 anni nell’ultimo quinquennio, presente al momento della presentazione della domanda, non esista più, l'inizio della pensione è comunque fissato al primo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato lo stato di inabilità.
Domanda di pensione di inabilità e di assegno di invalidità L’assicurato può presentare una singola domanda sia per l’assegno ordinario di invalidità che per la pensione di inabilità: nello specifico, deve richiedere prima la pensione di inabilità e, in subordine, l'assegno di invalidità. È possibile cumulare la pensione di inabilità con la rendita INAIL? A partire dal 1° settembre 1995, l'assegno ordinario di invalidità e la pensione di inabilità, che sono a carico dell'INPS, non possono essere cumulati alla rendita vitalizia fornita dall'INAIL, se derivano dallo stesso evento che ha causato l'invalidità. Pertanto, se un incidente sul lavoro porta ad una rendita per infortunio, vengono escluse le prestazioni per invalidità e inabilità. Tuttavia, se l'importo della rendita per infortunio è inferiore alla pensione INPS, al lavoratore è dovuta la differenza tra le due prestazioni.
Questo divieto di cumulo non si applica nel caso in cui venga erogato un risarcimento in capitale per l'invalidità permanente, nonché quando viene erogato un importo pari al valore del capitale dell’eventuale rendita ulteriormente dovuta.
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/08/24/pensione-inabilita-permanente-assoluta-casi

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