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Danni causati dal lavoratore: cosa deve fare il datore di lavoro

Può succedere durante l’attività lavorativa che il lavoratore, a causa di imperizia o di disattenzione, produca un danno di natura patrimoniale al proprio datore di lavoro. È il caso, per esempio, di un eventuale danneggiamento del materiale in lavorazione, di un automezzo o di un qualsiasi altro strumento aziendale utilizzato. In seguito a questi eventi dannosi causati dal dipendente, come deve comportarsi il datore? Quale iter deve seguire? Può richiedere il risarcimento del danno corrispondente? E soprattutto, è sempre obbligatoria la preventiva contestazione disciplinare al lavoratore?

Le responsabilità contrattuali di un lavoratore nei confronti del proprio datore di lavoro rappresentano un argomento di costante attualità. Evento dannoso causato dal lavoratore Succede, nello svolgimento del rapporto di lavoro, che il lavoratore, per imperizia o disattenzione, causi un danno di natura patrimoniale al proprio datore di lavoro. Pensiamo all’ipotesi di un eventuale danneggiamento del materiale in lavorazione o di automezzo o strumento a disposizione del lavoratore come strumento di lavoro. In questi casi, il datore di lavoro può richiedere il risarcimento del danno? E in caso di risposta positiva, quale è la procedura da seguire e come si trattiene l’importo? Sulla questione del risarcimento dei danni procurati dal lavoratore è necessario andare ad analizzare cosa dice la norma e quelle che sono le eventuali disposizioni previste dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. In particolare, la disciplina del risarcimento danni nell’ambito del rapporto di lavoro la si riconduce agli artt. 2104 (doveri di diligenza), 2105 (dovere di fedeltà) e 2094 (subordinazione) del Codice civile. Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, la normativa di riferimento è il secondo comma dell’art. 7 della legge n. 300/1970, ai sensi del quale il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. L’art. 2104, c.c., stabilisce il principio per cui: - il lavoratore, nello svolgimento della propria attività lavorativa, deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione, nell’interesse dell’impresa; - deve osservare tutte le disposizioni impartitegli direttamente dal datore di lavoro ovvero dai responsabili diretti per l’esecuzione e per la disciplina del rapporto di lavoro.

La violazione di tali doveri fa sì che il datore di lavoro possa agire nei suoi confronti con la richiesta di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno patito. Per quanto riguarda la “tipologia” di danni risarcibili, non ci sono dubbi che, quando il danno è da dolo o colpa grave, il datore di lavoro possa procedere legittimamente con l’azione di risarcimento del danno.
Si ricorda che mentre il dolo consiste nell’aver previsto e voluto il danno causato all’impresa, la colpa è il frutto dell’inosservanza di leggi, ordini o discipline, o più semplicemente, di negligenza, imprudenza o imperizia e la colpa viene in ogni caso contestata, escluso quando il fatto si è verificato per caso fortuito o per forza maggiore. Procedura da seguire da parte del datore di lavoro Ai sensi del secondo comma dell’art. 7 della legge n. 300/1970, il datore di lavoro deve contestare l’addebito al lavoratore. Pertanto, al verificarsi di errori od omissioni dai quali possa derivare un danno all’azienda, il datore di lavoro deve procedere innanzitutto a contestare l’illecito disciplinare mediante la predisposizione di una tempestiva contestazione disciplinare. Nella contestazione andranno indicati, oltre a quelli che sono gli elementi essenziali ai fini della validità della contestazione, anche l’importo del danno che deve essere certo, determinato e documentato. Una volta contestato il danno mediante la contestazione disciplinare, il datore di lavoro deve attendere le eventuali giustificazioni del lavoratore; giustificazioni che si ricorda possono essere presentate per iscritto o oralmente ed entro il termine di 5 giorni, salva diversa previsione del contratto collettivo.
Qualora il datore di lavoro non dovesse accettare le giustificazioni del lavoratore e dovesse ritenere che il danno è a lui imputabile, potrà procedere all’adozione del provvedimento disciplinare e all’addebito dell’importo del danno.
Danno che, assumendo natura risarcitoria, andrà trattenuto dalle competenze del mese nette del lavoratore. Per quanto riguarda le modalità e i limiti nel recupero del danno, sarà necessario andare a verificare che cosa prevede la contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro Ad esempio, il CCNL metalmeccanica industria, all’art. 1 – Titolo VII, nel prevedere che il lavoratore nello svolgimento delle mansioni deve rispettare il dovere di diligenza, lo stesso risponde delle perdite, degli eventuali danni che siano imputabili a sua colpa o negligenza, nonché delle arbitrarie modifiche da lui apportate ad eventuali oggetti o strumenti assegnati. In tale ipotesi, la valutazione dell’eventuale danno deve essere fatta obiettivamente e l’ammontare del danno deve essere preventivamente contestato al lavoratore e il risarcimento potrà essere effettuato mediante una trattenuta rateale sulla retribuzione con quote non superiori al 10% della retribuzione stessa. In estrema sintesi, il datore di lavoro, in caso di danno causato dal lavoratore, deve: - accertare che il danno sia causato per colpa effettiva del lavoratore per violazioni di regole basilari, di prudenza, di attenzione, non per fatto accidentale o esterno; - verificare che il lavoratore sia stato istruito e formato per svolgere quella attività e che sia inquadrato contrattualmente in modo corretto (qualifica, livello, retribuzione); - analizzare il CCNL di riferimento, che può andare a regolamentare la modalità di risarcimento del danno. Eventuale risarcimento del danno senza preventiva contestazione Abbiamo visto che al fine di potere attivare il risarcimento del danno nei confronti del lavoratore, è necessario il rispetto della procedura prevista dall’art. 7 della legge n. 300/1970. Si segnala, però, che la Cassazione, con la sentenza n. 27940/2023, ha affermato il principio per cui il datore di lavoro, in caso di danno causato dalla negligenza di un lavoratore, può chiedere allo stesso il relativo risarcimento, pur senza aver avviato - per gli stessi fatti - un’azione disciplinare.
In particolare, secondo la Suprema Corte, le azioni disciplinari e di risarcimento del danno si pongono su piani distinti, indipendenti l'uno dall'altro e la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte del lavoratore comporta, oltre all'applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l'insorgere del diritto al risarcimento dei danni.
Per la Cassazione, l'esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l'interesse perseguito dal datore è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale lesa. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/11/22/danni-causati-lavoratore-datore-lavoro

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