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Pensioni pubblico impiego: quali sono le regole per il 2024

Una modifica al disegno di legge di Bilancio 2024, attualmente all’esame del Senato, salva dai tagli, inizialmente previsti, le pensioni di medici, operatori sanitari, dipendenti degli enti locali, ufficiali giudiziari e insegnanti. In particolare, si esentano dalla modifica le pensioni di vecchiaia e si calmiera l’onere sulle pensioni dei sanitari prevedendo che si riduca il taglio di un trentaseiesimo in ragione di ogni mese in più di permanenza al lavoro. Si introduce poi la possibilità che i dirigenti medici e gli infermieri, su base volontaria, possano proseguire l’attività lavorativa fino alla soglia di età dei 70 anni.

Il testo del disegno di legge di Bilancio 2024, attualmente all’esame del Senato per il via libera in prima lettura, contiene un emendamento approvato in Commissione Bilancio, con riferimento all’art. 33 in materia di adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali di alcune categorie del pubblico impiego. In particolare, si prevede la modifica, a valere solo sulle nuove decorrenti, dei criteri di calcolo delle pensioni degli iscritti alle Cassa per i dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per i sanitari (CPS), alla Cassa degli insegnati di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) e alla Cassa del personale presso gli Uffici giudiziari (CPUG). In estrema sintesi con l’intervento correttivo si esentano dalla modifica le pensioni di vecchiaia e si calmiera l’onere sulle pensioni dei sanitari prevedendo che si riduca il taglio di un trentaseiesimo in ragione di ogni mese in più di permanenza al lavoro. Si introduce poi la possibilità che i dirigenti medici e gli infermieri, su base volontaria, possano proseguire l’attività lavorativa fino alla soglia di età dei 70 anni. Cosa prevedeva la versione originaria Così come evidenziava l’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) nella specifica audizione parlamentare, i pensionati di queste Casse beneficiano di regole di calcolo pensionistico vantaggiose fissate dalla L. n. 965/1965 e sopravvissute alle riforme pensionistiche che si sono succedute dagli anni Novanta. In particolare, all’interno delle regole di calcolo retributive, il profilo di maturazione della pensione era accelerato nella prima parte della carriera per poi rallentare in modo che in media, dopo una carriera di 40 anni, la pensione fosse pari all’80 per cento della retribuzione pensionabile o, per i dipendenti degli Enti locali, arrivasse anche al 100 per cento. Il primo anno di carriera contava, da solo, quasi il 23,9 per cento della retribuzione pensionabile (l’aliquota di rendimento del primo anno); poi il profilo di maturazione cresceva più o meno linearmente: i primi due anni contavano, assieme, oltre il 24,4 per cento (23,9 il primo più 0,6 il secondo, 12,2 per cento ciascuno), i primi tre contavano il 25,1 per cento (circa l’8,4 per cento ciascuno), i primi quindici contavano il 37,5 per cento (il 2,5 per cento ciascuno). Su carriere più o meno lunghe (superiori a 30-35 anni), l’elevato coefficiente iniziale di valorizzazione trovava compensazione in quelli significativamente più bassi delle fasi successive di carriera e il loro valore medio tendeva a convergere, a seconda dei casi, verso il 2-2,5 per cento. La L. n. 503/1992 (Legge Amato) avviò, all’interno di una ampia riforma delle pensioni, la razionalizzazione delle aliquote di rendimento con graduale parificazione al 2 per cento per tutti a partire dal 1993. Questa modifica fu mantenuta e accelerata dalla successiva L. n. 335/1995 (Legge Dini), che introdusse il criterio di calcolo contributivo ad accumulazione nozionale, pro-quota per chi a quella data avesse meno di 18 anni di anzianità (i lavoratori “misti”) e in toto per i neoassunti dal 1996 in poi (i contributivi). Coloro che potevano vantare almeno 18 anni di anzianità rimasero all’interno delle precedenti regole di calcolo retributive (i retributivi). È poi sopraggiunta la L. n. 214/2011 (contenente, tra gli altri punti, la cosiddetta riforma delle pensioni Fornero) che ha esteso a tutti il criterio di calcolo contributivo della pensione con riferimento alle anzianità maturate dal 2012 in poi. A oggi, si apprestano al pensionamento gli ultimi lavoratori retributivi, mentre per vedere il passaggio in quiescenza di tutti i misti bisognerà attendere il 2038-2040, gli anni della menzionata “gobba” pensionistica. L’art. 33 prevede la modifica, per le categorie sopra esposte di dipendenti pubblici, dei criteri di calcolo delle quote di trattamento pensionistico liquidate con il sistema retributivo e misto. L’intervento correttivo ha come oggetto i trattamenti pensionistici aventi una decorrenza iniziale successiva al 31 dicembre 2023 con la applicazione esclusivamente nei casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva fosse inferiore a 15 anni. Per i casi di anzianità contributiva (rientrante nel sistema retributivo) pari o superiore a 15 anni e zero mesi, l’aliquota di rendimento resta pari a quella già prevista in precedenza per la relativa e specifica anzianità. In ragione del riferimento ai soli casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva sia inferiore a 15 anni, la modifica può interessare esclusivamente soggetti che avessero meno di diciotto anni di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995, dunque soggetti per i quali la quota retributiva è relativa solo all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1995. Come sottolinea l’Ufficio parlamentare di bilancio, a parità di percentuale di retribuzione pensionabile acquisibile in 15 anni di anzianità, cioè il 37,5 per cento, questa quota non sarebbe più in gran parte precostituita il primo anno di lavoro (come nella normativa attuale), ma sarebbe raggiunta gradualmente tramite scalini regolari e identici di 2,5 punti percentuali per ogni anno di anzianità, pari al rapporto tra 37,5 e 15. La soglia dei 15 anni, si rimarca,si può giustificare con il fatto che, da questa durata in poi, l’aliquota di rendimento media scende al di sotto del 2,3 per cento e poi continua a diminuire convergendo lentamente al parametro valido per la generalità dei lavoratori dipendenti. Ma al di là di questa valutazione, l’aspetto più saliente, sottolinea ancora l’Ufficio parlamentare di bilancio, è che chi ha più di 15 anni di anzianità all’interno delle regole retributive, se non è già passato in quiescenza, è tra i lavoratori più vicini al pensionamento (qualche mese o al più un anno, in rari casi due) e appare implicita la decisione di tutelarlo da cambiamenti verso i quali avrebbe ridotte possibilità di riadattamento. La modifica introdotta ha conseguenze, anche sui criteri di calcolo degli oneri di riscatto di periodi a fini pensionistici, con riferimento alle domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024 e da valutare secondo il sistema retributivo. Così come già anticipato la modifica concerne soltanto i trattamenti pensionistici aventi una decorrenza iniziale successiva al 31 dicembre 2023. Cosa prevede l’emendamento del Governo L’emendamento introdotto chiarisce che la riduzione del trattamento pensionistico è applicata in sede di liquidazione dello stesso solo nei casi delle pensioni anticipate. Si precisa ancora che le disposizioni introdotte non si applicano ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro 31 dicembre 2023 e nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione. Al fine di assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per gli iscritti alla Cassa per la pensione dei sanitari (CPS) nonché per gli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL) che cessano l'ultimo rapporto di lavoro da infermieri la riduzione del trattamento pensionistico è a sua volta ridotta in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell'accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile. Si rivede a tendere poi la disciplina delle finestre di uscita per la pensione anticipata (il cui accesso è consentito se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). Con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), della Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS), della Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) e della Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori (CPUG) il trattamento pensionistico decorre trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi se gli stessi sono maturati entro il 31 dicembre2024, trascorsi quattro mesi dalla data di maturazione dei medesimi requisiti, se gli stessi sono maturati entro il 31 dicembre 2025, trascorsi cinque mesi dalla data di maturazione dei medesimi requisiti, se gli stessi sono maturati entro il 31 dicembre 2026, trascorsi sette mesi dalla data di maturazione dei medesimi requisiti, se gli stessi sono maturati entro il 31 dicembre 2027, trascorsi nove mesi dalla data di maturazione dei medesimi requisiti, se gli stessi sono maturati a decorrere dal 1° gennaio 2028. Si dispone ancora che i dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale nonché gli infermieri possono presentare domanda di autorizzazione per il trattenimento in servizio anche oltre il limite del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre il settantesimo anno di età. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/12/22/pensioni-pubblico-impiego-regole-2024

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