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Scadenza concessioni balneari: senza indennizzo le opere non amovibili

Una misura nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione, che alla scadenza della concessione comporta la cessione allo Stato senza indennizzo delle opere non amovibili costruite nell’area demaniale marittima in concessione, non rappresenta una restrizione al diritto di stabilimento vietata dall’articolo 49 TFUE se la durata della concessione è sufficiente per l’ammortamento dell’investimento da parte del concessionario. E’ quanto viene evidenziato nelle conclusioni dell’8 febbraio 2024 dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Ue alla causa C-598/22.

Il litorale italiano, comprese le spiagge, è di proprietà del demanio. L’esercizio di un’attività commerciale su una spiaggia italiana necessita pertanto di una concessione. Una norma nazionale che regola tali concessioni prevede che le opere non amovibili costruite su una spiaggia pubblica restino automaticamente acquisite allo Stato alla scadenza del periodo di concessione, senza alcun indennizzo per il concessionario che le ha realizzate. Viene chiesto, alla Corte di Giustizia UE, se una siffatta norma rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento, quale prevista dall’articolo 49 TFUE. Nelle Conclusioni dell’8 febbraio 2024 alla causa C‑598/22 l’Avvocato Generale mette in evidenza innanzi tutto che secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale che, pure se applicabile senza distinzioni in base alla nazionalità, sia idonea a impedire, a ostacolare o a rendere meno attraente l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato, costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 49 TFUE. Il governo italiano e la Commissione suggeriscono che l’articolo 49 del codice della navigazione non costituisce necessariamente una restrizione alla libertà di stabilimento. Secondo la Commissione, l’acquisizione allo Stato delle opere non amovibili realizzate è insita nella nozione di area demaniale. La fruibilità di tale area per il pubblico sarebbe significativamente ridotta se i concessionari rimanessero proprietari di opere non amovibili costruite su tale terreno. L’avvocato concorda con tale argomentazione in quanto si tratta dell’essenza dell’inalienabilità del demanio pubblico.Secondo la normativa italiana, come spiegato dal governo italiano, i diritti che un concessionario acquisisce sul terreno in concessione sono paragonabili ai diritti di servitù e il concessionario è il titolare di tali diritti solo per la durata della concessione. Se a un concessionario fosse consentito di mantenere diritti su opere non amovibili costruite all’interno del demanio pubblico, risulterebbero notevolmente ridotte la natura pubblica e la disponibilità pratica per lo Stato di tale demanio.L’avvocato mette in risalto dunque che l’unica possibilità di gestire uno stabilimento balneare sulle spiagge italiane è, quindi, quella di stipulare una concessione con lo Stato. La norma italiana in questione si applica ugualmente a tutti i potenziali concessionari. Pertanto, tutti gli operatori economici si trovano di fronte alla stessa domanda, ovvero se sia economicamente conveniente concorrere per una concessione sapendo che alla sua scadenza le opere non amovibili realizzate saranno cedute allo Stato. Tale norma diventa quindi semplicemente uno degli elementi da considerare nell’effettuare i calcoli economici per stabilire se intraprendere l’attività economica di gestione di uno stabilimento balneare su una spiaggia italiana. Naturalmente, se lo Stato fosse obbligato a indennizzare il concessionario per le opere non amovibili che rimangono sul terreno dopo la scadenza della concessione, ciò potrebbe rendere l’investimento ancora più interessante. Tuttavia, se l’investitore sa in anticipo che non ci sarà tale indennizzo, ciò non lo dissuaderà di per sé dal concorrere all’assegnazione della concessione. Se la durata della concessione fosse sufficientemente lunga da consentire l’ammortamento di un investimento, e se il concessionario sapesse in anticipo che le opere non amovibili che realizza nell’area demaniale marittima rimarranno di proprietà dello Stato al termine della concessione, una siffatta norma non dissuaderebbe un investitore dallo stabilire la sua attività economica sulle spiagge italiane. Se il concessionario conoscesse in anticipo le norme applicabili, potrebbe negoziare un indennizzo adeguato nel caso in cui l’investimento necessario fosse troppo grande per essere riassorbito nel corso della concessione. Se venisse corrisposto un qualsiasi indennizzo ulteriore al concessionario uscente, i nuovi concorrenti che si contendono la nuova concessione sulla stessa area si troverebbero in una posizione meno vantaggiosa. Una siffatta opzione sarebbe contraria al diritto dell’Unione, che richiede che gli Stati membri consentano una concorrenza transfrontaliera equa se decidono di offrire aree demaniali per attività economiche private. Pertanto, erogare al concessionario uscente un indennizzo di importo superiore all’investimento nel bene ceduto allo Stato non è un’opzione prevista dal diritto dell’Unione.In considerazione di quanto precede, l’Avvocato ritiene che non esista un’alternativa meno restrittiva alla tutela delle finanze pubbliche rispetto a quella prevista dal codice della navigazione. Detta norma consente l’indennizzo qualora sia necessario per correggere uno squilibrio economico, ma altrimenti, come richiesto dal diritto dell’Unione, impedisce un esborso a carico del bilancio pubblico, che porterebbe alla discriminazione di nuovi concorrenti per la stessa area demaniale. Alla luce di Tali considerazioni l’Avvocato propone quindi alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini: “Una misura nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione, che alla scadenza della concessione comporta la cessione allo Stato senza indennizzo delle opere non amovibili costruite nell’area demaniale marittima in concessione, non rappresenta una restrizione al diritto di stabilimento vietata dall’articolo 49 TFUE se la durata della concessione è sufficiente per l’ammortamento dell’investimento da parte del concessionario. Ciò vale anche nel caso in cui lo stesso concessionario si aggiudichi la nuova concessione sulla medesima area. In subordine, ove una norma nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione fosse qualificata come restrizione non discriminatoria al diritto di stabilimento, tale restrizione non sarebbe vietata dall’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui sia proporzionata ai legittimi obiettivi di salvaguardia della proprietà pubblica e della finanza pubblica, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare”. Copyright © - Riproduzione riservata

Corte di Giustizia UE, Conclusioni dell’Avvocato Generale 08/02/2024, causa C-598/22

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/02/09/scadenza-concessioni-balneari-senza-indennizzo-opere-non-amovibili

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