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Welfare aziendale: le somme erogate dal datore di lavoro alle lavoratrici madri non sono benefici esenti

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 57 del 2024, ha chiarito che lo status di maternità non è idoneo ad individuare una ''categoria di dipendenti'', e che pertanto non risulta applicabile il regime di esenzione alle somme erogate dal datore di lavoro alle lavoratrici madri ad integrazione al 100% della retribuzione come quota di welfare da accreditare nel conto welfare individuale. Le deroghe al principio dell’omnicomprensività del reddito di lavoro subordinato richiedono che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti e non operano ogni qualvolta che le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori.

L’art. 51 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) nel determinare le modalità di tassazione del reddito di lavoro subordinato prende le mosse da una definizione tassativa di tale reddito che “è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. A questa definizione omnicomprensiva, lo stesso art. 51, consente una serie di deroghe ed eccezioni che, per essere considerate tali, debbono presentare i requisiti richiesti dalla norma. Principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente Con la risposta all’interpello n. 57 del 1° marzo 2024 l’Agenzia delle Entrate ribadisce il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente che deriva dal tenore letterale dell’art. 51 con il coordinamento dell’iniziale comma 1 con le specifiche successive deroghe, che elencano le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa che “non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l'erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione”. L’Agenzia esprime il parere che la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente debba essere coordinata col principio di onnicomprensività che, riconducendo nell'alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l'applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale. Il caso Il datore di lavoro intenderebbe erogare alle lavoratrici-madri, per un periodo di tre mesi successivi al periodo di astensione obbligatoria, una integrazione al 100% della retribuzione e vorrebbe trasformare tale importo in quota welfare da accreditare nel conto welfare individuale secondo le regole del piano welfare già in essere. Secondo il contribuente, le quote accreditate nel conto welfare individuale dovrebbero godere “dello stesso trattamento fiscale e contributivo agevolato previsto per il welfare aziendale secondo la normativa in vigore in tema di welfare aziendale”. Il parere dell’Agenzia delle Entrate L’Agenzia delle Entrate non condivide la soluzione proposta dal contribuente e ritiene, invece, che le somme oggetto dell’interpello abbiano rilevanza reddituale ai sensi dell'art. 51, comma 1, del TUIR, in quanto, rappresentando un'erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile, rispondono a finalità retributive. Le deroghe al principio dell’omnicomprensività del reddito di lavoro subordinato richiedono che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti e non operano ogni qualvolta che le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori (in tal senso le circolari del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 e 16 luglio 1998, n. 188; nonché circolari Agenzia delle Entrate 16 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2028 n. 5/E). Quando i benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione. Nel caso prospettato si intenderebbe individuare una ''categoria di dipendenti'' sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a “caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente”. Si intenderebbe, infatti, alimentare il credito welfare individuale con la differenza tra quanto erogato dall'INPS e la retribuzione fissa spettante alla dipendente qualora rientrasse in servizio. Lo status di maternità non appare idonea ad individuare una ''categoria di dipendenti'' pertanto dette somme assumono rilevanza reddituale ai sensi dell'art. 51, comma 1, del TUIR. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/03/05/welfare-aziendale-somme-erogate-datore-lavoro-lavoratrici-madri-non-benefici-esenti

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