• Home
  • News
  • Salario minimo: i dubbi di Confindustria e sindacati

Salario minimo: i dubbi di Confindustria e sindacati

Confindustria, durante l’audizione tenuta al Senato, sottolinea come la finalità perseguita dai disegni di legge sul salario minimo ben potrebbe essere assolta con l'osservanza, da parte delle imprese, del trattamento minimo economico, come stabilito nel patto della Fabbrica del 2018. Anche CGIL, CISL E UIL esprimono la loro preoccupazione per i probabili effetti collaterali che l’introduzione del salario minimo orario legale, diverso da quanto stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro, potrebbe comportare. Tra i rischi vengono menzionati quello di favorire una fuoriuscita dall'applicazione dei CCNL con la possibilità di una vera e propria diaspora dalla contrattazione nazionale.

E’ stato avviato dalla Commissione Lavoro del Senato il ciclo di audizioni sui ddl n. 658 e n. 310, relativi all'istituzione del salario minimo orario. Come ha sottolineato il Presidente della Commissione Nunzia Catalfo ha sottolineato che si è nella fase dell’analisi e dello studio di un tema complesso che va affrontato nel modo giusto, ascoltando tutte le parti e guardando la realtà italiana.

Ha poi rimarcato come in Italia i salari sono bassi e c'è stagnazione salariale e questo ovviamente ha un impatto sull'economia. La data dell’approdo in Aula fissata dalla conferenza dei Capigruppo venerdì 22 marzo non può essere allora considerata una data ultimativa, è il pensiero.

Il tema del salario minimo orario dovrebbe essere anche affrontato nell’ambito della riunione convocata dal Ministro Luigi di Maio per mercoledì 13 marzo 2019 con i sindacati.

Partendo dalla posizione di CGIL, CISL E UIL viene espressa una forte preoccupazione per i probabili effetti collaterali che l’introduzione del salario minimo orario legale, diverso da quanto stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro, potrebbe comportare.

Tra i rischi vengono menzionati quello di favorire una fuoriuscita dall'applicazione dei CCNL con la possibilità di una vera e propria diaspora dalla contrattazione nazionale e di costituire un fortissimo disincentivo al rinnovo di alcuni contratti nazionali.

Inoltre, rilevano, non servirebbe nemmeno a sostenere quella crescente quota di cosiddetti lavoratori poveri dovuti al part time involontario.

Una norma di legge che si proponga di fissare un salario minimo orario legale per tutti i lavoratori dipendenti deve innanzitutto stabilire il valore legale dei trattamenti economici complessivi previsti dai Contratti collettivi nazionali di lavoro, è la considerazione.

Confindustria sottolinea come la finalità che viene perseguita dai disegni di legge sul salario minimo ben potrebbe essere assolta con l'osservanza, da parte delle imprese, del trattamento minimo economico, come stabilito nel patto della Fabbrica.

Nell'accordo del 2018, si evidenzia, si propone un modello di contrattazione che individui nei contratti collettivi un trattamento economico minimo (Tem), considerandolo equivalente al salario minimo inderogabile, da tenere distinto dal trattamento economico complessivo (Tec), dove verrebbero ricomprese tutte le altre voci retributive o aventi natura di corrispettivo.

L'attuazione di questo Patto è strettamente legata alla misura della rappresentanza sia datoriale che sindacale, che comporta, però, una collaborazione attiva da parte del Ministero del Lavoro che tuttora non si è realizzata.

Se questo disegno riformatore fosse pienamente attuato, il legislatore ben potrebbe limitarsi a stabilire un livello di salario minimo orario da rispettare solo nei settori non regolati da contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

Il tema centrale è quello di definire correttamente il rapporto tra il salario minimo legale e il sistema della contrattazione collettiva.

Rete Imprese Italia ritiene poi come sia prioritario, prima di procedere con le ipotesi di introduzione di un salario minimo per legge, porre in essere le condizioni per favorire l'applicazione delle norme che già oggi privilegiano l'applicazione dei contratti collettivi estendendo il riferimento alla retribuzione da essi definita da parametro obbligatorio per il versamento dei contributi previdenziali a parametro obbligatorio per il riconoscimento di retribuzioni minime.

Questa soluzione rafforzerebbe la funzione dei contratti collettivi mentre la fissazione ex lege di un salario ne sminuirebbe del tutto la funzione salariale

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/03/13/salario-minimo-dubbi-confindustria-sindacati

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble