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Ispezioni sul lavoro: i vantaggi della conciliazione monocratica contestuale

La conciliazione monocratica contestuale è un mezzo di difesa preventiva da parte del datore di lavoro ad oggi purtroppo poco diffuso, anche a causa della naturale avversione di una buona parte del corpo ispettivo. Ma garantisce indubbi benefici alle imprese. Uno fra tutti: in caso di esito positivo non potranno essere applicate sanzioni amministrative, eccezione fatta per le sanzioni civili legate al mancato versamento dei contributi e dei premi. Come si attiva? E quali sono gli altri vantaggi per il datore di lavoro?

La conciliazione monocratica contestuale è una forma di difesa anticipata che permette di prevenire le controversie tra datore di lavoro e lavoratore, disciplinata dall’art. 11, comma 6, D. Lgs. n. 124/2004.

In pratica, stiamo parlando di una procedura conciliativa che ha luogo nel corso dell’attività di vigilanza nel caso in cui l'ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una soluzione conciliativa della controversia sulle questioni segnalate, previa acquisizione del consenso delle parti interessate, mediante apposita verbalizzazione, anche successiva al verbale di primo accesso ispettivo.

Si precisa che il consenso può essere reso separatamente, per iscritto, a mezzo lettera raccomandata o mediante posta elettronica certificata, facendo espresso riferimento al verbale di primo accesso ispettivo. Quindi, anche nel caso in cui il datore di lavoro non richieda immediatamente l’attivazione di una conciliazione contestuale, potrà farlo anche a seguito della ricezione di verbale di primo accesso ispettivo che “fotografa” la situazione all’atto dell’accesso ispettivo.

Ad ogni modo la conciliazione sarà di fatto attivabile solo ed esclusivamente nel caso in cui gli ispettori, dopo aver rilasciato il suddetto verbale, non abbiano continuato i loro accertamenti ispettivi, magari anche fuori dall’azienda, raccogliendo sommarie informazioni testimoniali da terzi soggetti non presenti all’interno dei locali ispezionati o verificando la documentazione presso lo studio del soggetto abilitato all’assistenza e non abbiano trovato già prove certe, suffragate da adeguati riscontri testimoniali e/o documentali, dell’illecito amministrativo che il datore vorrebbe fosse oggetto di conciliazione monocratica contestuale.

Inoltre, dopo aver acquisito il consenso del datore e del lavoratore, l’ispettore deve informare con apposita relazione l’Ispettorato del Lavoro ai fini dell'attivazione della procedura.

Il tema affrontato nell’articolo è stato oggetto di approfondimento e discussione in aula nel quinto incontro dell’edizione 2018/2019, dedicato a “Strumenti per affrontare e risolvere il contenzioso con il lavoratore”.

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Per l’attivazione della conciliazione contestuale, valgono i medesimi presupposti della conciliazione monocratica preventiva ovvero:

- le questioni devono essere attinenti a diritti patrimoniali del lavoratore, sia di origine contrattuale che legale;

- le questioni non devono rivestire diretta ed esclusiva rilevanza penale;

- l’ispettore non deve aver già acquisito oggettivi, certi e sufficienti elementi di prova delle violazioni amministrative correlate.

Come chiarito dal Ministero del Lavoro con circolare n. 24/2004, la conciliazione si può attivare anche nelle ipotesi nelle quali il lavoratore non sia un lavoratore subordinato ma sia, invece, titolare di un rapporto di lavoro autonomo (es. collaborazione coordinata e continuativa) e non può essere, invece, attivata in caso di contratti certificati in quanto, nel caso di specie, chi intende presentare ricorso giurisdizionale contro la certificazione deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione.

Da notare che la convocazione delle parti interrompe i termini di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, fino alla conclusione del procedimento conciliativo.

Posto che all’atto dell’accesso ispettivo è possibile procedere con la conciliazione monocratica preventiva anche su richiesta del datore di lavoro, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, si elencano alcune delle casistiche che potrebbero portare ad una conciliazione preventiva:

- Lavoratore assunto con contratto di lavoro part-time impiegato a tempo pieno e non retribuito come da CCNL applicato; - Lavoratore occupato come prestatore di lavoro occasionale ma in realtà utilizzato in maniera continuativa ed a tempo pieno; - Lavoratore con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa in merito al quale vi siano dubbi di legittimità; - Lavoratore non correttamente inquadrato; - Lavoratore non retribuito come da CCNL applicato; - Unico lavoratore occupato, “in nero” e non retribuito come da CCNL applicato.

In merito all’ultimo punto si rammenta che la circolare ministeriale n. 36/2009 ha chiarito che la conciliazione monocratica contestuale - in analogia con quanto previsto nella Direttiva del 18 settembre 2008 relativamente al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale - può trovare utile applicazione nel caso in cui l’azienda occupi un solo lavoratore (intendendosi per tale qualsiasi prestatore di lavoro, anche autonomo, a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata) a meno che, in relazione agli elementi di prova acquisiti in occasione del primo accesso ispettivo ed alla loro capacità di “tenuta” in un eventuale contenzioso amministrativo o giudiziario, lo stesso non possa considerarsi "in nero".

L’art. 11 del D. Lgs. n. 124/2004 non obbliga l’ispettore ad effettuare una conciliazione monocratica preventiva di sua iniziativa né lo obbliga ad accettare una eventuale richiesta datoriale in tal senso, anche se tempestiva e, magari, anche accompagnata dal consenso del lavoratore già raccolto.

Tuttavia, alla luce di quanto sostenuto dal Ministero del lavoro con la circolare n. 36/2009, soprattutto in caso di un lavoratore “in nero”, in assenza di prove già acquisite in sede di primo accesso, sarà attivabile la conciliazione monocratica preventiva e, dato il tenore letterale della circolare, in presenza del consenso del lavoratore, difficilmente un ispettore del lavoro potrà non dare seguito alla richiesta datoriale, salvo giustificato motivo che dovrà, a parere di chi scrive, essere adeguatamente motivato al proprio Ufficio di appartenenza.

Analogamente alla conciliazione monocratica preventiva, in caso di esito positivo della conciliazione contestuale (a fronte di: accordo tra le parti, versamento dei contributi dovuti e delle retribuzioni dovute al lavoratore) non potranno essere applicate sanzioni amministrative, eccezione fatta per le sanzioni civili legate al mancato versamento dei contributi e dei premi.

Attivata la conciliazione contestuale, la convocazione delle parti interrompe i termini di cui all’articolo 14 della legge n. 689/1981, fino alla conclusione del procedimento conciliativo per cui l’ispettore, a parere di chi scrive, farebbe bene ad interrompere anche l’ispezione per non rischiare di trovare elementi di prova di violazioni inerenti il lavoratore in riferimento al quale è in atto il tentativo di conciliazione.

L’ispezione potrà, quindi, continuare alla conclusione della conciliazione ma, in caso di esito positivo della stessa, la verifica dovrà vertere su altre questioni perché sussiste l’obbligo per l’ispettore di non rimettere in discussione quanto concordato dalle parti in sede di accordo conciliativo.

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/05/13/ispezioni-lavoro-vantaggi-conciliazione-monocratica-contestuale

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