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Contrattazione di secondo livello: quali sono i sindacati abilitati alla firma

Il proliferare di contratti collettivi nazionali, molti dei quali sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali di dubbia rappresentatività, e l’esigenza di dare un quadro certo di efficacia alla contrattazione di secondo livello sollecitano il legislatore a dare attuazione al dettato costituzionale dell’art. 39 o, quantomeno, a definire un criterio legale di misurazione della rappresentatività di ciascuna organizzazione. La mancanza di un criterio oggettivo di misurazione rende, infatti, la selezione dei soggetti negoziali abilitati incerta e complicata. Quali sono le regole per sottoscrivere un accordo di secondo livello? Se ne parlerà nel corso del VII Forum TuttoLavoro, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrinalavoro.it, RCS Academy e Corriere della Sera, in programma a Roma il 27 novembre 2019.

Nel contesto del diritto del lavoro italiano la contrattazione collettiva svolge la funzione di integrare da un lato le previsioni di legge e dall’altro quelle del contratto individuale del lavoro.

Nel nostro ordinamento infatti la legge stabilisce principi generali di tutela (ad esempio, le ferie), assegnando ampia delega alla contrattazione collettiva per regolamentare molti aspetti del rapporto di lavoro.

Accanto ai contratti di categoria, la risposta alle esigenze e ai bisogni della singola azienda o delle aziende di una determinata area territoriale è data dai contratti collettivi aziendali o territoriali. Si tratta di strumenti sempre più utilizzati per intervenire su materie e istituti economico - normativi in tutto o in parte delegate dalla contrattazione di primo livello (interconfederale o nazionale).

La sottoscrizione di un accordo di secondo livello consente, ad esempio, una maggiore flessibilità aziendale nella gestione dell’orario di lavoro e nel ricorso ai contratti di lavoro diversi da quello a tempo pieno e indeterminato (contratto a termine, contratto a chiamata, ecc.). L’intesa di secondo livello è, inoltre, alla base della fruizione di numerose misure agevolative per i lavoratori (tassazioni agevolate dei premi di produzioni) e consente la regolamentazione di misure di conciliazione vita-lavoro e di welfare aziendale a beneficio dei lavoratori.

L’applicazione della contrattazione collettiva, nonostante il ruolo rilevante di regolazione “esterna” dei rapporti di lavoro che nel tempo essa ha assunto, pone dei dubbi sul piano dell’efficacia soggettiva e dei soggetti titolari del potere di negoziare. Il duplice problema nasce dalla mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione; la disposizione costituzionale, infatti, indica la via per individuare, mediante criteri oggettivi, le organizzazioni sindacali legittimate a firmare contratti collettivi dotati di efficacia generale per tutti i lavoratori appartenenti ad una determinata categoria.

Nella legislazione vigente la nozione di contratti collettivi è contenuta nel D.Lgs. n. 81/2015, che li individua nei “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria” (art. 51 D.Lgs. n. 81/2015). La nozione, tuttavia, non è accompagnata da un criterio oggettivo di misurazione della rappresentatività e ciò rende la selezione dei soggetti negoziali abilitati incerta e complicata.

Con gli accordi interconfederali del 2011 e del 2014 e con il protocollo d’intesa del 2013 le organizzazioni datoriali e sindacali dell’Industria hanno tentato di porre rimedio all’assenza di un criterio legale di selezione dei soggetti abilitati. Con tali intese si è stabilito che sono legittimate alla firma di accordi le organizzazioni dei lavoratori che raggiungano almeno un grado di rappresentatività del 5%, inteso come media tra dato di tesseramento (numero di deleghe conferite dai lavoratori) e dato elettorale (voti ottenuti dalle OO.SS. in occasione dell’elezione delle RSU).

Tuttavia, in considerazione del fatto che gli accordi dispiegano effetti unicamente rispetto alle parti stipulanti, senza avere forza di legge, questi tentativi hanno una portata limitata e valgono solo per quelle associazioni che abbiano partecipato o aderito alla firma degli stessi. E comunque essi riguardano soltanto il settore dell’Industria.

Altri criteri qualificativi sono stati proposti dalla giurisprudenza che ha ritenuto idonei indici di misurazione della rappresentatività sindacale:

i) la partecipazione delle OO.SS. alla formazione e alla stipulazione di contratti collettivi di ogni livello;

ii) la partecipazione alla composizione delle vertenze individuali, plurime e collettive di lavoro;

iii) la presenza nelle diverse categorie produttive;

iv) la diffusione territoriale.

Tuttavia, la mancanza di un criterio normativo unitario ed oggettivo è risultato sino ad ora insufficiente e non ha impedito, a livello nazionale, la proliferazione di contratti collettivi “concorrenti” che pretendono di disciplinare interi settori economici e, a livello aziendale, accordi finalizzati ad abbassare il costo del lavoro mediante la compressione di trattamenti economici e di tutele.

La contrattazione di secondo livello si esercita attraverso la negoziazione e la sottoscrizione di un accordo tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali e si declina in due tipologie:

- contrattazione aziendale, che riguarda la singola azienda e che interviene su materie e istituti previsti dalla contrattazione di categoria per renderli il più possibile corrispondenti al tessuto aziendale.

Il contratto aziendale può essere sottoscritto direttamente dal datore di lavoro e dalle rappresentanze dei lavoratori in azienda (RSA o RSU).

L’efficacia generale (erga omnes) dell’accordo aziendale non pone dubbi nel caso di intervento migliorativo della disciplina legale e di quella del CCNL. Se, al contrario, l’intesa di secondo livello prevede deroghe in senso peggiorativo, in generale queste sono consentite a determinate condizioni, solo mediante la contrattazione di prossimità.

Interventi integrativi della disciplina di legge e di CCNL hanno efficacia generale se sono sottoscritti dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali unitarie (RSU), le quali sono elette a suffragio universale con la partecipazione di tutti i lavoratori e, quindi, esprimono sicuramente la più ampia rappresentatività.

Al contrario, l’efficacia del contratto aziendale sottoscritto con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA), che sono espressione delle singole organizzazioni sindacali e che non promanano da una consultazione elettorale di tutti i lavoratori, esige una verifica supplementare. Secondo l’orientamento maggioritario in dottrina e in giurisprudenza, tale accordo dispiega effetti su tutti i lavoratori operanti in azienda, solo se le RSA stipulanti sono espressione delle OOSS che soddisfano il requisito della maggiore rappresentatività comparata sul piano nazionale;

- contrattazione territoriale, che persegue finalità che esulano dal singolo contesto aziendale e consente di integrare la disciplina collettiva nazionale a beneficio dei lavoratori occupati in un determinato ambito territoriale. Essa si è affermata in particolare in alcuni settori, come ad esempio quelli edile e artigiano. Il contratto collettivo territoriale può essere sottoscritto tra le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali (distrettuali provinciali e regionali) presenti in un dato territorio;

- contrattazione di prossimità, o “ad efficacia rafforzata”. Il contratto di prossimità, disciplinato dall’art. 8, D.L. n. 138/2011 conv. in l. 148/2011, nelle materie definite e solo per specifiche finalità definite dalla legge, può derogare (anche in senso peggiorativo), non solo alle disposizioni contenute nei contratti di settore, ma anche alla normativa in materia di lavoro.

Requisito essenziale richiesto dalla legge è che il contratto di prossimità venga stipulato, a livello aziendale o territoriale, da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il proliferare di contratti collettivi nazionali (oltre 800 depositati al CNEL), molti dei quali sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali di dubbia rappresentatività, e l’esigenza di dare un quadro certo di efficacia alla contrattazione di secondo livello sollecitano il legislatore a dare finalmente attuazione al dettato costituzionale dell’art. 39 o, quantomeno, a definire un criterio legale di misurazione della rappresentatività di ciascuna organizzazione.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/11/13/contrattazione-secondo-livello-sindacati-abilitati-firma

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