Riders. Quanta confusione!

La norma sui riders regola contemporaneamente la figura del ciclofattorino subordinato e quella del fattorino lavoratore autonomo. La differenza è rilevante sul piano delle tutele da riconoscere ai lavoratori: nel caso del lavoratore subordinato si applicano le garanzie ben note in tema di retribuzione, salute e licenziamento, mentre qualora ci si trovi dinnanzi ad un lavoratore autonomo si prevedono una serie di innovativi diritti individuali, che, probabilmente, possono trovare applicazione anche ai parasubordinati, quale sotto-ipotesi del lavoro comunque autonomo. E allora sarà facile ipotizzare che la natura del rapporto di lavoro costituirà ancora oggetto di scontro nei tribunali. Quale sarà la disciplina che metterà d’accordo tutti? Quella che garantisce tutele per tutti. Tranne che per i pedoni…

È stato recentemente convertito in legge un decreto emanato dal precedente Governo che prevede una serie di tutele per i riders che consegnano cibo a domicilio per conto delle multinazionali del settore. Già me ne ero occupato quando fu emanato il decreto-legge n. 101 del 3 settembre, auspicando che il passaggio parlamentare potesse chiarire meglio la portata di una normativa che appariva all’epoca come il frutto della frettolosa volontà del Governo di fronteggiare una situazione che, in ogni caso, interessa una percentuale modestissima (molto meno dell’1 per mille) dei lavoratori italiani.

Purtroppo, come sempre più spesso avviene, l’urgenza è cattiva consigliera e i testi legislativi finali sono spesso pieni di ambiguità. La legge 2 novembre 2019, n. 128 non fa eccezione a questa regola e contiene norme ancora una volta contraddittorie.

Infatti, si regola contemporaneamente allo stesso art. 1 sia la figura del ciclofattorino subordinato, in quanto le modalità di esecuzione della consegna siano “organizzate” dalla società “mediante piattaforme anche digitali”, sia quella del fattorino lavoratore autonomo che opera secondo modalità “determinate” dalla piattaforma (secondo la formula di cui all’art. 47 bis del D.Lgs. n. 81/2015, come introdotta dal provvedimento normativo che si commenta).

È chiaro a chiunque come non sia per nulla facile comprendere quale sia la differenza fra una prestazione “organizzata” da altri e un’altra la cui esecuzione sia, invece, “determinata” dalla committenza. L’organizzazione, invero, è sempre tipica del fenomeno imprenditoriale, di modo che potrebbe anzi dirsi che tutto il lavoro relativo alle imprese è comunque organizzato, quale che poi in concreto ne sia la natura.

A tanto deve aggiungersi che sembra sempre possibile qualificare i ciclofattorini come lavoratori parasubordinati, quando costoro “nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti” organizzino “autonomamente” la propria attività lavorativa. Non a caso lo stesso art. 1 della legge n. 128/2019 interviene a disciplinare i trattamenti previdenziali di malattia e gravidanza per queste figure di lavoratori.

La differenza non ha importanza solo a fini accademici, ma è rilevante sul piano delle tutele da riconoscere ai lavoratori poiché nel caso di lavoratore subordinato si applicheranno le garanzie ben note in tema di retribuzione, salute e licenziamento, mentre qualora ci si trovi dinnanzi ad un lavoratore autonomo si prevedono una serie di innovativi diritti individuali (che, probabilmente, possono trovare applicazione anche ai parasubordinati, quale sotto-ipotesi del lavoro comunque autonomo).

Una bella confusione, insomma!

Venendo comunque a queste previsioni più recenti, destinate ai fattorini autonomi, si deve dire che si prevede innanzi tutto, a pena del pagamento di risarcimenti ingentissimi, che il contratto di lavoro sia redatto in forma scritta (è ragionevole ritenere che si tratti di quello che inquadra in via anticipata tutte le future prestazioni e non già quello che si riferisce alla singola consegna: ma sul punto la legge nulla dice).

In secondo luogo, si fa divieto di ricorrere alla retribuzione a cottimo in base alle consegne effettuate, assicurando ai lavoratori un compenso minimo orario commisurato a quanto previsto dalla contrattazione collettiva di settore: e quindi, della logistica, se si devono seguire le indicazioni provenienti dalla Corte di appello di Torino nella pronunzia di cui si è detto in altra occasione.

Viene poi prevista una maggiorazione per il lavoro “svolto di notte”, durante le festività o “in condizioni meteorologiche sfavorevoli”: si tratta (specie per l’ultima previsione) di affermazioni forse troppo semplicistiche, atteso che manca sia la definizione di notte (che varia da settore a settore e che per certo non comprende l’orario del pasto serale, anche quando questo si collochi dopo il tramonto), sia quella di “condizioni meteorologiche sfavorevoli” (che in verità sembra assente anche nella contrattazione collettiva, che semmai si preoccupa di limitare l’orario di lavoro di chi è alla guida di mezzi a motore, a tutela dell’incolumità di tutti).

Si prevede poi un divieto di escludere dalla piattaforma o anche solo di ridurre il numero delle chiamate quando questo effetto sia conseguente alla mancata accettazione di richieste di consegna, avvenuta in passato. Questa norma sembrerebbe imporre una sorta di garanzia minima di chiamate su base settimanale o mensile.

Infine, ed è un aspetto non secondario, si prevede finalmente l’obbligo dell’assicurazione INAIL per tutti i riders e non solo per quanti siano da qualificarsi propriamente come artigiani dediti allo svolgimento di operazioni di autotrasporto.

Facile ipotizzare che la natura del rapporto di lavoro costituirà ancora oggetto di scontro nei tribunali (non essendo chiaro quando si applica l’una e quando l’altra normativa) e che sarà proprio quest’ultima la disciplina che metterà d’accordo tutti, posto che il rischio di incidenti (o di danni a terzi) rimane sempre altissimo nel caso di consegne a domicilio e che la tutela INAIL viene d’ora innanzi ad essere assicurata indifferentemente dal tipo di rapporto di lavoro posto in essere. Tutti in questo modo sembrano essere tutelati, tranne che i pedoni, posto che manca del tutto l’obbligo di assicurare i riders per i danni che questi abbiano a provocare verso terzi, nell’ipotesi in cui si trovino a condurre un mezzo a pedali.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/11/16/riders-confusione

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