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Coronavirus: imprese sanzionate fino a 60.000 euro per pratiche commerciali sleali

Gli operatori economici che mettono in campo pratiche commerciali sleali nei rapporti commerciali tra le imprese nella filiera agricola e alimentare vanno incontro a pesanti sanzioni amministrative che possono arrivare fino a 60.000 euro. E’ quanto previsto dal D.L. n. 9 del 2020 che pone un freno alle richieste di bollini “Covid-19 free” o simili per i prodotti agroalimentari. Nello specifico, le misure sono finalizzate a salvaguardare il tessuto economico e produttivo delle aziende che operano nel mercato europeo e che si trovano costrette a fronteggiare atteggiamenti e pratiche non corrette da parte degli operatori esteri.

Strada sbarrata agli speculatori che vogliono approfittare dell’emergenza Coronavirus per mettere al bando i prodotti italiani. Chi pratica manovre (pretendere bollini “Covid-19 free” o simili) a sfavore dei prodotti agroalimentari italiani va incontro a sanzioni amministrative pesantissime: fino a 60 mila euro.

A mostrare il pugno duro contro i “malintenzionati” è l’articolo 33, specialmente commi 4 e 5, del D.L. n. 9/2020 (misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), all’esame del Parlamento.

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L’articolo 33 dettaglia le misure per il settore agricolo. Spiega la relazione al decreto legge che le misure di cui ai citati commi 4 e 5 sono finalizzate a salvaguardare il tessuto economico e produttivo delle aziende che operano nel mercato europeo e che si trovano costrette a fronteggiare atteggiamenti e pratiche sleali da parte degli operatori esteri.

Tra queste misure troviamo la declaratoria del comma 4, secondo la quale costituisce pratica commerciale sleale vietata nelle relazioni tra acquirenti e fornitori ai sensi della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, la subordinazione di acquisto di prodotti agroalimentari a certificazioni non obbligatorie riferite al COVID-19 né indicate in accordi di fornitura per la consegna dei prodotti su base regolare antecedenti agli accordi stessi.

Si tratta di una fattispecie di pratica sleale dettata direttamente dalla legge.

Come ha messo in evidenza il Ministero della salute, le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che, comunque, devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.

Inoltre, l’Efsa, l’Autorità europea sulla sicurezza alimentare, ha diffuso una nota in cui ha riferito che, allo stato, non sono stati individuati alimenti quali fonte probabile o via di trasmissione del virus.

Il riferimento normativo utilizzato dal D.L. n. 9/2020 è la direttiva direttiva (UE) 2019/633, recante norme in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

Le disposizioni sono, pertanto, finalizzate al contrasto delle pratiche commerciali sleali tra acquirenti e fornitori. Ai sensi della direttiva UE 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sono definite tali quelle pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte.

La direttiva vuole combattere le pratiche commerciali sleali, che si realizzano nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a un'operazione di vendita.

Il “considerando” n. 1 alla direttiva esemplifica i casi di condotte scorrette elencando i seguenti comportamenti: discostarsi nettamente dalle buone pratiche commerciali, essere in contrasto con i principi di buona fede e correttezza ed essere imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, imporre un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da un partner commerciale alla sua controparte, oppure imporre un significativo squilibrio di diritti e doveri a uno dei partner commerciali.

Alcune pratiche, prosegue il “considerando” n. 1 potrebbero essere manifestatamente sleali anche quando entrambe le parti le accettano. La direttiva introduce, pertanto, un livello minimo di tutela rispetto alle pratiche commerciali sleali per ridurne la frequenza, in quanto possono avere un effetto negativo sul tenore di vita della comunità agricola.

Tra le misure prefigurate dalla direttiva citata come efficaci deterrenti contro manovre illecite, si rinvengono il potere di imporre o avviare procedimenti, per esempio procedimenti giurisdizionali per l'imposizione di sanzioni pecuniarie nonchè altre sanzioni altrettanto efficaci, e la pubblicazione dei risultati delle indagini, compresa la pubblicazione di informazioni relative all'acquirente che ha commesso la violazione.

Si tratta di un complesso di reazioni che possono favorire un cambiamento dei comportamenti e soluzioni tra le parti in fase di precontenzioso e, pertanto, dovrebbero essere parte integrante dei poteri conferiti alle autorità di contrasto.

Le sanzioni pecuniarie (“considerando” n. 34) possono essere particolarmente effettive e dissuasive. Tuttavia, dovrebbe spettare all'autorità di contrasto decidere quali dei suoi poteri eserciterà in ciascuna indagine e se imporrà o avvierà un procedimento per l'imposizione di una sanzione pecuniaria o un'altra sanzione altrettanto efficace.

Il D.L. n. 9/2020, nello stralcio in commento, dopo la declaratoria dell’illecito, passa alla parte sanzionatoria. Il comma 5 dell’articolo 33 citato, fatta salva l’applicazione di una sanzione penale, qualora il fatto costituisca reato, prevede che il contraente, a eccezione del consumatore finale, che pone in essere le condotte sleali, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 a euro 60.000,00. La misura della sanzione sarà determinata in concreto facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti. La norma incarica della vigilanza e dell'irrogazione delle relative sanzioni l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Si applica la legge generale sulle sanzioni amministrative pecuniarie (l. n. 689/1981), con le seguenti precisazioni. All'accertamento delle medesime violazioni l'Ispettorato provvede d'ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato. Inoltre, gli introiti derivanti dall'irrogazione delle sanzioni di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ragioniere generale dello Stato, allo stato di previsione del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali per il finanziamento di iniziative per il superamento di emergenze e per il rafforzamento dei controlli.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/03/14/coronavirus-imprese-sanzionate-60-000-euro-pratiche-commerciali-sleali

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