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Piani di incentivazione ai manager: regime fiscale degli impatriati o dei res non dom

Il proliferare di regimi fiscali agevolativi tesi ad attrarre capitale umano in Italia, come quello degli impatriati o dei res non dom, ha fatto sorgere alcuni interrogativi circa la loro applicazione a specifiche fattispecie, nelle quali a trasferire la propria residenza sono dipendenti con ruoli manageriali, già destinatari all’estero di piani di incentivazione azionari o monetari. L’Agenzia delle Entrate, nella risposta ad interpello n. 78 del 2020, cerca di dare soluzioni interpretative, prendendo le mosse dal generale principio di cassa, in base al quale i compensi rilevano fiscalmente al momento dell’effettiva percezione da parte del lavoratore.

L’interpello n. 78 del 27 febbraio 2020 presenta una fattispecie apparentemente semplice, per la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito una risposta articolata in tre diverse casistiche, tutte accomunate dal trasferimento in Italia di manager provenienti dall’estero.

In altri termini, la società istante ha chiesto quale sia il momento rilevante ai fini impositivi per i piani di incentivazione (azionari o monetari) già detenuti da parte di dipendenti con qualifiche manageriali, nel caso in cui questi ultimi siano assunti in Italia e, in aggiunta, presentino anche i requisiti richiesti per l’esercizio dell’opzione prevista dall’art. 24-bis del TUIR ovvero per la detassazione dei compensi prevista dall’art. 16 del D.lgs. 147/2015.

L’istante è una società italiana che prevede di assumere alcuni manager già dipendenti di altra società del gruppo a cui appartiene, i quali si trasferiranno in Italia scegliendo di avvalersi – ove ne sussistano i presupposti soggettivi ed oggettivi – di regimi fiscali di favore come quello degli impatriati (art. 16 D.Lgs. n. 147/2015) o quello per i “paperoni” (res non dom di cui all’art. 24-bis del TUIR), che consente l’applicazione di una imposta sostitutiva forfettaria pari a centomila euro su tutti i redditi di fonte estera.

Ciò premesso, il quesito proposto dall’istante si focalizza sul trattamento fiscale a cui assoggettare i piani di incentivazione di cui i suddetti manager sono destinatari da prima del trasferimento in Italia e di cui continueranno a essere beneficiari.

Una particolarità della fattispecie è che fa riferimento alla tassazione di due piani di incentivazione distinti, uno di tipo monetario, che prevede l’erogazione di un cash bonus e l’altro di tipo azionario, avente ad oggetto stock options.

A parere dell’istante, sia in caso di opzione ex art. 24-bis sia nell’ipotesi di applicazione della detassazione del compenso riconosciuta agli impatriati, i manager devono essere tassati in parte in Italia e in parte all’estero sulla base di una suddivisione che segue un criterio pro rata temporis, che pertanto consideri il trasferimento in Italia come spartiacque ai fini della capacità impositiva di un Paese o dell’altro.

Inoltre, nelle eventuali ipotesi di doppia imposizione, l’istante chiede il riconoscimento del credito d’imposta. Ricordiamo, difatti, che i due regimi fanno riferimento, rispettivamente, ai redditi prodotti all’estero e a quelli prodotti in Italia e, pertanto, è necessario individuare il luogo di produzione del reddito per definire correttamente il regime fiscale delle somme e valori corrisposti.

L’Amministrazione finanziaria muove da alcune considerazioni fondamentali e, in primo luogo, richiama il principio di cassa, in base al quale i compensi rilevano fiscalmente al momento dell’effettiva percezione da parte del lavoratore, ovvero al momento in cui escono dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente.

Nel caso delle azioni, il momento di effettiva percezione coincide con quello in cui è esercitato il diritto di opzione. In secondo luogo, l’Agenzia rimanda al “valore normale” come criterio di valutazione degli asset ex art. 9, comma 4 del TUIR.

Fatte tali premesse, l’Agenzia si concentra sulla fattispecie esposta nell’interpello e suddivide la risposta in tre sotto-ipotesi.

La prima si riferisce ai manager che trasferiscono la residenza in Italia senza avvalersi di alcun regime di favore. In tali circostanze, ad avviso delle Entrate, la società istante dovrà applicare la ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 23 D.P.R. n. 600/1973 sull’intero valore normale delle azioni, in caso di piano di incentivazione azionario o sull’intera retribuzione erogata, in caso di piano di incentivazione monetario. Eventualmente, aggiunge l’Agenzia, nel caso in cui il dipendente abbia già subito una tassazione all’estero, potrà chiedere il riconoscimento del credito di imposta.

La seconda ipotesi riguarda i manager che, trasferendosi in Italia, optano per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi di fonte estera ex art. 24-bis del TUIR.

Secondo l’Agenzia, i cd. “paperoni” si vedono applicare la ritenuta ex art. 23 D.P.R. n. 600/1973 sulla quota del cash bonus conseguita in virtù del piano di incentivazione monetario e direttamente riferibile alla prestazione di lavoro prestato in Italia (in caso di stock options, la ritenuta è applicata sul valore delle azioni assegnate al manager), mentre la quota parte relativa all’attività prestata all’estero rientra tra i redditi assoggettati all’imposta sostitutiva forfettaria.

Il terzo caso interessa quei manager che si trasferiscono dall’estero potendo beneficiare del regime degli impatriati. In tale ultima ipotesi, la riduzione dell’imponibile al solo 30% potrà essere applicata esclusivamente alla parte di retribuzione variabile percepita per l’adesione ai piani di incentivazione che sia però riferibile alla attività di lavoro svolta in Italia.

Al contrario, la quota di retribuzione variabile che, nonostante sia percepita dal dipendente in un momento successivo al trasferimento di residenza in Italia, debba riferirsi all’attività svolta all’estero, è esclusa dall’ambito di applicazione del regime di favore e sarà dunque tassata per l’intero, fatta comunque salva la possibilità di chiedere il riconoscimento del credito di imposta per le imposte pagate all’estero.

La tesi dell’Amministrazione appare condivisibile e non si discosta dalla soluzione proposta dall’istante. A prescindere dal richiamo al principio di cassa quale regola fondamentale per individuare il momento impositivo connesso all’erogazione di compensi incentivanti, quello che si può rilevare è la progressiva introduzione anche di un criterio di tassazione per competenza allorquando il contribuente possa beneficiare di regimi fiscali di favore che si rendono applicabili esclusivamente ad un determinato reddito prodotto in Italia ovvero all’estero.

In tali casi, come visto, la risposta dell’Agenzia delle Entrate si fonda sull’allocazione del reddito sulla base di un criterio pro-quota che consente di individuare il luogo di produzione dello stesso. Quanto ai criteri materialmente da seguire per operare detta ripartizione l’Amministrazione suggerisce di considerare il rapporto tra il numero dei giorni di lavoro precedenti al trasferimento in Italia e il totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni (o il cash bonus).

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sostituto-dimposta/quotidiano/2020/03/16/piani-incentivazione-manager-regime-fiscale-impatriati-res-non-dom

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