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Fake news: quando l’imprenditore può chiedere il risarcimento dei danni

Un finto video “postato” su un social network nel quale si diffondono false notizie a danno di un’impresa può dare diritto al risarcimento del danno? Secondo la giurisprudenza sì. Le fake news, infatti, superano il confine del diritto di critica in quanto rappresentano episodi non veri, ma diffusi come tali e che raggiungono in breve tempo un numero altissimo di persone. Oltre all’autore, che ne risponderà personalmente (se solvibile), l’impresa può essere indennizzata, a determinate condizioni, dal titolare/gestore del sito. Ma quale trafila deve seguire l’imprenditore per essere risarcito dai danni provocati da una fake news?

Le imprese possono chiedere il risarcimento dei danni causati dalla diffusione in rete di fake news ai loro danni. È quanto discende dalla sentenza del Tribunale di Torino n. 1375 del 21 aprile 2020, la quale ha formulato principi estensibili a tutto il mondo del web.

Occorre aggiungere che la giurisprudenza di merito si è già pronunciata a proposito delle recensioni offensive nei confronti di esercizi commerciali, ad esempio nel campo della ristorazione o del turismo. La sentenza torinese ha il merito di affrontare il nodo del rapporto tra diritto di critica e divieto di offendere.

Nel caso specifico si è trattato di un finto video “postato” su un social network, nel quale si diffondevano false notizie a proposito delle risorse finanziarie di un ente museale. In particolare, si è diffusa la notizia (non vera) del ricevimento di contributi a carico dell’erario pubblico italiano. Su questa base è stata costruita una critica ad una iniziativa riservata dal museo a favore di cittadini di lingua straniera, arrivando a sostenere una discriminazione dei cittadini italiani rispetto ai cittadini stranieri, pagata dai contribuenti italiani.

Il tribunale distingue la critica all’iniziativa di marketing dalla diffusione di circostanze oggettive non rispondenti al vero.

La critica, in effetti, essendo la manifestazione di un’opinione è soggettiva e non è mai analizzabile con il criterio vero/falso: ciò che pensa Tizio non è né vero né falso, al massimo è condivisibile o non è condivisibile.

Al contrario le fake news, si legge nella pronuncia, superano il confine del diritto di critica, perché rappresentano episodi non veri, ma spacciati per fatti genuini.

Il mezzo utilizzato (il web) amplifica gli effetti negativi e ciò per due ragioni.

La prima è la possibilità dei social network di raggiungere in breve tempo un numero altissimo di persone. La seconda ragione è rappresentata dal fenomeno della disintermediazione del servizio di informazione, con accantonamento degli editori professionali e conseguente azzeramento della loro funzione di controllo delle fonti e di verifica delle notizie.

Gli effetti negativi risultano a danno dei possibili fruitori delle notizie, privi di strumenti per separare ciò che è fasullo da ciò che è oggettivo e sviati dalla corretta considerazione di un determinato soggetto (ad esempio un’impresa).

Gli effetti negativi risultano anche a carico dei soggetti, la cui reputazione è indebitamente vilipesa.

Proprio su questo punto, la sentenza torinese mostra aspetti di novità, non solo a proposito della individuazione del fatto illecito, ma anche a proposito della quantificazione del danno. Pur se determinato equitativamente, la sentenza esprime considerazione a partire dalla possibile platea dei fruitori della notizia non vera, posta a base della critica accesa.

Per quanto questo elemento sia assolutamente congruo, è questo uno di quei casi in cui risulta più efficace un sistema di “danni punitivi”, poiché il sistema civilistico non può non tenere conto, in alcune materie, della efficacia di prevenzione generale derivante dalla applicazione della condanna al risarcimento del danno.

Tale aspetto ha assunto una acuita importanza successivamente all’intervenuta riscrittura del sistema penale portato dal Codice della privacy (D.Lgs. n. 196/2003) e, in particolare, alla decriminalizzazione della condotta di trattamento illecito dei dati personali, per lo meno nella configurazione risalente all’originario articolo 167 del medesimo codice.

Sempre a corroborare la richiesta di adeguamento dell’ordinamento verso una scelta di punitive damages c’è la considerazione che il danno, conseguenza immediata e diretta di una fake news, potrebbe realizzarsi in circostanze di tempo e di luogo distanti dal luogo e momento della visualizzazione della pagina che contiene la notizia falsa.

Peraltro, il problema vero è riuscire ad avere una rapida tutela inibitoria con la immediata limitazione della diffusione della notizia falsa.

È considerazione ovvia quella per cui un’azione di recupero reputazionale richiede tempo, energie e comunque corre sempre il rischio di non essere efficace o comunque non completamente ripristinatoria. Senza dimenticare l’alea derivante dall’oggettiva difficoltà di individuare l’autore della notizia falsa, molto spesso nascosto dietro appellativi di fantasia e pseudonimi.

Ovviamente in caso di identificazione l'autore ne risponderà personalmente, se solvibile.

Con riferimento, poi, al titolare/gestore del sito, bisogna valutare se si è limitato a fare da mero intermediario o se invece è intervenuto nella diffusione delle notizie. Se si riscontrano gli elementi di una elaborazione da parte del sito, allora, l'azione giudiziaria, anche con la procedura d’urgenza, potrà essere rivolta contro il titolare del sito. Bisogna considerare, a questo proposito, se il sito si limiti a ospitare i commenti altrui, oppure se li avvalori e ne rafforzi l’affidabilità. Indice di responsabilità del sito è il fatto che lo stesso si autodichiari fonte di informazione qualificata e affidabile e garantisce le recensioni come vere.

A questo proposito tornando alla fattispecie risarcitoria è, comunque, necessario rammentare che le piattaforme internet che ospitano recensioni sul conto di imprenditori devono rispettare l’impegno, che assumono, di verifica delle recensioni stesse (Consiglio di stato, sentenza n. 4976, pubblicata il 15 luglio 2019), cosicchè l’inosservanza di tale obbligo potrà essere contestato anche sul piano del risarcimento dei pregiudizi economici. D'altra parte si potrebbe ribattere che abbandonare il sito a contenuti per scelta esenti da alcun filtro potrebbe diminuire l'autorevolezza del sito stesso.

Conclusivamente, per l'imprenditore la trafila potrebbe essere così sintetizzata:

1. richiedere al sito la rimozione della recensione offensiva;

2. promuovere un'azione in via d'urgenza per la rimozione su ordine del giudice;

3. promuovere un'azione di risarcimento del danno.

Per il gestore del sito si pone la necessità di verificare che tipo di controllo e vigilanza effettuare sulle recensioni, avendo presente che un intervento sulle recensioni significa coinvolgimento nelle responsabilità.

Estremo

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/06/23/fake-news-imprenditore-chiedere-risarcimento-danni

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