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Dall’emergenza sanitaria ai 50 anni dello Statuto dei lavoratori: quale lezione per il futuro?

All’inizio di quest’anno si intravedeva all’orizzonte, tra le tappe più importanti, il 50° anniversario dello Statuto dei lavoratori. L’emergenza sanitaria di questi mesi non solo ha stravolto i piani per la celebrazione di questa legge, ma ha aperto la strada ad una serie di riflessioni. La solidità dello Statuto dei lavoratori emerge di fronte all’alluvionale decretazione d’urgenza che in questi mesi è diventata l’unico strumento di regolazione, con un impatto devastante anche sul mercato del lavoro. Oggi, sono maturi i tempi per uno Statuto dei lavori che restituisca centralità al lavoro in tutte le sue diverse declinazioni - autonomo, subordinato, parasubordinato, occasionale. Perché senza lavoro non ci può essere un futuro…

Quando all’inizio di quest’anno si facevano le prime previsioni e le prime analisi su quale sarebbe stato lo scenario che avremmo avuto davanti nel corso dell’anno, considerando la lieve ma costante ripresa dell’economia, le prospettive di una certa qual stabilizzazione delle più importanti riforme degli ultimi anni in materia di diritto del lavoro ancorché non organiche e accompagnate peraltro da una prima significativa giurisprudenza diretta a dare una importante battuta d’arresto allo sviluppo della Gig Economy (mi riferisco alla decisione della Cassazione sul caso Foodora che ha dato un duro colpo al capitolo delle collaborazioni organizzate dal committente nel nostro paese), si intravedeva all’orizzonte, tra le tappe più importanti dell’anno il 50° anniversario dello Statuto dei lavoratori. Una celebrazione importante per una legge che è riuscita a restare in tutti questi anni un granitico punto di riferimento del nostro diritto del lavoro e sindacale, ma che si è anche molto rinnovata grazie al costante lavoro della giurisprudenza che spesso ha anticipato importanti riforme: si pensi alla disciplina delle mansioni e dell’inquadramento contrattuale, alla disciplina dei controlli a distanza ma anche alla disciplina sulla rappresentanza sindacale. Per non parlare dell’art. 18 sulle conseguenze del licenziamento riconosciuto illegittimo che ha resistito fino alla riforma Fornero del 2012. Ma si pensi anche alla capacità che tale legge ha avuto di anticipare, attraverso i suoi più importanti principi, riforme di matrice comunitaria: il divieto di indagini sulle opinioni e la più ampia disciplina della privacy, il divieto di discriminazione diritta e indiretta. Certo alcune disposizioni non sono più attuali – ad esempio quella sulle guardie giurate e le visite personali di controllo – ma va detto che l’impianto generale ha resistito nel tempo divenendo un punto di riferimento ancora attuale per l’esercizio delle principali libertà sindacali e per lo stesso sistema delle relazioni industriali.

L’emergenza sanitaria di questi mesi ha però non solo stravolto i piani per la celebrazione di questa legge ma ha aperto la via ad una serie di riflessioni che proprio partendo dalla intrinseca solidità di questa legge ci mette davanti al fatto compiuto di una alluvionale decretazione d’urgenza che in questi mesi è divenuta l’unico strumento di regolazione di molti aspetti della nostra vita e che ha avuto un impatto a dir poco devastante sul mercato del lavoro. Anzi è proprio il caso di dire che l’occasione di celebrare i cinquanta anni dello Statuto dei lavoratori ci ha posto davanti agli occhi tutta l’urgenza di mettere mano finalmente ad uno Statuto dei lavori che restituisca centralità al lavoro in un mondo che è ormai molto diverso da quello di cinquanta anni fa. Il che oggi appare quanto mai necessario tenendo conto delle conseguenze delle misure di contenimento della diffusione del virus che sono sotto gli occhi di tutti.

I diritti fondamentali dei lavoratori sono ancora lì nello Statuto dei lavoratori, non vanno discussi ma è venuto il momento forse di presidiarli in modo più effettivo per tutelare il lavoro in tutte le sue forme: il lavoro dei giovani e il futuro delle nuove generazioni, oggi più che mai compromessi dalla vertiginosa discesa dell’economia in tutti i settori; la valorizzazione delle competenze in tutto l’arco della vita lavorativa e l’occupabilità in luogo dell’occupazione (abbiamo toccato con mano come la scuola e la formazione a distanza non siano per niente adeguati a garantire l’acquisizione e il mantenimento delle conoscenze ed esperienze indispensabili per supportare anche emotivamente l’ingresso della tecnologia e della robotica nel lavoro); la tutela degli anziani sia sul piano della valorizzazione del loro bagaglio di conoscenze – presupposto fondamentale per sostenere il passaggio generazionale, lo sviluppo cognitivo e le potenzialità creative delle nuove generazioni – sia sul piano della rivisitazione dei sistemi di welfare pubblici ripensando totalmente il sistema previdenziale e assistenziale. Le forme contrattuali flessibili, essenziali per sostenere gli andamenti ciclici dell’economia così come gli eventi straordinari di questi mesi. Solo per fare alcuni esempi.

Ciò che abbiamo sperimentato quest’anno non ha pari nella storia moderna – l’epidemia di spagnola di cento anni fa è arrivata alla fine della prima guerra mondiale in un mondo che non era industrializzato ed economicamente interconnesso come quello di oggi – e gli effetti si faranno sentire purtroppo per alcuni anni. Ci vogliono regole certe, solide, coordinate e coordinabili, mentre in questi mesi abbiamo sperimentato un modo di legiferare che ha creato problemi di interpretazione e di coordinamento in tutti i campi del diritto e non solo in ambito giuslavoristico. Nel nostro campo, peraltro, la decretazione emergenziale si è limitata ad aggiungere misure a carattere temporaneo che, sovrapponendosi alle norme ordinarie (si pensi alla disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi, alla disciplina delle assunzioni a termine o in somministrazione di lavoro, ma anche alla disciplina degli ammortizzatori sociali oggi corretta ulteriormente dall’ennesimo decreto legge) che hanno aggiunto in modo a-strutturale nuove previsioni a quelle già esistenti creando dei veri e propri corto circuiti interpretativi ed applicativi.

E così alle ordinarie regole che disciplinano i rapporti di lavoro - già di per sé complicate dall’assenza di riforme organiche e dall’aggiunta, negli ultimi anni, di disposizioni espressione di un orientamento politico piuttosto che di un altro – si sono aggiunte disposizioni ulteriori, non integrative ma sostitutive, valevoli per il tempo dell’emergenza e tuttavia profondamente modificative dell’organizzazione del lavoro e implicanti modalità di gestione del rapporto di lavoro che hanno complicato la fase del lockdown e che stanno ancora complicando la fase della ripresa che sarà lunga e difficile e che richiederà invece regole certe, semplici e soprattutto flessibili e di facile applicazione.

Lo Statuto dei lavoratori è nato in un momento storico e politico molto particolare, figlio di una fase dell’economia che non ha precedenti nella storia moderna, perché frutto del boom economico della seconda metà degli anni sessanta e dell’esigenza di rendere i lavoratori sempre più partecipi della crescita economica. Oggi, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria, sono ormai maturi i tempi per uno Statuto dei lavori che restituisca centralità al lavoro inteso da un punto di vista contrattuale e in tutte le sue diverse declinazioni, specchio dell’evoluzione della società e del contesto economico in cui ciascuno – autonomo, subordinato, parasubordinato, occasionale – possa trovare i principi per la regolazione del proprio futuro, perché senza lavoro non c’è futuro.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/07/18/emergenza-sanitaria-50-statuto-lavoratori-lezione-futuro

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