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Riforma delle pensioni: flessibilità in uscita al centro del confronto Governo e sindacati

Flessibilità in uscita, previdenza complementare e pensione di garanzia per i giovani. Sono questi i principali temi in discussione tra Governo e sindacati alla riapertura del “cantiere” per la riforma delle pensioni, in attesa della legge di Bilancio 2021. Soprattutto il primo tema, a causa degli effetti dell’emergenza Covid-19, ha assunto un ruolo centrale, dovuto al fatto che le diverse modalità di pensionamento anticipato si apprestano a diventare una vera e propria forma aggiuntiva di ammortizzatore sociale.

Sono ormai passati quasi 7 mesi dall’incontro tra Governo e sindacati del 19 febbraio 2020 riguardante la previdenza complementare. Si trattava dell’ultimo confronto di una prima fase di incontri tecnici, iniziati il 27 gennaio, mirati a introdurre la discussione tra le parti per progettare una riforma strutturale del sistema pensionistico italiano, anche alla luce della prossima scadenza della misura conosciuta come “quota 100”, che, trattandosi di una misura sperimentale, sarà in vigore fino al 2021.

L’incontro successivo si sarebbe dovuto tenere il 13 marzo, con l’illustrazione delle stime di costi e le simulazioni delle diverse ipotesi in discussione da parte della Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e l’avvio della trattativa tra le parti sulle questioni poste al centro della discussione, con l’obiettivo di finire i lavori entro settembre 2020.

Con la diffusione del Covid19, però, il tavolo di confronto sulla riforma del sistema pensionistico italiano è stato sospeso, per lasciare spazio ad altre occasioni di confronto, più urgenti, tra Governo e parti sociali, per far fronte all’emergenza, stravolgendo la tabella di marcia individuata dalle parti.

 

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Il cantiere della riforma delle pensioni, in ogni caso, dopo il blocco dei primi mesi, si è ufficialmente riaperto con il confronto tra Nunzia Catalfo e i sindacati del 28 luglio, in cui le parti avevano fissato due appuntamenti, per l’8 e il 16 settembre: il primo mirato a discutere il pacchetto di interventi da inserire nella prossima legge di Bilancio, il secondo a progettare soluzioni complessive di ampio raggio per una riforma organica del sistema.

Di fronte a tale situazione, appare necessario domandarsi come l'emergenza Covid19 possa influenzare il dibattito e le richieste sindacali, con il ritorno al tavolo (e nelle commissioni tecniche) delle parti sociali dopo la pausa estiva per discutere dei temi introdotti diversi mesi prima. Ripercorrere i temi principali affrontati può aiutare nel compiere questa operazione.

Il tema centrale della discussione è stato, e resterà sicuramente, quello della flessibilità in uscita. Per superare quota 100, scongiurando il rischio del c.d. “scalonedi 5 anni con un ritorno ai requisiti previsti nel 2011 dalla riforma Fornero, la proposta centrale che aveva cominciato a circolare nel dibattito (incontrando una forte resistenza da parte sindacale) consisteva nella c.d. “quota 102”.

In questo modo sarebbe garantita una nuova possibilità di pensionamento agevolato con 64 anni di età e 38 anni di contributi alzando quindi di 2 anni il requisito di età di quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi), con una parallela penalizzazione sul calcolo, che nel caso sarebbe interamente contributivo.

La linea sulla flessibilità in uscita promossa dai sindacati si sviluppava invece su un doppio canale: una prima proposta consisteva nella possibilità di uscita dal mondo del lavoro a partire dai 62 anni con un requisito contributivo che non superasse i 20 anni. Questo primo canale era affiancato da un’ulteriore opzione di pensionamento, basata esclusivamente sul requisito contributivo, una volta versati, da parte dei lavoratori, 41 anni di contributi, a prescindere dall’età.

Con gli effetti dell’emergenza Covid19, il tema assume un’ulteriore centralità, dovuta al fatto che le diverse modalità di pensionamento anticipato si apprestano a diventare una forma aggiuntiva di ammortizzatore sociale, come possibile tutela per numerosi lavoratori che saranno espulsi dal mercato del lavoro a causa delle conseguenze economiche del coronavirus.

Se all’inizio delle trattative uno degli elementi portati dai sindacati a sostegno di un’opzione strutturale che garantisse un vistoso abbassamento del requisito anagrafico rispetto ai requisiti ex Fornero, era dettato anche dalla possibilità di utilizzare i risparmi di quota 100, dato che nel 2019 solo la metà degli aventi diritto aveva utilizzato tale forma di flessibilità, le variabili in questo momento potrebbero fortemente cambiare.

Da quanto evidenziato nelle previsioni di Itinerari Previdenziali nell’Osservatorio sulla Spesa Pubblica e sulle entrate 2020 viene ipotizzato, per la seconda parte del 2020 e per il 2021, a causa delle ripercussioni della pandemia su molte attività un probabile incremento dei pensionamenti anticipati, sia per chi possieda i requisiti per accedere a quota 100, sia per chi possa fare domanda per altre forme anticipate quali l’APE sociale e Opzione donna. È probabile quindi che i sindacati spingano fortemente sull’elemento della flessibilità, facendo presente la necessità di non discostarsi nella struttura rispetto alle forme anticipate tuttora presenti, alla luce della nuova ulteriore “funzione” che sono destinate a ricoprire, di fronte agli effetti della crisi economica.

Altro tema al centro dei primi tavoli è stato quello riguardante la previdenza complementare. In questo caso, le proposte dei sindacati erano incentrate sulla riduzione della tassazione sui rendimenti annuali dei fondi previdenziali negoziali, la riapertura del semestre di silenzio-assenso e la necessità di una campagna di informazione istituzionale, per incentivare le adesioni dei lavoratori.

Si tratta di misure richieste per rilanciare le adesioni ai fondi negoziali, che in molti settori faticano a decollare. Risulta evidente che, dopo l’emergenza Covid19, occorrerà un ulteriore sforzo, in questa direzione, per rendere più “appetibili” i fondi di previdenza complementare, dato che, come evidenziano i primi dati statistici della COVIP sul primo trimestre 2020, i rendimenti medi delle forme complementari hanno risentito negativamente dell’andamento mercati finanziari in tale periodo, in particolar modo alla luce delle forti turbolenze nel mese di marzo.

Il lavoro delle parti dovrà quindi essere ancora più incisivo, considerando una possibile diminuzione dei flussi contributivi di fronte a risultati non incoraggianti come quelli di inizio 2020. Da questo punto di vista, i sindacati, per far leva su un intervento importante di supporto da parte dello Stato, hanno inoltre avuto modo di evidenziare, in questi mesi, l’avvio di importanti processi da parte dei fondi negoziali, a sostegno della ripresa e dello sviluppo del Paese, a partire dalla costituzione da parte di Assofondipensione e Cassa Depositi e Prestiti di specifici fondi destinati a investire in progetti con precise finalità sociali, occupazionali e ambientali.

Anche il tavolo aperto sulla pensione di garanzia dei giovani sconterà inevitabilmente gli effetti della crisi. La nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con i dati delle comunicazioni obbligatorie relativa al primo trimestre del 2020 segnala che è stata proprio la fetta più giovane del mercato del lavoro a risentire maggiormente dei primi effetti dell’emergenza sanitaria da Covid19, con un calo superiore al 13% dei nuovi contratti rispetto allo scorso anno.

Si tratta di dati che rischiano di aggravare pesantemente la situazione di partenza di un meccanismo che nasce per fornire un assegno pensionistico minimo anche di fronte a carriere lavorative discontinue, destinato a crescere in proporzione al numero degli anni lavorati. Da questo punto di vista, risulterà infatti ancora più complesso riuscire a conciliare, in termini di sostenibilità del sistema, misure pesanti sulla flessibilità in uscita (e sulla rivalutazione delle pensioni, dato che un altro tavolo era incentrato proprio su questo tema), per dare maggiori tutele ai pensionati di “oggi” e un contemporaneo intervento importante per fornire una tutela minima di garanzia ai pensionati di “domani”.

Il confronto è quindi destinato a ripartire dai principali punti al centro del dibattito bruscamente interrotto a inizio marzo, nell’ottica di una trattativa vera destinata a portare a risultati strutturali per il sistema pensionistico italiano.

L’emergenza Covid19 e i suoi effetti sull’occupazione rischiano però di rendere estremamente più complesso un dibattito che, al di là del comune intento delle parti di superare il sistema previgente, scontava già grosse difficoltà in termini di sostenibilità complessiva.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2020/09/23/riforma-pensioni-flessibilita-uscita-centro-confronto-governo-sindacati

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