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Vaccinazione dei lavoratori: obbligo o volontarietà? Si cerca una soluzione per le imprese

Da qualche mese il dibattito sembra polarizzato sulla campagna di vaccinazione nazionale e, in particolare, sulla obbligatorietà o meno della somministrazione del vaccino anti Covid-19 ai lavoratori. Il legislatore ha introdotto l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, confermando per gli altri lavoratori l’adesione al vaccino su base volontaria effettuabile anche presso i punti straordinari di vaccinazione istituiti nei luoghi di lavoro. Una dicotomia che non solo continua ad animare il dibattito dottrinale, ma è soprattutto foriera di implicazioni nella gestione dei rapporti di lavoro…

A seguito dell’avvio della campagna di vaccinazione nazionale si è acceso un vivace dibattito sulla possibile obbligatorietà della somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2/COVID-19 alla comunità lavorativa. Dibattito polarizzato principalmente sulla possibilità di configurare tale obbligo attraverso l’emanazione di una specifica disposizione o se, invece, esso sia già ricavabile dalle disposizioni vigenti a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nel pieno rispetto della riserva assoluta di legge prevista dall’art. 32 Cost. Secondo un primo orientamento, fondato su sfumature interpretative differenti, il datore di lavoro potrebbe esigere dai lavoratori la vaccinazione contro il Covid-19, a pena di licenziamento, a prescindere dall’intervento del Legislatore, sulla base dell’art. 2087 c.c., o dell’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008 oppure sulla lettura in combinato disposto degli artt. 279, commi 1 e 2, e 42 del TU. Delineando in quest’ultimo caso la possibilità, a fronte di un rifiuto del lavoratore all’inoculazione, dell’allontanamento temporaneo dello stesso, secondo le procedure dell’art. 42 del TU, o la risoluzione del rapporto di lavoro. Un’altra autorevole parte della dottrina, assumendo un atteggiamento prudenziale, ha asserito che l’art. 2087 c.c., letto in combinato con le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008, non soddisfarebbe la riserva costituzionale posta dall’art. 32, ai sensi della quale la legge dovrebbe prevedere in maniera specifica un trattamento sanitario obbligatorio. Posizioni note hanno invece richiamato le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008, ed in particolare l’art. 279 e le misure adottabili in applicazione di tale disposizione (quali l’adibizione ad altra mansione o l’allontanamento temporaneo ai sensi dell’art. 42 dello stesso d.lgs. n. 81/2008) con riferimento alle sole attività in cui l’esposizione al contagio sia configurabile come un rischio biologico specifico. Ciò varrebbe tanto più alla luce dell’inserimento, nell’allegato XLVI del D.Lgs. n. 81/2008, nella sezione VIRUS, della voce «Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2)(0a) - 3» con la relativa nota 0a. Per cui, il rifiuto alla vaccinazione anti COVID-19 dei lavoratori operanti in settori esposti al rischio biologico non costituirebbe infrazione disciplinare, sanzionabile dal datore di lavoro, bensì fungerebbe da presupposto per l’inidoneità alla mansione da ricondurre al sistema della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nello specifico alla sorveglianza sanitaria ex art. 41 del d.lgs. n. 81/2008. Diversamente, per gli altri ambiti di attività sarebbe più difficile immaginare la legittima adozione di dette misure. Tale conclusione è coerente con la tesi dalla dottrina lavoristica prevalente che ravvisa l’obbligo di aggiornamento del DVR a fronte del rischio Covid-19, proprio in quei settori esposti al rischio biologico specifico di cui al citato Titolo X, essendo invece sufficiente, negli altri ambiti caratterizzati da una esposizione al virus generica, la mera adozione del protocollo anti-contagio ai fini dell’esatto adempimento degli obblighi datoriali. A mitigare i termini della questione è stato - solo parzialmente e con ricadute applicative ed interpretative ancora tutte da valutare - l’auspicato intervento del legislatore che, con l’art. 4 del D.L. n. 44 del 1° aprile 2021 ha introdotto l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali. Obbligo imposto fino alla completa attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. L’art. 4 del D.L. n. 44/2021 disciplina, altresì, una dettagliata procedura per la sua concreta operatività, oltre che per l’adozione di specifiche misure in caso di inottemperanza. Infatti, l’adozione dell’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale da parte dell’ASL determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implichino contatti interpersonali o comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del Piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. A seguito di tale sospensione, al datore di lavoro è stato riconosciuto il potere di adibire il lavoratore renitente alla vaccinazione, ove possibile, a mansioni anche inferiori, che non implichino contatti interpersonali o che comportino in qualsiasi altra forma il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate. Il legislatore ha altresì previsto che, ove l’assegnazione a mansioni diverse per il periodo di sospensione non fosse possibile, al lavoratore interessato non debba essere corrisposta la retribuzione, nonché altro compenso o emolumento comunque denominato. Specifiche disposizioni sono state altresì previste a tutela dei lavoratori fragili. Per quanto riguarda invece la generalità dei lavoratori, a riconfermare la base volontaria dell’adesione alla somministrazione del vaccino anti COVID-19, in ossequio al dettato costituzionale ed al di là dell’obbligo statuito dal legislatore per gli addetti in sanità, è stato il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, siglato il 6 aprile 2021. L’iniziativa costituisce un’attività di sanità pubblica, che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti Covid-19, e grazie alla quale potranno essere vaccinati tutti i lavoratori che, a prescindere dalla tipologia contrattuale, prestano la loro attività in favore dell’azienda e che ne abbiano fatto volontariamente richiesta, nonché i datori di lavoro o i titolari. Possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione tutti i datori di lavoro - sia singolarmente sia in forma aggregata, e indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati – che nell’attuazione dovranno attenersi alle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, trasmesse con la circolare del Ministero della Salute del 12 aprile 2021. Il legislatore “pandemico” pare così aver adottato una soluzione “mediana” che, nel ricondurre la questione nell’ambito dei settori lavorativi esposti al rischio biologico specifico e con esclusivo riferimento alle categorie di lavoratori ad esso soggette, propende per una gestione del rifiuto a cavallo tra l’approccio prevenzionistico-cautelare e quello disciplinare, senza lasciare spazi formalmente aperti a misure espulsive. Prescindendo però dalla specifica scelta normativa, il dibattito denota come il rischio di contagio possa generare forti implicazioni anche nella gestione dei rapporti di lavoro, col rischio di polarizzare eccessivamente le posizioni delle due parti contrattuali. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2021/05/08/vaccinazione-lavoratori-obbligo-volontarieta-cerca-soluzione-imprese

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