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Crisi d’impresa: quali sono gli accordi negoziali stragiudiziali per il riequilibrio finanziario

Gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento e quelli di ristrutturazione dei debiti sono gli strumenti negoziali stragiudiziali previsti dal Codice della crisi d’impresa per garantire il risanamento della esposizione debitoria ed assicurare il riequilibrio finanziario. Entrambi garantiscono all’imprenditore la possibilità di uscire dallo stato di difficoltà economica proponendo ai creditori un piano che consenta il risanamento aziendale. Differente è, invece, il contesto in cui operano. Mentre nel caso degli accordi in esecuzione i creditori saranno pagati distintamente e sulla base della loro adesione al piano, l’accordo di ristrutturazione dei debiti, pur verificato dal giudizio del professionista indipendente, è omologato in tribunale. Se ne parlerà al Master Crisi d’impresa e dell’insolvenza, organizzato da Wolters Kluwer, al via dal 4 giugno.

Una delle tante novità portate dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), emanato in attuazione della legge n. 155/2017 che, salvo ulteriori differimenti non più auspicabili se non quelli allo studio della nuova commissione ministeriale (che dovrà provvedere ad integrare o sospendere l’efficacia delle norme di prossima entrata in vigore), riguarda la previsione organica di un sistema di strumenti negoziali stragiudiziali atti a garantire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. Strumenti per la risoluzione dello stato di crisi dell’impresa Fra questi spiccano gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento che consentono la risoluzione dello stato di crisi dell’impresa senza la procedura di omologazione del tribunale e quelli di ristrutturazione dei debiti che, altrettanto motivati nel fine, sono sottoposti alla omologazione del tribunale in base alla procedura descritta all’art. 44 del testo di legge. Tali strumenti garantiscono all’imprenditore, anche non commerciale nel caso dell’accordo di ristrutturazione ex art. 57 omologato in tribunale, ma non appannaggio dell’impresa minore che, invece, dovrà ricorrere al concordato minore, il rinnovato accordo del debitore descritto alla sezione III in materia di sovraindebitamento, di uscire dallo stato di crisi o insolvenza, proponendo ai creditori un piano che consenta il risanamento aziendale. La prima condizione di accesso riposa nello stato di squilibrio economico finanziario che assurge a requisito fondante e preliminare il rilascio della attestazione da parte del professionista indipendente, atto che va allegato, a pena di inammissibilità, alla proposta di piano di risanamento. La relazione ha il fine di assicurare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica (e non più giuridica secondo il decreto correttivo dello scorso ottobre) del piano, onde consentire al professionista di emettere il giudizio finale sulla validità del medesimo ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria.

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Accordi in esecuzione di un piano attestato e di ristrutturazione dei debiti I due strumenti differiscono essenzialmente nel distinto contesto in cui operano. Mentre nel caso degli accordi in esecuzione di un piano attestato, i creditori saranno pagati distintamente e sulla base della loro adesione al piano (i primi nei modi e nei tempi descritti nel piano, mentre quelli estranei individuando le risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza), l’accordo di ristrutturazione dei debiti, pur verificato dal giudizio del professionista indipendente, è omologato in tribunale laddove sia concluso con tanti creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti. In tal caso il trattamento dei creditori estranei all’accordo, soddisfatti integralmente, è specificato al comma 3 dell’art. 57 in base alla scadenza dei crediti esclusi: se il creditore estromesso dall’accordo omologato detiene crediti già scaduti alla data della omologazione, il piano dovrà assicurarne il pagamento nel termine di centoventi giorni da tale data; viceversa, laddove la posizione riguardi crediti non ancora scaduti alla data di omologazione, il pagamento dovrà essere assicurato entro un termine più lungo, pari a centoventi giorni dalla scadenza originaria del titolo. In buona sostanza la norma prevede che i creditori estranei all’accordo, che non abbiano partecipato nemmeno alla formazione del quorum per il raggiungimento della maggioranza fissata al sessanta per cento del primo comma dell’art. 57, potranno essere sottoposti ad una moratoria, id est una sospensione del pagamento, di almeno centoventi giorni, decorrenti dalla data di omologazione per i crediti già scaduti ovvero dalla futura data di scadenza se successiva al provvedimento del tribunale. Omologazione con maggioranza ridotta Ma v’è di più. Il Codice introduce una novella la cui portata è rilevante e della quale è auspicabile, anche in ragione della conclamata esistenza di una crisi economica diffusa e determinata da quella sanitaria, una immediata e piena efficacia che potrà essere garantita solo dalla entrata in vigore del testo come oggi stabilita. Ci si riferisce al meccanismo agevolativo dell’art. 60, e cioè la opportunità di consentire l’omologazione dell’accordo anche in presenza di una maggioranza ridotta alla metà di quella ordinaria ex art. 57, purché il proponente rispetti due condizioni: la riforma, spinta dal suo principio fondante che si esplicita nel risanamento in continuità aziendale ove possibile, consente all’imprenditore anche non commerciale che depositi un piano in cui non si chiede la moratoria dai pagamenti dei crediti estranei al piano e che non abbia o non intenda chiedere le misure protettive di cui all’art. 54 (provvedimenti cautelari che appaiano idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti dell’accordo come la sospensione o l’inibizione delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dell’impresa), di ottenere l’omologazione del piano anche con il voto favorevole del trenta per cento dei creditori coinvolti. La misura ha portata innovativa e, soprattutto, efficace quanto alla possibilità di raggiungere l’omologazione anche con una maggioranza ridotta e pari a meno di un terzo del ceto creditorio ammesso. Anche sul piano delle attestazioni, la previsione del decreto correttivo che ha ridotto il giudizio dell’attestatore a quello di veridicità dei dati aziendali e di fattibilità solo economica, lascia spazio ad ampie opportunità di utilizzare questi strumenti in un momento in cui il risanamento aziendale ed il governo di una crisi diffusa, rappresentano l’unica via d’uscita per una vera ripartenza di sistema. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/fallimento-e-procedure-concorsuali/quotidiano/2021/06/01/crisi-impresa-accordi-negoziali-stragiudiziali-riequilibrio-finanziario

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