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Formazione professionale: i rimedi contrattuali per “vincolare” il lavoratore all’azienda

La formazione dei propri collaboratori rappresenta oggi una delle priorità delle aziende: lo scenario macro economico che si è venuto a creare a seguito della pandemia ha evidenziato la necessità di adeguare le competenze professionali delle risorse umane, adattandole ai nuovi ambiti lavorativi che richiedono una forte competenza specialistica. Ma al di fuori della formazione obbligatoria per legge o per contratto, come può tutelarsi il datore di lavoro che decide di investire sulla formazione professionale nei confronti dei propri collaboratori dal rischio che, una volta terminato il percorso formativo, abbandonino l’azienda e si ricollochino nel mercato del lavoro? Il tema verrà trattato durante il Corso on line organizzato da Wolters Kluwer “PNRR: ripartire con le nuove politiche per il lavoro”, al via dal 19 novembre.

L’innovazione tecnologica, uno dei cavalli di battaglia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) impone alle aziende di inserire e formare figure professionali dotate di competenze sempre più specifiche, preservando nel contempo le risorse umane già presenti dal rischio di una precoce obsolescenza professionale. Ma l’esigenza della formazione è avvertita anche dagli stessi lavoratori, sia per essere maggiormente competitivi nel mercato del lavoro sia per mantenere e accrescere la propria professionalità all’interno dell’azienda, anche e soprattutto in un’ottica motivazionale. Quando si parla di formazione in azienda, possiamo in maniera schematica, sintetizzare le diverse tipologie.

Formazione obbligatoriaÈ la formazione che deriva da un obbligo di natura legale o contrattuale (formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro)
Formazione contrattualeÈ la formazione che trova la sia fonte istitutiva dal contratto collettivo o che deriva dalla tipologia contrattuale (per esempio nel caso del contratto di apprendistato dove la formazione trasversale e quella professionale sono elementi obbligatori ai fini della validità del rapporto)
Formazione condivisaÈ la formazione che viene concordata individualmente tra azienda e collaboratore, finalizzata all’incremento/adeguamento delle competenze specifiche collegate al ruolo/funzione
Al di fuori della formazione obbligatoria e contrattuale, dove l’adempimento formativo deriva da un obbligo di legge o contratto collettivo, per un datore di lavoro che investe molto sulla formazione condivisa/concordata dei propri collaboratori è del tutto evidente che si ponga l’esigenza di vincolare il lavoratore a restare in azienda per un periodo di tempo al termine del percorso formativo che consenta, quantomeno, di recuperare e ammortizzare da un punto di vista organizzativo, i costi legati alla sua formazione. C’è infatti il rischio che il lavoratore, formato a spese dell’azienda, acquisisca quelle competenze specialistiche necessarie e utili per riposizionarsi nel mercato del lavoro con la conseguenza che per il datore di lavoro, la formazione pagata non diventa più una opportunità ma solo un costo e un investimento a fondo perduto. Ma quali strumenti contrattuali si possono utilizzare per garantire il recupero degli investimenti connessi alla formazione dei lavoratori? Quali problemi si pongono da un punto di vista giuridico?
Per esaminare nel dettaglio le novità introdotte dalla norma attuativa del PNRR analizzando casi pratici ed eventuali criticità in modo organico e interattivo, iscriviti al “Corso online - PNRR: ripartire con le nuove politiche per il lavoro”.
Clausole di durata minima garantita Lo strumento contrattuale che consente di vincolare il lavoratore a restare in azienda per un determinato periodo di tempo ritenuto da quest’ultima utile ai fini dell’investimento fatto in termini formativi è rappresentato dalle clausole di durata minima garantita con penale per il caso di recesso. Si tratta di clausole, con le quali si stabilisce tra le parti che il rapporto di lavoro, a tempo indeterminato, avrà una durata minima durante la quale le parti non potranno recedere, salvo l’ipotesi della giusta causa. Secondo la giurisprudenza queste clausole, definite facoltative e che possono essere sottoscritte all’atto dell’assunzione o anche in un momento successivo, sono legittime a condizione che: - vincolino in egual misura anche il potere di recesso datoriale (entrambe le parti per la durata concordata non possono recedere dal rapporto); - vincolino solo il lavoratore ma rinvengano un corrispettivo nella natura della prestazione o in particolari investimenti economici e/o formativi del datore di lavoro. Ed ecco come, ai fini della validità delle clausole di durata minima, il “corrispettivoeconomico spettante al lavoratore può essere individuato nella formazione finanziata dal proprio datore di lavoro, e tali clausole possono essere utilizzate, ai fini che ci interessano, se accompagnate dalla previsione dell’obbligo, a carico del lavoratore, di rimborsare il datore di lavoro dei costi della formazione sostenuta in caso di recesso anticipato. Sulla legittimità di queste clausole di stabilità, la Cassazione (sentenza n. 1435 dell’11 febbraio 1998) ha stabilito che Il lavoratore subordinato può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso. Non contrasta pertanto con alcuna norma o principio dell'ordinamento giuridico la clausola con cui si prevedano limiti all'esercizio di detta facoltà, stabilendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l'ipotesi di dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima (nella fattispecie, il contratto era stato stipulato per l'assunzione di un pilota presso una compagnia aerea che si assumeva i costi dell'addestramento per il conseguimento dell'abilitazione a condurre un dato tipo di aeromobile). La medesima clausola non rientra neppure in alcuna delle ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 1341 c.c., per le quali è richiesta l'approvazione specifica per iscritto. Nella stessa sentenza si sancisce anche che nessun principio del nostro ordinamento impedisce alle parti del contratto di lavoro di porre a carico del lavoratore determinati costi del suo addestramento: l’autonomia privata non incontra alcun limite del genere, derivante da norme imperative, mentre la tutela del lavoratore è comunque garantita dai precetti costituzionali che assicurano una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Con specifico riferimento alla clausola di stabilità collegata all’erogazione della formazione si segnala la sentenza del tribunale di Velletri (sentenza n. 305 del 21/2/2017) che ha stabilito che il patto può essere ritenuto legittimo quando da parte dell’imprenditore sia stato sostenuto un reale costo finalizzato alla formazione del lavoratore e che quindi sia interessato “a poter beneficiare per un periodo di tempo minimo ritenuto congruo, del bagaglio di conoscenze acquisito dal lavoratore”. Ammessa e analizzata la legittimità della clausola, problemi semmai si pongono in merito alla determinazione della penale in caso di inadempimento da parte del lavoratore, fermo restando, comunque, che, ai sensi dell’art. 1384 c.c., la penale può essere diminuita equamente dal giudice: - se l’obbligazione principale è stata in parte eseguita; - o se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento. Elementi fondamentali della clausola Al momento della sottoscrizione dell’accordo che prevede la clausola di stabilità per un lavoratore inserito in un percorso formativo, si dovrà prestare attenzione a: - giustificare l’impegno assunto dal lavoratore, ponendolo in relazione agli oneri sostenuti dal datore di lavoro per la formazione; - fissare la data prima della quale il lavoratore non potrà recedere, salvo il caso di giusta causa di dimissioni (2119 c.c.); - prevedere l’obbligo del lavoratore del lavoratore, in caso di recesso anticipato, di corrispondere al datore di lavoro, a titolo di risarcimento, una somma corrispondente al costo sostenuto (e documentabile) per la formazione, salvo il maggior danno; l’importo potrebbe essere fissato in misura decrescente in relazione alla durata del rapporto di lavoro; - far sottoscrivere la clausola. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2021/11/08/formazione-professionale-rimedi-contrattuali-vincolare-lavoratore-azienda

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