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Salario minimo e cuneo fiscale: come tutelare i lavoratori senza gravare sulle imprese

I salari minimi per legge sono oggi presenti in 21 Stati membri. In 6 (tra cui l'Italia) i salari sono affidati alla contrattazione collettiva. E’ pertanto urgente adeguare anche l’ordinamento italiano, sebbene altrettanto importante risulta ridurre il costo del lavoro per non gravare significativamente sulle aziende. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dal taglio del cuneo fiscale per il quale il disegno di legge di Bilancio istituisce un Fondo di 8 miliardi di euro annui a decorrere dal 2022. Se ne parlerà nel corso del 10° Forum One LAVORO, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrina Per il Lavoro, in live streaming il 1° dicembre 2021.

Il salario minimo, che va distinto profondamente dal reddito di cittadinanza, la cui strutturazione in Italia risponde a logiche diverse da quelle a cui risponde l’esigenza di prevedere il riconoscimento di un salario minimo, e la riduzione del cuneo fiscale sono due argomenti che interessano il nostro panorama economico e lavorativo da sempre, negli ultimi anni sono stati compiuti molti passi in avanti che spesso però non hanno portato a dei risultati concreti. Salario minimo nell’Unione europea Il salario minimo esiste in tutti i principali Paesi membri dell'Unione europea ed è pertanto urgente adeguare anche l’ordinamento italiano, sebbene altrettanto importante risulta ridurre il costo del lavoro per non gravare significativamente sulle aziende. La scelta di affidare il compito di determinare il livello minimo alla legge o alla contrattazione collettiva è poi coerente con le tradizioni dei sistemi di relazioni industriali presenti nei singoli paesi. Nel Pilastro Europeo dei diritti sociali viene richiamato il diritto a una retribuzione equa e sufficiente e sono fissati i principi per determinare il salario minimo. Il Pilastro non prevede tuttavia una soglia minima europea. In Europa, da inizio 2020 è partita una consultazione delle parti sociali dei Paesi membri, per capire se sia opportuna una direttiva o un meno vincolante regolamento europeo sul salario minimo. Nel settembre 2020 durante il discorso sullo stato dell'Unione, la Presidente Ursula von der Leyen si è così espressa: “la verità è che per troppe persone il lavoro non è più remunerativo: il dumping salariale distrugge la dignità del lavoro, penalizza l'imprenditore che paga salari dignitosi e falsa la concorrenza leale nel mercato unico”. La svolta significativa è avvenuta il 28 ottobre 2020 con la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea presentata dalla Commissione, che rappresenta indubbiamente un momento di svolta nella politica sociale dell'Unione e, più in generale, nelle politiche europee.

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Contrattazione collettiva con livelli di salario più elevati I salari minimi per legge sono oggi presenti in 21 Stati membri, in 6 tra cui l'Italia i salari sono affidati alla contrattazione collettiva. La Commissione UE riconosce per prima che "i Paesi caratterizzati da un'elevata copertura della contrattazione collettiva tendono ad avere una percentuale inferiore di lavoratori a basso salario, salari minimi più elevati rispetto al salario mediano, minori disuguaglianze salariali e salari più elevati". Infatti, aggiunge, nel 2018, i salari minimi più elevati in rapporto ai salari mediani si registrano in due Paesi in cui la determinazione è affidata alla contrattazione collettiva, Danimarca e Italia, in cui il rapporto è vicino all'80%. La copertura dei contratti va dal 45% dei dipendenti a Cipro al 98% in Austria. In Italia, Danimarca, Finlandia e Svezia la quota della contrattazione collettiva sta tra l'80 e il 90%. Se si analizzano i 22 contratti rinnovati da sindacati e Confindustria negli ultimi 17 mesi, e se si estende l'analisi anche ai 30 più diffusi nei settori industriali, i numeri parlano chiaro. Rispetto alle richieste pendenti in Parlamento di fissare un salario minimo di 9 euro l'ora, il contratto metalmeccanico parte da un minimo di 10 euro l'ora per la qualifica più bassa fino a 16,31 euro per il livello più alto. Per la chimica, si parte da un minimo di 11,39 euro/ora fino a 20,16 per la qualifica più elevata. Inoltre, si registrano differenze nel salario anche rispetto al regime orario di lavoro e al tipo di contratto: i lavoratori a tempo parziale percepiscono un salario orario medio inferiore di oltre l'11% rispetto al totale. I lavoratori a tempo determinato scontano un salario mediano inferiore dell'8,7% rispetto al totale. Rispetto alla proposta attualmente in discussione al Parlamento corrispondente a 9 euro lordi. Si badi che si intende al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali. Il valore di 9 euro lordi, che non tiene in considerazione le mensilità aggiuntive che vengono erogate su base annua (come la tredicesima e l'eventuale quattordicesima) o i bonus erogati come premio. Cosa prevede la proposta di direttiva UE Per quanto riguarda gli obiettivi della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, come recita l'articolo 1, § 1, della stessa, “al fine di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell'Unione, la presente direttiva istituisce un quadro per: a) la determinazione di livelli adeguati di salari minimi; b) l'accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salari determinati da contratti collettivi o di un salario minimo legale, laddove esistente”. Quindi l'obiettivo principale è quello di fare sì che i salari minimi siano adeguati, indipendentemente dal loro meccanismo di determinazione. L’articolo 31 cita “i salari minimi sono considerati adeguati se sono equi rispetto alla distribuzione salariale del paese e se consentono un tenore di vita dignitoso”. ll quadro è chiaramente descritto, in via generale, nella Relazione che accompagna la proposta. Infatti, si afferma che “i salari minimi, pur essendo aumentati negli ultimi anni, rimangono troppo bassi rispetto ad altri salari o per garantire una vita dignitosa nella maggioranza degli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali nazionali. Uno degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 è incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”. Sicuramente un lavoro dignitoso per tutti riguarda la possibilità per l’uomo di poter avere uno stile e un tenore di vita adeguato alle sue esigenze e fabbisogni. L’altra faccia della medaglia sarebbe però l’aumento delle spese da sostenere per le imprese che escono da periodi duri legati alla pandemia in cui hanno dovuto fare i conti e, probabilmente, continueranno a farlo in molti casi con la diminuzione della domanda e del fatturato annuale. La pandemia ha colpito sia i lavoratori che le imprese che hanno dovuto ridefinire in poco tempo le loro priorità e le loro organizzazioni e al contempo la pressione fiscale non ha subito alcuna riduzione. Divario retributivo di genere e interventi della legge di Bilancio 2022 É certo che in numerosi paesi i miglioramenti della tutela garantita dal salario minimo comporterebbero una riduzione superiore al 10% della povertà lavorativa e delle diseguaglianze salariali e una riduzione pari almeno al 5% del divario retributivo di genere inoltre aumenterebbero anche la capacità di acquisto dei singoli rispetto alla domanda interna. Per quanto riguarda il contesto italiano il disegno di legge di Bilancio 2022 approvato il 28 ottobre dal Consiglio dei ministri prevede inoltre una disposizione a favore delle donne che lavorano e hanno figli: per il 2022 sarà riconosciuto un esonero dal versamento del 50% dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato. Lo sconto sarà applicato per un anno, a partire dal rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità. Si tratta di una disposizione che aumenterà il guadagno in busta paga, per un anno, per le donne che rientrano al lavoro dopo i mesi di maternità cosiddetta "obbligatoria". Questa manovra ha lo scopo di sostenere e aiutare l’economia e la società nell’uscita della crisi legata all’emergenza da COVID-19. Uno degli obiettivi di questa manovra è quello di “ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive”. Altri interventi sul cuneo fiscale La riduzione del cuneo fiscale e la revisione dell’IRPEF passano sicuramente attraverso un intervento su uno o più scaglioni di imposta. Sempre in un’ottica di riduzione del cuneo fiscale si sta lavorando anche alla revisione organica delle detrazioni per lavoro dipendente, importi che hanno la funzione di abbattere l’imposta lorda (determinata applicando gli scaglioni precedentemente descritti) in funzione dei costi sostenuti per recarsi al lavoro che attualmente variano a seconda del reddito complessivo del contribuente. Come sottolineato anche dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco nel corso della Giornata Mondiale del Risparmio del 21 ottobre scorso a Roma il DDL Bilancio “ha portato le risorse disponibili per la riduzione del prelievo fiscale a 8 miliardi; la riduzione del cuneo sul lavoro è uno degli obiettivi prioritari”. Un Fondo di 8 miliardi di euro annui a decorrere dal 2022 destinato a ridurre la pressione fiscale sui fattori produttivi, attraverso un abbattimento dell’IRPEF o dell’IRAP (o addirittura di entrambe) per il futuro ci auguriamo che ci sia per una ripresa economica effettiva del nostro paese. È fondamentale trovare una strada che sia equa sia per le imprese che per i lavoratori che quindi non impoverisca nessuna categoria e AIDP è da sempre pronta a fornire il proprio contributo in termini di idee e proposte rispetto a un tema di così rilevante portata, ormai divenuto strategico anche nella regolamentazione del lavoro nel nostro Paese.
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sostituto-dimposta/quotidiano/2021/11/26/salario-minimo-cuneo-fiscale-tutelare-lavoratori-senza-gravare-imprese

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