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Green pass “obbligatorio”. Un supporto per imprese, lavoro, economia

Ho sempre sostenuto l’obbligo vaccinale. E ho sempre affermato che il green pass era necessario per il mondo del lavoro. Finalmente, il D.L. n. 172 del 26 novembre 2021 ha inserito elementi di chiarezza, proibendo l’accesso al luogo di lavoro senza green pass (“semplice” o “rafforzato”) e stabilendo l’obbligo vaccinale per alcune categorie. È ora di scegliere, come hanno ormai fatto altri Paesi, di uscire da ogni ambiguità attraverso l’obbligo vaccinale perfettamente radicato nell’art. 32 della Costituzione che stabilisce che la salute è “interesse della collettività”. Tale scelta ci metterebbe al sicuro: dobbiamo attuare quelle politiche economiche e sociali del Next Generation Eu alle quali abbiamo ancorato il nostro futuro!

Era il 1° dicembre del 2019. Nella città cinese di Wuhan, nella provincia di Hubei, un uomo mostrò i sintomi di una polmonite anomala. Solo cinquantaquattro giorni più tardi, il 24 gennaio 2020, la rivista scientifica inglese The Lancet lo individuava come il primo caso di una malattia ancora senza nome che non aveva un legame epidemiologico noto e la Cina si risolse a rendere pubbliche le sequenze genetiche del virus causa della malattia alla quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità diede, finalmente, un nome l'11 febbraio: conoscemmo così la Corona Virus Disease 2019. La sigla Covid-19 divenne tragicamente, da allora, pervasiva nella nostra esistenza individuale e collettiva. Sarà, per lungo tempo, impossibile dimenticare quei primi giorni in cui il sospetto divenne incubo, inducendo il Governo italiano a dichiarare lo stato di emergenza il 31 gennaio 2020 e a disporre, il 21 febbraio le prime misure di quarantena e coprifuoco per alcuni Comuni della Lombardia e del Veneto, per giungere, la sera del 9 di marzo del 2020, al lockdown nazionale. Circa un anno dopo l’individuazione dei primi casi di Wuhan, il “Report sull’andamento della pandemia” - pubblicato il 21 dicembre 2020 dall’Osservatorio Covid-19 della nostra Associazione Lavoro&Welfare - riportava, per la settimana tra il 13 e il 19 dicembre, 112.308 contagi, con una media giornaliera di 16.044 casi e 4.411 decessi, 630 vittime al giorno. Poi è venuta la campagna vaccinale, lo sviluppo della quale, ancora un anno più tardi, ha fatto registrare, al 9 dicembre 2021, la somministrazione di 100 milioni di dosi di vaccino. Ma di fronte alla violenza del virus e alla sua rapidissima diffusione globale, la politica e la scienza, seppur tra esitazioni ed errori difficilmente evitabili in una situazione inusitata, ci hanno dato una concreta capacità di reagire e difenderci, sulla qualità della quale è giusto soffermarsi. Sul piano della scienza, il rapidissimo sviluppo di alcuni efficaci vaccini ha permesso di rallentare la diffusione del virus e, soprattutto, di abbatterne la mortalità. Su quello politico, i piani di intervento economico, industriale e sociale del piano Next Generation Eu rappresentano una grande reazione di solidarietà tesa allo sviluppo comune. Il Report Covid di Lavoro&Welfare della settimana tra il 5 e l’11 dicembre, evidenzia con chiarezza la differenza che i vaccini hanno rappresentato in un anno per il nostro Paese: se i contagi pareggiano, all’incirca, quelli di un anno fa (oltre 112mila), la mortalità è stata abbattuta. Nella settimana abbiamo una media di 88 vittime al giorno contro le 646 di un anno fa. La vittoria è lontana. I numeri dei contagi sono gravi. E una media di oltre 80 vittime al giorno ci pone di fronte a un problema culturale che si trasforma in questione politica. Perché quelle vittime sono, in stragrande maggioranza, non vaccinate. Non vaccinate per scelta. Una scelta originata da fattori diversi a seconda dei casi. È un discorso molto vasto che non possiamo trattare nel dettaglio in queste righe. Ma è necessario, comunque, osservare come questa forma di “abolizione della realtà” sia travalicata dalle originarie “bolle internettiane” a un livello meanstream del dibattito culturale. Certamente, è legittimo e anche giusto discutere dell’opportunità del mantenimento dello stato di emergenza. Se si vuole, anche doveroso in una democrazia vitale. Se, nota la filosofa Donatella Di Cesare, in un recente commento pubblicato su “Il Corriere della Sera” l’emergenza è un evento catastrofico, lo Stato d’eccezione “è dettato dalla decisione di una volontà sovrana. Anche chi non abbia letto i testi classici, su questi temi, sa ben distinguere tra una pandemia e un colpo di Stato […] Altra cosa è il giusto allarme e la legittima preoccupazione per uno stato d’emergenza istituzionalizzato che muterebbe l’ordinamento giuridico. Ma che senso può avere la battaglia contro il Green Pass? Dove sarebbe la discriminazione?”. E qui non possiamo non dissociarsi da chi ha equiparato la vaccinazione e il green pass alle discriminazioni razziali e allo sterminio nazista. Questo non significa, però, che non esistano aspetti discutibili. Personalmente, ho sempre sostenuto l’obbligo vaccinale. E ho affermato che il green pass è una misura con un carattere che si può definire “progressivo”, un pungolo, per indirizzare il cittadino alla vaccinazione di fronte ad ostacoli che incontra lungo il cammino evitandola. Era necessario farlo per quanto riguarda il mondo del lavoro. Anche perché c’erano oggettivamente delle incongruenze evidenti. Sono un avventore, vado al ristorante, ho l’obbligo del green pass, il cameriere che mi serve non ha lo stesso obbligo, per fare un esempio. E questo non poteva andare. Il D.L. n. 172 del 26 novembre 2021 ha inserito - a partire dal 6 dicembre - degli elementi di chiarezza, proibendo l’accesso al luogo di lavoro senza green pass (“semplice” o “rafforzato”) e stabilendo l’obbligo vaccinale per alcune categorie e la sospensione senza stipendio per i contravventori. È un dato di realtà che la pandemia procede e ci impegnerà, ancora, per un periodo non definibile durante il quale saremo costretti a “convivere”. La campagna vaccinale ha dimostrato la sua efficacia nel limitare fortemente il numero di vittime. La sua generalizzazione permette non solo di abbattere la mortalità connessa all’infezione. Mantiene in vita le attività economiche, ci permette di produrre, di lavorare, di mandare i nostri figli a scuola. Ed è tanto più strategica per permetterci, come stiamo facendo, di risalire dall’abisso economico nel quale eravamo precipitati nel 2020. Così come di attuare quelle politiche economiche e sociali del Next Generation Eu alle quali abbiamo ancorato il nostro futuro. È ora di scegliere, come hanno ormai fatto altri Paesi, di uscire da ogni ambiguità attraverso l’obbligo vaccinale - al quale ci ha evidentemente avvicinato il green pass “rafforzato”. L’obbligo è perfettamente radicato nell’art. 32 della Costituzione che stabilisce che la salute è “interesse della collettività”. Tale scelta ci darebbe modo di evitare, sul punto, ulteriori, inutili tensioni tra le parti sociali e tra esse e lo Stato e di concentrare il confronto e le energie sui grandi nodi che dobbiamo sciogliere per ricostruire il tessuto produttivo e sociale. A due anni dall’inizio della pandemia, abbiamo il dovere di fare del 2022 un anno decisivo per condurre una lotta coesa e determinata contro il Covid-19. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2021/12/18/green-pass-obbligatorio-supporto-imprese-lavoro-economia

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