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Ammortizzatori sociali: gli effetti collaterali della “protezione universale”

Il perdurare della pandemia ha suggerito al legislatore di rendere strutturale l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutti i datori di lavoro, indipendentemente dal numero degli occupati, scardinando quel principio di correlazione tra contributi versati e prestazioni fruite che ha governato fino al 2021 il sistema delle integrazioni salariali diverse da CIGO e CIGS, erogate dal FIS e dai pochi fondi bilaterali esistenti. Che cosa è ragionevole attendersi ora? Fino a quando i fondi bilaterali non avranno messo da parte risorse sufficienti, erogheranno prestazioni limitate. Ma questo non dovrebbe preoccuparci, almeno per il 2022 e per i datori di lavoro non coperti dai fondi bilaterali, perché soccorre il FIS, per il quale arriva una corposa sovvenzione dalla legge di Bilancio 2022. Basteranno questi stanziamenti? Ci auguriamo una risposta affermativa…

Su due considerazioni potevano trovarsi d’accordo estimatori e critici della riforma degli ammortizzatori sociali del 2015 (D.Lgs. n. 148/2015): la norma era scritta in modo chiaro e comprensibile e perseguiva un disegno coerente. Introduceva una netta separazione tra aziende ad elevata contribuzione ed elevate tutele (fondamentalmente le aziende industriali e quelle commerciali con più di 50 dipendenti) e aziende a contribuzione ridotta e prestazioni ridotte. Può dirsi altrettanto della riforma introdotta dalla legge di Bilancio 2022 (legge n. 234/2021)? Il modello previgente: ammortizzatori sostenibili L’impianto del D.Lgs. n. 148/2015 era molto chiaro nel dare attuazione ai principi di estensione degli ammortizzatori sociali già contenuti nella riforma della legge n. 92/2012: ai settori non coperti da CIGO e CIGS gli ammortizzatori dovevano essere estesi secondo un principio di correlazione tra contributi versati e prestazioni fruite dal singolo datore di lavoro. La loro protezione era affidata al FIS, Fondo di integrazione salariale e, ove costituiti, dai fondi di solidarietà settoriali. In sostanza, il datore di lavoro che contribuiva al FIS, prima di accedere alle integrazioni salariali, doveva fare i conti con l’ammontare dei contributi versati fino a quel momento, potendo contare da ultimo su una disponibilità di risorse pari a 10 volte la contribuzione accumulata. Questo principio aveva la duplice funzione, da un lato di non gravare l’INPS, e in ultima analisi la finanza pubblica, dell’onere di sostenere la prevedibile massiccia richiesta di ammortizzatori sociali da parte delle aziende di nuova inclusione; dall’altro, di sensibilizzare i datori di lavoro ad un utilizzo oculato delle risorse per far fronte a situazioni temporanee di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Nessun principio solidaristico, dunque, dietro il “vecchio” FIS, ma solo un sano principio di sostenibilità finanziaria del sistema allargato di ammortizzatori sociali.  Poi è arrivata la pandemia che ha reso necessario l’intervento pubblico per assicurare sussidi temporanei ad una platea vastissima di lavoratori, senza precedenti nella storia repubblicana, realizzato mediante ammortizzatori sociali variamente denominati (CIG, assegno ordinario, cassa in deroga), ma tutti accomunati da un ampio sostegno della finanza pubblica. Il perdurare della pandemia ha suggerito al legislatore di rendere strutturale l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutti i datori di lavoro, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati, scardinando quel principio di correlazione tra contributi versati e prestazioni fruite che ha governato fino al 2021 il sistema delle integrazioni salariali diverse da CIGO e CIGS, erogate dal FIS e dai pochi fondi bilaterali esistenti. Che cosa è ragionevole attendersi ora? Il nuovo modello: protezione universale Il nuovo modello di protezione universale punta tutto sul ruolo futuro dei fondi bilaterali. La riforma contenuta nella legge di Bilancio 2022 stabilisce, infatti, che entro il 31 dicembre 2022 le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulino accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, per la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i datori di lavoro che non rientrano nell’ambito di applicazione della CIGO, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le causali ordinarie e straordinarie. In sostanza, la riforma punta a creare un sistema “parallelo” a quello di CIGO e CIGS che intervenga per le medesime causali, per una durata minima non inferiore e nella stessa misura. Qualora i nuovi fondi bilaterali non vengano costituiti entro la fine del 2022, a decorrere dal 1° gennaio 2023 i datori di lavoro del relativo settore confluiranno nel FIS.  Anche i fondi di solidarietà bilaterali già costituiti, compresi i fondi alternativi (agenzie per il lavoro e artigianato) e i territoriali istituiti nelle province autonome di Trento e Bolzano, dovranno adeguare le proprie prestazioni a quelle di CIGO e CIGS, sia in termini di durata in base alle causali invocate, sia in termini di misura e massimale (art. 30, c.1-bis, D.Lgs. n. 148/2015). Dal 1° gennaio 2022 ai fondi bilaterali devono aderire tutti i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente. Nelle more dell’adeguamento dei relativi regolamenti, il Ministero del Lavoro ha stabilito che questi datori di lavoro “sotto soglia” rispetto alla previgente normativa debbano versare la contribuzione al FIS dell’INPS, destinato a divenire (o, per meglio dire, tornare ad essere) un fondo residuale (Ministero del Lavoro, circolare n. 1/2022). Il “nuovo” FIS Il FIS eroga gli assegni ordinari di integrazione salariale dal 1° gennaio 2022, con riferimento a tutti i datori di lavoro che non rientrino in altre tutele. Gli assegni sono riconosciuti con le stesse causali e per un importo identico a quelli dei trattamenti di cassa integrazione, ma nei limiti di durata sotto riportati: - ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a 5 dipendenti, una durata massima di 13 settimane in un biennio mobile; - ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di 5 dipendenti, una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile. Cambia anche la contribuzione di finanziamento al FIS, che è così elevata:- 0,50% per i datori di lavoro che occupino mediamente fino a 5 dipendenti e- 0,80% per i datori che occupino mediamente più di 5 dipendenti. Resta ferma la ripartizione dell’onere, per due terzi a carico del datore di lavoro e per un terzo a carico del lavoratore. Per attenuare l’incremento dell’onere contributivo, il legislatore ha stabilito per il solo anno 2022 uno “sconto” della contribuzione al FIS. Lo sconto temporaneo è più sostanzioso per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, tenuti anche (e non in alternativa) al finanziamento della CIGS con un contributo ulteriore dello 0,90%, come riepilogato nella seguente tabella.

 
 Dimensione occupazionale del datore di lavoroAliquotadi finanziamento 2022Aliquotadi finanziamento dal 1.1.2023
fino a 5 dipendenti0,15%0,50%
oltre 5 dipendenti0,55%0,80%
più di 15 dipendenti 0,69%0,80%
oltre 50 dipendenti (commercio turismo logistica) 0,24%0,80%
  Completano il quadro delle principali novità all’insegna dell’espansione della tutela: a) l’inclusione di tutte le categorie di lavoratori (tranne i dirigenti); b) la riduzione dell’anzianità minima di accesso dell’ammortizzatore da 90 a 30 giorni di lavoro effettivo; c) l’unificazione del massimale di intervento alla soglia più alta. A ben vedere, in realtà queste tre “modifiche espansive” sono state previste solo per CIGS e CIGO, cioè per i trattamenti del Titolo I del Testo Unico del 2015 e non per l’assegno ordinario dei fondi e del FIS, che sono regolamentati dal Titolo II. Tuttavia, il Ministero potrebbe confermare in via interpretativa l’estensione delle nuove regole ai destinatari dell’assegno di integrazione salariale in virtù della disposizione contenuta nell’art. 30, in base alla quale “all’assegno di integrazione salariale si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.” Qual è il costo per la collettività del nuovo modello? Nel modello riformato i fondi bilaterali dovranno assicurare tutele “lunghe” pari a quelle di CIGO e CIGS: esaurita l’esultanza, è forse utile chiedersi come potranno essere finanziate e a partire da quando. Il principio cardine di funzionamento dei fondi è contenuto nell’art. 35 del Testo Unico del 2015 e non è stato travolto dall’ultimo intervento riformatore: i fondi di bilaterali, compresi quelli alternativi e i territoriali, hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità. Ciò significa che, fino a quando i fondi bilaterali non avranno messo da parte risorse sufficienti, non potranno che erogare prestazioni limitate. Ma questo non dovrebbe preoccuparci, almeno per il 2022 e per i datori di lavoro non coperti dai fondi bilaterali, perché soccorre il FIS. E sappiamo che nel FIS è stata demolita la correlazione tra contribuzione versata e prestazioni erogabili: si offrono, dunque, 13 settimane di assegno di integrazione salariale a tutti i datori di lavoro (26 per quelli che occupano più di 5 dipendenti). E una corposa sovvenzione al FIS arriva dalla legge di Bilancio 2022 che assicura al Fondo con decorrenza dal 1° gennaio 2022 un trasferimento a carico dello Stato fino a 2 miliardi di euro (per l’esattezza 2047,4 milioni di euro) e di 400,4 milioni di euro per l’anno 2023 (art. 1, c. 255, legge n. 234/2021).Basteranno questi stanziamenti? Ci auguriamo tutti una risposta affermativa. Ma se così non fosse, si applicherebbe la ghigliottina dell’art. 35 del Testo Unico del 2015: obbligo di bilancio in pareggio e divieto di erogare prestazioni in carenza di disponibilità. In tal caso assisteremmo in un solo anno all’evoluzione dal modello dell’“ammortizzatore sostenibile”, a quello dell’ammortizzatore universale per finire al modello “televendita”, quello che assicura il beneficio solo ai primi fortunati che lo prenotano. Non è difficile prevedere come si faranno quadrare i conti del nuovo ambizioso modello di copertura universale: incremento dei contributi di finanziamento ai fondi bilaterali e al FIS, gravanti sui datori di lavoro e sui lavoratori, oppure ricorso all’ennesimo finanziamento pubblico a carico della fiscalità generale. Con rigorosa applicazione in entrambi i casi del citato “principio solidaristico”. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2022/01/25/ammortizzatori-sociali-effetti-collaterali-protezione-universale

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