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Smart working: come dovrà essere utilizzato e rimodulato dalle imprese dopo il 31 marzo

Pandemia e aumento della produttività delle imprese. Sembrerebbero due dati in antitesi tra loro, ma non è stato così nel periodo emergenziale, grazie alla massiva introduzione dello smart working. Le imprese hanno potuto verificare, in concreto, come un maggiore utilizzo del lavoro agile ha impedito l’interruzione della produttività, fino addirittura al suo incremento. Ma come dovrà essere utilizzato nel periodo post pandemico? Sarà sicuramente necessaria una rimodulazione, in quanto la prosecuzione della sola prestazione da remoto farebbe perdere il senso di appartenenza che solo le interazioni personali in azienda possono realizzare. Inoltre, con il termine della possibilità di avviare lo smart working semplificato, previsto per il 31 marzo 2022, la prestazione da remoto dovrà essere accompagnata da un accordo individuale sottoscritto tra datore di lavoro e lavoratore.

Il lavoro agile non è più una novità. Durante la pandemia da Covid-19 è stato sdoganato dall’angolo dove era rintanato dalla sua costituzione (giugno 2017), presente soltanto nelle multinazionali o comunque nelle grandi aziende, ed è stato scoperto anche dalle medio-piccole imprese che in Italia rappresentano il 90% del totale dei datori di lavoro. La crescita dello smart working durante la pandemia Durante la fase più acuta della pandemia quasi 9 milioni di occupati hanno lavorato da remoto (dati Inapp-Plus - Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche), riuscendo a ridurre le perdite e permettendo alle imprese di proseguire le proprie attività produttive. Il divario di crescita è stato impressionante se si pensa solo che nel 2019 gli smart worker italiani raggiungevano a mala pena la soglia dei 570mila. Lo scorso anno i dati si sono assestati in oltre 7,2 milioni utilizzatori di prestazioni smart. Sicuramente da questi dati possiamo dichiarare che lo sviluppo è dovuto principalmente all’emergenza sanitaria ma possiamo altresì affermare che passata la pandemia non rientrerà nei numeri del 2019. Il futuro del Lavoro agile dopo l’emergenza La conoscenza di questa ulteriore modalità nel rendere la prestazione lavorativa è stata altresì percepita favorevolmente anche dagli stessi datori di lavoro che hanno constatato, nella maggior parte dei casi, una inalterata produttività tra le due prestazioni (all'interno e all'esterno dell'azienda). In alcuni casi, addirittura, vi è stato un aumento della produttività dovuto al fatto che i lavoratori hanno voluto rassicurare i propri datori di lavoro sulla bontà delle prestazioni da remoto. Il proseguimento oltre la pandemia, di questa modalità organizzativa, dovrà sicuramente prevedere una rimodulazione stante il fatto che la prestazione smart deve essere contenuta rispetto alle prestazioni ordinarie in sede. Ciò in quanto, la prosecuzione della sola prestazione da remoto farebbe perdere il senso di appartenenza che solo le interazioni personali in azienda possono realizzare. Il lavoratore dovrà sempre e comunque sentirsi soggetto facente parte di una comunità e condividere con essa gli obiettivi che vengono, di volta in volta, dati. Dietro l’angolo ci può essere la sensazione di abbandono e di non compartecipazione ai progetti aziendali oltre che un isolamento sociale che non fa bene né al dipendente e né all’individuo. In considerazione di ciò, lo smart working deve essere, a mio avviso, solo una delle modalità per rendere la prestazione, affiancandosi alla modalità storica e diventando un completamento coerente con gli obiettivi dell'azienda e del lavoratore: da una parte continuare con una produttività efficiente, riducendo il costo del lavoro, e dall'altra arrivare a conciliare, per il lavoratore, interessi di natura diversa da quelli meramente lavorativi. Una corretta alternanza tra lavoro in azienda e prestazione da remoto può sicuramente favorire i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore. L’equazione è semplice: un dipendente più è a suo agio e coinvolto nelle dinamiche aziendali e più è produttivo. Inoltre, l’implementazione stabile del lavoro agile può attrarre nuova forza lavoro e motivare i dipendenti rendendoli più soddisfatti del proprio lavoro e delle proprie prestazioni. Ciò comporterà una fidelizzazione maggiore riducendo, così, il turnover (poco apprezzato dalle aziende). Questa flessibilità spazio-temporale dovrà comportare, nella gestione del rapporto di lavoro, la presenza indiscussa di questi tre sostantivi: Fiducia, Responsabilità e Autonomia. Il primo (fiducia) dovrà essere presente nella mentalità dei datori di lavoro che dovranno affidarsi alle capacità gestionali dei lavoratori. Il secondo e il terzo sono in capo ai lavoratori, i quali dovranno gestire in autonomia e responsabilmente le giornate di lavoro da remoto con la stessa consapevolezza delle prestazioni in presenza. L'autonomia e la responsabilizzazione riguardano gli obiettivi aziendali e personali, al fine di effettuare il giusto bilanciamento tra le attività lavorative e quelle familiari; avendo anche evidente che un'eventuale flessione della produttività potrà portare, in capo al datore di lavoro, la decisione di rivedere questa modalità organizzativa, facendo rientrare il lavoratore a tempo pieno in azienda e riducendo, così, quella conciliazione vita-lavoro che è alla basa delle scelte del lavoratore. Fine dell’emergenza e dello smart working semplificato A marzo prossimo scadrà l'ultima proroga dello Stato di emergenza e conseguentemente scadrà anche la possibilità di avviare il cosiddetto smart working semplificato. Per quanto sia un fautore della semplificazione, ritengo che indipendentemente dall'obbligo o meno, la prestazione da remoto debba essere sempre accompagnata dall'accordo individuale sottoscritto tra il datore di lavoro ed il lavoratore. La disposizione emergenziale era necessaria durante il lockdown e nell’immediatezza del post lockdown, per evitare che i lavoratori rientrassero in azienda. Oggi è diverso. L'attivazione dello smart working deve essere preceduta dalla stipula di un accordo. L'accordo è fondamentale per condividere con il lavoratore tutte le regole del gioco, affinché questi sia consapevole e consenziente su come debba avvenire la prestazione da remoto, cosa che, viceversa, non avviene in caso di invio unilaterale, da parte del datore di lavoro, di una email che evidenzia la necessità di effettuare la prestazione a distanza. È nell’accordo individuale che vengono scritte tutte le regole e vengono sottoscritte, firmate, dal datore di lavoro e dal lavoratore, il quale diventa, insieme al datore di lavoro, obbligato al rispetto delle regole che ha creato. Laddove queste regole non vengano rispettate, il datore di lavoro può far valere il suo potere disciplinare, che non riguarda soltanto le norme comportamentali previste dal codice disciplinare, che di per sé regolamenta la prestazione all’interno dei locali aziendali, ma anche le eventuali violazioni delle regole previste proprio nell’accordo di gestione del lavoro da remoto. La mancata condivisione delle regole può ingenerare un contenzioso tra le aspettative aziendali e quelle del lavoratore su come va gestita la prestazione a distanza. Nell’accordo sono presenti tutte le modalità di gestione della prestazione lavorativa da remoto: - come deve avvenire la prestazione lavorativa; - quali sono le modalità di interazione; - quali devono essere gli obiettivi; - come deve essere il luogo ove avverrà l’attività lavorativa da remoto, - qual è l’orario di lavoro e quando devono essere fatte le pause, - quali sono le modalità di disconnessione dagli strumenti informatici, - quali sono, in generale, i diritti e i doveri delle parti. Informazioni che non devono essere unilaterali ma condivise da entrambi. Ricordo che il datore di lavoro è sempre e comunque responsabile della salute e sicurezza dei lavoratori. Ma il legislatore dice anche un’altra cosa: “Il lavoratore è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure predisposte dal datore di lavoro” (articolo 22, comma 2, della Legge n. 81/2017). Quando queste misure sono inserite in un accordo condiviso con il lavoratore e cioè che il lavoratore le sottoscrive, approvandole, la cooperazione diventa un obbligo per il lavoratore stesso. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2022/02/05/smart-working-utilizzato-rimodulato-imprese-31-marzo

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