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Risarcimento del danno da Covid. Le aziende si possono tutelare?

Se ed in che misura vi possono essere forme di responsabilità del datore di lavoro a fronte della contrazione del virus Covid-19 da parte del dipendente sul luogo di lavoro? Ci sono delle difficoltà ad individuare forme di responsabilità diretta del datore di lavoro, perché è estremamente complesso accertare il luogo ed il tempo in cui il virus è stato contratto. E nel caso in cui venga riconosciuto l’infortunio sul lavoro, ci sono altrettante criticità per l’immediato riconoscimento di una tutela risarcitoria. Ma siccome sussiste sempre un rischio potenziale di domande risarcitorie, il cui contenuto non può essere definito preventivamente, le imprese possono, ove non lo abbiano già fatto, tutelarsi con coperture assicurative dedicate, per coprire il rischio da azioni risarcitorie.

All’indomani dell’inizio della pandemia e terminata la fase del lockdown, si è posto l’interrogativo del se ed in che misura vi potessero essere forme di responsabilità del datore di lavoro a fronte della contrazione del virus Covid-19 da parte del dipendente sul luogo di lavoro. Sotto questo profilo, al di là dei legittimi interrogativi, è apparso subito chiaro che vi fossero delle difficoltà a poter individuare forme di responsabilità diretta in capo al datore di lavoro. Tali criticità erano legate principalmente alle oggettive complicazioni connesse al raggiungimento della prova in ordine alla contrazione del virus sul luogo di lavoro. E allora è bene ricordare che ai fini della tutela indennitaria così come per quella risarcitoria l’onere della prova ricade in capo al lavoratore. Avendo a mente le caratteristiche del contagio e della ripartizione dell’onere probatorio, era, ed è, estremamente complesso accertare il luogo ed il tempo in cui il virus è stato contratto. In questo quadro solo le prestazioni sanitarie godono di un regime agevolato in materia di riconoscimento dell’infortunio da contagio, nella misura in cui si avvalgono di presunzioni semplici di origine professionale “considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus” (circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020). Fermo restando quanto sopra, in diverse sedi si è proseguito nel tentativo di far riconoscere l’infortunio sul lavoro in ipotesi in cui si siano verificati dei focolai d’infezione. Ebbene, in questo contesto, si stanno aprendo degli spazi e da tale riconoscimento la posizione aziendale potrebbe risultare indirettamente pregiudicata, con dei limiti. Sul punto è recente il pronunciamento dell’INAIL di Bologna che ha riconosciuto l’infortunio sul lavoro nell’ipotesi in cui nel periodo fra febbraio e marzo del 2021 in un’azienda hanno contratto il virus 50 lavoratori su 110. Nel caso di specie i contagiati operavano indistintamente negli uffici e nelle linee di produzione. Nella vicenda affrontata dalla sede di Bologna, le conseguenze del contagio sono state molto gravi per 2 lavoratori coinvolti: 2 familiari dei contagiati hanno perso la vita in seguito alle conseguenze dell’infezione. In quel caso, a quanto riferito dagli organi di stampa, erano state richieste dagli stessi lavoratori e dalle organizzazioni sindacali una serie di misure ulteriori per la tutela della salute quali le doppie mascherine, i turni scaglionati nelle mense, la fornitura di prodotti per igienizzare macchine ed utensili. Il tema che si pone, però, non è quello di determinare per quale ragione l’INAIL in quell’occasione o in altre abbia o meno riconosciuto l’infortunio, ma di ragionare in modo più ampio sullo scenario che potenzialmente si dischiude per la parte datoriale, a fronte del predetto accertamento. In particolare, la riflessione attiene alla possibilità che dal riconoscimento dell’infortunio possa derivare il diritto del contagiato al risarcimento del danno e di quale danno potrà essere richiedibile. Quest’ultimo aspetto assume rilevanza in un momento d’incertezza in cui, a tutt’oggi, sono in corso studi scientifici sugli effetti di lungo periodo connessi alla contrazione del virus. Contrariamente a quanto si possa ritenere, occorre ricordare che al riconoscimento della tutela indennitaria non corrisponde necessariamente il diritto al risarcimento del danno ulteriore in capo al lavoratore. Allo stesso modo dal riconoscimento della tutela indennitaria non consegue necessariamente una responsabilità penale per lesioni conseguenti all’infezione. Con riferimento alla responsabilità del datore di lavoro occorre ricordare quanto statuito, in modo pressoché unanime, dalla giurisprudenza in tema di responsabilità del datore di lavoro. L’art. 2087 c.c. non prescrive una forma di responsabilità oggettiva, essendo, in primo luogo, necessario il requisito della colpa intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione di misure idonee alla prevenzione del danno alla salute del dipendente. La giurisprudenza, però, precisa che non deve trattarsi dell’obbligo di garantire qualunque misura possibile ad evitare ogni tipo di danno, così da determinare un ambiente di lavoro a “rischio zero”. Non può, infatti, pretendersi dal datore di lavoro l’adozione di tutele per fronteggiare qualunque evenienza che sia fonte di pericolo per all’integrità psico-fisica del lavoratore: “è necessario, piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto”. Muovendo da questa distinzione fra i diversi aspetti rimangono immutate alcune criticità ai fini dell’immediato riconoscimento di una tutela risarcitoria conseguente al riconoscimento dell’infortunio. Ciononostante, le decisioni dell’INAIL aprono l’orizzonte ad una serie di potenziali richieste risarcitorie, il cui esito dipenderà, evidentemente, dalla sussistenza nei casi concreti dei requisiti di legge. Evidentemente un ruolo centrale sarà assunto dalla verifica del rispetto della normativa e dei protocolli di sicurezza anti-Covid oltre che dalla prova in ordine alla contrazione del virus sul luogo di lavoro. Un tema diverso ed ulteriore potrebbe essere legato alle voci di danno risarcibile. Sotto questo aspetto rimangono non del tutto esplorate le conseguenze sul lungo periodo dell’infezione da Covid-19 nelle sue differenti varianti. Sul punto potrebbero emergere nel corso del tempo richieste risarcitorie anche oggi non prevedibili nella misura in cui il quadro medico non è del tutto definito. In ultima analisi, il quadro appare ancora in divenire. Ma dal punto di vista aziendale non può non essere evidenziato un rischio potenziale di domande risarcitorie, il cui contenuto non può essere definito preventivamente e per il quale le aziende potranno, ove non lo abbiano già fatto, tutelarsi con coperture assicurative dedicate atte a coprire il rischio delle azioni risarcitorie. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sicurezza-del-lavoro/quotidiano/2022/02/26/risarcimento-danno-covid-aziende-possono-tutelare

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