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Licenziamento illegittimo: necessario un intervento del legislatore per tutele adeguate

Con la sentenza n. 183 del 22 luglio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarando inammissibili le censure del Tribunale di Roma sull’indennità prevista dal cosiddetto Jobs Act per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese segnalando che «un’indennità costretta entro l’esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l’esigenza di adeguarne l’importo alla specificità di ogni singola vicenda» e non rappresenta un rimedio congruo e coerente con i requisiti di adeguatezza e dissuasività. La Corte rivolge al legislatore un monito ad intervenire con urgenza in questa materia, predisponendo tutele adeguate.

Con la sentenza n. 183 del 22 luglio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarando inammissibili le censure del Tribunale di Roma sull’indennità prevista dal cosiddetto Jobs Act per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, ma rivolge al legislatore un monito ad intervenire con urgenza in questa materia, predisponendo tutele adeguate. Licenziamento illegittimo Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro fa cessare unilateralmente il rapporto di lavoro, a prescindere dalla volontà del dipendente. Nel nostro ordinamento sono previsti vari tipi di licenziamento: - per giusta causa, - per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo); - il licenziamento collettivo. Lo Statuto dei Lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970) ha introdotto con l’art. 18, la c.d. tutela o stabilità reale, ovvero la previsione della non validità del licenziamento privo di giustificazione con la sostituzione della sanzione alternativa reintegrazione pagamento di un’indennità, con quella della reintegrazione nel posto di lavoro, dunque stabilendo, in caso di licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che il lavoratore fosse protetto da una tutela reale. La tutela, non riguarda indistintamente tutti i lavoratori, ma solo quelli assunti da imprese che occupano alle loro dipendenze più di quindici dipendenti in ciascuna sede, oppure più di cinque lavoratori nel caso di imprese agricole. Successivamente (Legge n. 108/1990), l’applicazione della tutela obbligatoria è stata estesa a tutti i casi di licenziamento discriminatorio ed a tutti i datori di lavoro, con unica esclusione delle organizzazioni di tendenza, con più di sessanta lavoratori, anche se occupati in unità produttive con meno di quindici o con meno di cinque dipendenti se imprese agricole. Con la Riforma Fornero (Legge n. 92 del 28 giugno 2012) la materia dei licenziamenti è stata ulteriormente modificata fissando una serie di sanzioni graduate secondo diverse intensità in base al tipo di licenziamento illegittimo. Il Jobs Act (D.lgs. n. 23/2015) ha infine previsto che i rapporti di lavoro dipendente sorti successivamente al 7 marzo 2015 (dopo l’entrata in vigore della norma), sono soggetti al regime delle cosiddette “tutele crescenti” attraverso una correlazione tra la misura dell’indennizzo economico e l’anzianità aziendale. Per le imprese “piccole”, secondo il requisito che è individuato in materia di licenziamenti, la norma di riferimento è l’art. 9, che limita l’entità degli importi riconosciuti a titolo di indennizzo. In definitiva per le piccole imprese: - la reintegrazione nel posto di lavoro resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale; - negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 3 e un massimo di 6 mensilità.Attenzione: l’art. 9 si applica al datore di lavoro che non raggiunga i limiti dimensionali previsti all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970 ossia ai datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti. Tutele adeguate Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, che regola dunque l’indennità spettante nel caso di licenziamento illegittimo intimato da datori di lavoro che non possiedono i requisiti dimensionali previsti dalla normativa. In particolare, la disposizione censurata, «nella parte in cui determina un limite massimo del tutto inadeguato e per nulla dissuasivo», non garantirebbe «un’equilibrata compensazione» e «un adeguato ristoro» del pregiudizio e non assolverebbe alla necessaria funzione deterrente. Un’indennità così modulata rappresenterebbe «una forma pressoché uniforme di tutela» e attribuirebbe rilievo esclusivo al «numero degli occupati», elemento «trascurabile nell’ambito di quella che è l’attuale economia». Sentenza delle Corte Con la sentenza n. 183 del 22 luglio 2022, la Corte Costituzionale ha rilevato che «il limitato scarto tra il minimo e il massimo determinati dalla legge conferisce un rilievo preponderante, se non esclusivo, al numero dei dipendenti». Tale criterio, «in un quadro dominato dall’incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi», non è indicativo della effettiva forza economica del datore di lavoro e non offre neppure elementi significativi per determinare l’ammontare dell’indennità secondo le peculiarità di ogni singola vicenda. Spetta alla valutazione discrezionale del legislatore la scelta delle soluzioni più appropriate per garantire tutele adeguate. La Corte Costituzionale riconosce che un sistema siffatto non attua quell’equilibrato componimento tra i contrapposti interessi, che rappresenta la funzione primaria di un’efficace tutela indennitaria contro i licenziamenti illegittimi ed afferma la necessità che l’ordinamento si doti di rimedi adeguati per i licenziamenti illegittimi intimati dai datori di lavoro che hanno in comune il dato numerico dei dipendenti. La Corte ha dichiarato inammissibili le questioni prospettate in quanto non ravvisa una soluzione costituzionalmente adeguata, che possa orientare l’intervento correttivo e collocarlo entro un perimetro definito, segnato da grandezze già presenti nel sistema normativo e da punti di riferimento univoci. Tuttavia segnala che «il protrarsi dell’inerzia legislativa non sarebbe tollerabile» e pertanto, qualora la questione fosse riproposta, essa stessa provvederà direttamente a intervenire sulla disciplina censurata. Copyright © - Riproduzione riservata

Corte Costituzionale, Sentenza 22/07/2022, n. 183

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/07/23/licenziamento-illegittimo-necessario-intervento-legislatore-tutele-adeguate

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