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Rischio calore per le attività all’aperto: quali sono gli obblighi per la sicurezza dei lavoratori

Lo svolgimento delle mansioni all’aperto, soprattutto in presenza di alte temperature, comporta un aggravio dei rischi per la sicurezza e la salute che devono essere attentamente valutati dai datori di lavoro, i quali sono tenuti ad adottare le opportune misure di prevenzione e di protezione. In particolare, è obbligatorio valutare il microclima sia negli ambienti indoor che outdoor e, ove possibile, effettuare la rimozione dei rischi o, secondariamente, la loro riduzione attraverso una riprogettazione degli ambienti, nonché prevedere una diminuzione della durata dell’esposizione o una restrizione del numero di lavoratori esposti al rischio. Insieme al medico competente, si deve inoltre valutare la necessità di far effettuare ai lavoratori sottoposti a temperature elevate la relativa sorveglianza sanitaria, individuando eventuali soggetti sensibili.

In questa estate così torrida è fondamentale rivolgere un’attenzione particolare sia alle mansioni svolte all’aperto sia, in generale, a tutte le attività che possano subire un aggravio dei rischi in relazione alle alte temperature. Al riguardo sono anche intervenuti gli istituti previdenziali ed assicurativi INPS ed INAIL sia con un comunicato stampa che con un messaggio in merito alla possibilità di richiedere la cassa integrazione per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Ma quali obblighi sussistono dal punto di vista della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori? Valutazione del microclima In generale sappiamo che il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro. In particolare, tra i rischi specificati dalla normativa, è obbligatorio sempre valutare il microclima sia negli ambienti indoor che outdoor, come “agente fisico” che possa arrecare danni alla salute e sicurezza dei lavoratori. All’interno del decreto sulla sicurezza però, è assente uno specifico capo su tale rischio (differentemente da agenti quali rumore, vibrazioni meccaniche, ecc..) e non sono presenti neanche univoche indicazioni sulle modalità di valutazione. Per cui, si possono prendere a riferimento per tale valutazione sia norme tecniche internazionali o italiane che le linee guida elaborate dall’INAIL, ove applicabili. Ricordiamo comunque che l’obiettivo della valutazione è sempre quello di identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e di protezione. Il relativo documento di valutazione con data certa è da aggiornare con cadenza almeno quadriennale. In base alle risultanze della valutazione, si possono avere tecnicamente ambienti “non vincolati” o ambienti “vincolati”. Negli ambienti non vincolati non esistono dei limiti in grado di pregiudicare il raggiungimento delle condizioni di comfort. Per cui negli ambienti indoor ove non vengono svolte attività che richiedano sforzi fisici particolari, potranno e dovranno essere garantiti determinati parametri per raggiungere il benessere microclimatico. Negli ambienti vincolati, esistono delle restrizioni che possono derivare dalle condizioni relative alla temperatura o ad altre caratteristiche ambientali, ma anche legate alle attività metaboliche o sul vestiario da indossare, che pregiudicano le condizioni di comfort. Pertanto, in reparti produttivi al chiuso o in ambienti outdoor i parametri di comfort saranno più difficili da mantenere. In alcuni casi si parla di “ambienti di lavoro severi”, intesi come i luoghi ove non sia possibile garantire le condizioni di benessere e, pertanto, il datore di lavoro dovrà ricorrere ad ulteriori misure di prevenzione e protezione a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Perché il caldo è un rischio Il corpo umano ha una doppia temperatura: quella interna che rimane generalmente costante a circa 37°C e quella della cute e dei tessuti sottocutanei che può variare tra un massimo di 45°C ad un minimo, a seconda della parte del corpo, tra i 4 ed i 17° C. La funzione di termoregolazione serve a mantenere la temperatura corporea interna costante indipendentemente dalle condizioni climatiche esterne subite dall’organismo. Tale funzione è regolata in due modi: dalla vasodilatazione (attraverso i capillari che apportano maggior afflusso di sangue per aumentare lo scambio termico con l’esterno) e, secondariamente, dalla sudorazione (in caso di caldo) e dalla contrazione muscolare (in caso di freddo, i cd “brividi”). È evidente che, più le temperature esterne si allontanano dai parametri interni, più il corpo umano “fatica”. Le conseguenze, in caso di elevate temperature, possono comportare patologie quali sincopi, edemi, crampi, deficit idrico, collasso cardiocircolatorio, colpi di calore ed alterazioni cerebrali. Misure di prevenzione e di protezione Il principio generale è di verificare se sia possibile la rimozione dei rischi o, secondariamente, la loro riduzione attraverso una riprogettazione degli ambienti, una diminuzione della durata dell’esposizione o una restrizione del numero di lavoratori esposti al rischio. In alcuni ambienti, i rischi da temperature elevate, possono essere attenuati con l’utilizzo di condizionatori e/o deumidificatori (i cui filtri debbono essere oggetto di periodica pulizia o sostituzione) o l’impiego di ventilatori e con una adeguata circolazione dell’aria (evitando correnti d’aria che colpiscano direttamente i lavoratori). È obbligatorio che ogni lavoratore abbia a propria disposizione almeno 10 m3 di ambiente di lavoro (cubatura) e l’aria al suo interno venga spesso rinnovata. Nello svolgimento di attività in condizioni di rischio che non possano essere eliminati, il datore di lavoro si deve porre quale obiettivo l’integrità fisica e morale del lavoratore. Insieme al medico competente, si deve pertanto valutare la necessità di far effettuare ai lavoratori sottoposti a temperature elevate (o estremamente basse, per contro) la relativa sorveglianza sanitaria, individuando eventuali soggetti sensibili (e, a seguito della problematica epidemiologica da virus Sars CoV-2/COVID-19, anche i soggetti fragili): minori, persone con malattie croniche (ipertese, cardiopatiche, con diabete…), soggetti che assumono regolarmente determinati tipi di farmaci. Per tali soggetti il medico competente potrebbe rilasciare anche una idoneità parziale o una inidoneità alla mansione svolta costantemente ad alte temperature. Inoltre, è necessario individuare, oltre che attraverso la sorveglianza sanitaria, direttamente nello sviluppo della valutazione, eventuali gruppi di lavoratori ai quali possano essere interdette determinate attività, come ad esempio le lavoratrici in stato di gravidanza. Importante misura di prevenzione che può essere attuata da ogni singolo datore di lavoro sono delle chiare e semplici procedure da adottare durante la sollecitazione alle alte temperature. In tali procedure si può ad esempio prevedere o suggerire ai lavoratori, in base alle mansioni svolte e all’ambiente di lavoro oggetto dell’attività: - l’utilizzo di abbigliamento leggero (ove possibile compatibilmente con i dpi indossati); - la fornitura costante di acqua o altri integratori; - la possibilità di frequenti e costanti pause di lavoro, prevedendo ove possibile il riposo in ambienti con temperature più miti e/o al riparo dal sole; - il cambio di orario di lavoro in modo da svolgere le mansioni nelle ore più fresche della prima mattina o del tardo pomeriggio; - la possibilità di un periodo di acclimatazione progressiva alle temperature elevate in particolare per neoassunti o per lavoratori che rientrano da un periodo di assenza dal lavoro (per ferie, malattia o altro); - la frequente fornitura di dpi che con il caldo possono deteriorarsi (ad esempio le mascherine ffp2) o la sostituzione di dpi con dispositivi più confortevoli nel periodo caldo/freddo; - lo svolgimento delle attività in luoghi ombreggiati (ove presenti o realizzate dalla stessa azienda); - l’utilizzo di creme protettive per la cute; - l’adozione di corrette posture da variare durante l’arco di tempo (per modificare l’area della superficie corporea offerta allo scambio termico); - l’utilizzo di idonee dispositivi di protezione, ad esempio per gli occhi. L’azienda, redatte le procedure, può (o meglio deve) prevedere un momento sia di informazione con la consegna delle procedure a tutti i lavoratori che di formazione (sia dei lavoratori che dei loro rappresentanti e dei preposti che sovraintendono l’attività) con un aggiornamento sui rischi derivanti dall’esposizione a temperature elevate e sulle misure di prevenzione e di protezione adottate. Sospensione dell’attività lavorativa INPS ed INAIL sono intervenuti con una comunicazione congiunta del 26 luglio e nuovamente l’INPS con il messaggio n. 2999 del 28 luglio per ribadire e chiarire che le imprese svolgenti attività all’aperto (ad esempio cantieri edili, stradali, lavorazioni su tetti, facciate, o con l’utilizzo di materiale che si deteriori ad alte temperature) possono avanzare domanda di CIGO per temperature elevate con le stesse modalità degli altri eventi metereologici. La richiesta può essere presentata sia per temperature effettive o temperature percepite superiori a 35° C, sia nel caso in cui il “responsabile della sicurezza dell’azienda disponga la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive”. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/08/01/rischio-calore-attivita-aperto-obblighi-sicurezza-lavoratori

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