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Smart working con accesso prioritario: a chi spetta e quali sono le sanzioni per mancata attivazione

Priorità alle richieste di smart working presentate da lavoratrici e lavoratori disabili in situazione di gravità accertata, con figli fino a 12 anni di età, con figli disabili o caregiver. Sono le nuove regole previste dal D.Lgs. n. 105 del 2022. Si tratta di una priorità che deve essere garantita dal datore di lavoro soprattutto per non incorrere in sanzioni indirette, che comportano l’impossibilità di richiedere la certificazione della parità di genere e quindi l’accesso a bonus contributivi o bandi nazionali. Emergono, inoltre, alcune criticità nell’applicazione delle nuove disposizioni. In particolare, non è precisato il lavoro agile debba riguardare tutte le giornate di lavoro o può essere modulato in base anche alle esigenze dell’impresa. Come devono operare i datori di lavoro?

Il decreto Conciliazione vita-lavoro (D.Lgs. n. 105/2022) ha previsto, tra le altre cose, una norma che dispone, per taluni lavoratori, la priorità all’effettuazione della prestazione in smart working. La norma, per quanto sia politically correct, può creare non poche difficolta all’azienda che, in un periodo difficile da sopportare (difficoltà a reperire le materie prime ed aumento dei costi energetici), sta cercando di tornare ad una “normalità” produttiva. Ma andiamo per gradi. Priorità per lo smart working: a chi spetta La norma commentata è contenuta nell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 105/2022, che ha riscritto completamente il comma 3-bis, dell’art. 18, della Legge n. 81/2017 (normativa di riferimento per il lavoro agile). La disposizione prevede, che i datori di lavoro, sia pubblici che privati, devono riconoscere una priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile, qualora queste richieste vengano presentate da lavoratrici e lavoratori che appartengono ad una delle seguenti categorie: - disabile in situazione di gravità accertata (ai sensi dell'art. 4, comma 1, della L. 104/1992); - con figli fino a 12 anni di età; - con figli disabili; qualora il figlio abbia una minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, Legge n. 104/1992). - assistente familiare (caregiver) di soggetto che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé (ai sensi dell'art. 1, comma 255, della Legge n. 205/2017). Si tratta di assistenza e cura ad uno di questi soggetti: il coniuge, l'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o il convivente di fatto (ai sensi della Legge n. 76/2016), un familiare o un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi di disabilità grave o di titolarità di indennità di accompagnamento, un familiare entro il terzo grado. La premessa - che il legislatore poteva anche evitare vista l’obbligatorietà - è che la priorità a vantaggio dei lavoratori suindicati nasce qualora i datori di lavoro stipulino accordi per l'esecuzione dello smart working. Praticamente tutti, in quanto l’art. 19, della Legge n. 81/2017, dispone che “l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova”.

N.B. Si tratta, comunque, di una priorità e non di un diritto potestativo. Ciò sta a significare che se il datore di lavoro non intende stipulare accordi di smart working all’interno della propria azienda, questa priorità non si attiva.
Ambito di applicazione, con qualche criticità Vediamo quali possono essere le criticità della normativa. La disposizione non collega la validità della priorità alla compatibilità dell’attività lavorativa rispetto alla prestazione resa da remoto. In particolare, non è stato disciplinato il caso in cui le mansioni prestate dal lavoratore siano incompatibili rispetto ad una attività prestata al di fuori della sede aziendale. Ciò ponendo la priorità in capo a tutta la compagine dei lavoratori indifferentemente dalla previa verifica sulla compatibilità delle mansioni rispetto ad una prestazione da remoto. Sarebbe stato meglio che il legislatore avesse specificato che la priorità poteva originarsi esclusivamente qualora il datore idi lavoro avesse stipulato accordi di esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile all’interno dell’ambito lavorativo ove il lavoratore svolge le proprie attività (ufficio, settore, qualifica); ovvero previa verifica della compatibilità della prestazione lavorativa a distanza. Inoltre, la norma non specifica l’ampiezza della modalità di lavoro agile che deve essere attivata dal datore di lavoro nei confronti delle categorie di lavoratori suindicati, per rispettare la norma di legge. Mi spiego meglio: non è precisato se lo smart-working, qualora attivato su prescrizione del legislatore, debba necessariamente riguardare tutte le giornate di lavoro o può essere modulato in base anche alle esigenze del datore di lavoro. In pratica, non è chiaro se la stipula di un accordo di lavoro tra le parti debba riguardare l’intero periodo di esecuzione del rapporto di lavoro (tutta la settimana) ovvero anche solo quota parte, ad esempio per due giorni la settimana. Ritengo che la soluzione da preferire sia la seconda, al fine di contemperare sia le esigenze del lavoratore che quelle dello stesso datore di lavoro. Sanzioni indirette Faccio presente che il legislatore ha disposto una serie di sanzioni indirette qualora il datore di lavoro non provveda ad attivare il lavoro agile per quei lavoratori richiedenti tale modalità e per i quali è presente la suddetta priorità. L’eventuale rifiuto o un qualsiasi ostacolo, posto dal datore di lavoro, alla fruizione del lavoro agile, ove rilevato nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere o ad analoghe certificazioni previste dalle Regioni e/o dalle Province autonome, impediscono all’azienda il conseguimento delle stesse certificazioni. Ricordo che il possesso della certificazione della parità di genere, prevista dall'art. 46-bis, del D.Lgs. n. 198/2006 (codice delle pari opportunità tra uomo e donna), permette una serie di benefici per le aziende private, ad iniziare dal diritto ad un bonus contributivo previdenziale mensile, non superiore all’1% della contribuzione complessivamente dovuta dal datore di lavoro (resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche), entro il limite massimo di 50.000 euro annui per azienda. Per cui, un eventuale diniego alla richiesta del lavoratore di aderire al lavoro agile può comportare la perdita del beneficio contributivo. Inoltre, le aziende certificate hanno un punteggio premiale sia nel caso partecipino a bandi per fondi nazionali e comunitari, sia nelle procedure di affidamento di appalti pubblici. Punteggi che non verranno quantificati in caso di comportamenti in violazione alla disposizione prevista dal comma 3-bis, dell’articolo 18, della Legge 81/2017. Infine, il legislatore fa presente che la lavoratrice o il lavoratore che richiede di utilizzare il lavoro agile come modalità di effettuazione della prestazione lavorativa non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualora il datore di lavoro adotti una delle misure suindicata, detto comportamento sarà considerato ritorsivo e discriminatorio e come tale sarà nullo. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/09/07/smart-working-accesso-prioritario-spetta-sanzioni-mancata-attivazione

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