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Negoziazione assistita nelle controversie di lavoro: invio dell’accordo alle commissioni di certificazione

L’estensione alle controversie in materia di lavoro della negoziazione assistita recupera il necessario equilibrio richiesto dalla indisponibilità dei diritti del lavoratore subordinato, con la previsione del controllo dell’accordo raggiunto da parte di una commissione di certificazione. E’ quanto previsto dall’intervento della Commissione Giustizia del Senato, a modifica allo schema di decreto legislativo della negoziazione assistita, che accoglie le istanze del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro. Viene quindi garantita una oggettiva verifica della consapevolezza delle scelte delle parti in causa, senza invalidare l’efficienza e la celerità del procedimento di negoziazione, essenziale ai fini del raggiungimento dei fini dichiarati di deflazione del contenzioso.

La Commissione Giustizia del Senato nel concludere l’esame del testo della riforma del processo civile (D.lgs. Giustizia, attuativo della delega assegnata dalla legge 26 novembre 2021, n. 206), ha modificato lo schema di decreto legislativo della negoziazione assistita, accogliendo le istanze del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro e indicando al Governo la necessità di prevedere la certificazione degli accordi. La negoziazione assistita in materia di lavoro Come noto, nel progetto di riforma della giustizia civile (l. n. 206/21) è ricompresa, tra le misure alternative per la risoluzione delle controversie, l’estensione della possibilità del ricorso alla negoziazione assistita anche alle controversie in materia di diritto del lavoro subordinato, eventualità prima espressamente vietata dal D.L. n. 132/14, convertito dalla legge n. 162/14. A conferma della peculiarità dei diritti in gioco, che possono coinvolgere anche quelli, normalmente considerati indisponibili, dei lavoratori subordinati, il progetto della norma già aveva previsto la necessità della presenza di un avvocato per ognuna delle parti (mentre la negoziazione civile ordinaria può validamente essere assistita anche da uno soltanto per entrambe le parti), nonché la possibilità, rilasciata alla volontà delle parti, di farsi assistere anche da un consulente del lavoro. La particolarità del regime dei diritti del lavoratore subordinato La gestione di un istituto come la negoziazione assistita, e la sua applicazione al diritto del lavoro, ha sempre destato più di una riflessione, legata alla peculiarità del regime cui soggiacciono i diritti fondamentali dei lavoratori subordinati, di norma considerati indisponibili, e negoziabili, ai sensi dell’art. 2113 del codice civile, soltanto nelle “sedi protette” (davanti al giudice del lavoro, presso le commissioni di conciliazione presso l’ispettorato del lavoro, presso quelle delle commissioni di certificazione, in sede sindacale), laddove la presenza di un organo terzo, sovraordinato alle parti ed ai loro interessi particolari, garantisce la tutela della consapevolezza del lavoratore rispetto alle conseguenze delle sue decisioni, e dunque la validità dell’accordo e del suo eventuale contenuto di rinuncia rispetto ai diritti medesimi. La preoccupazione del legislatore Si trattava di preoccupazioni talmente fondate, ed oggettivamente condivisibili, che il legislatore delegato si è raccomandato che all’accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita in materia di lavoro venisse assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’art. 2113, quarto comma, del codice civile (art. 1, co. 4, lett. q della legge delega n. 206/2021). Ciò perché nonostante la natura privatistica dei rapporti di lavoro e dei diritti in gioco, è apparso immediatamente evidente che il particolare regime di indisponibilità dei diritti del lavoratore subordinato, fissato dall’art. 2113 c.c., non potesse essere trascurato, configurandosi, la materia del lavoro, ontologicamente diversa, quanto alla posizione ed alla tutela del lavoratore-contraente debole, rispetto alla gestione dei diritti privati tout court. La scelta adottata Dando seguito alle predette istanze, e nello specifico, in conformità a quella che era stata la proposta, puntuale, da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, la Commissione Giustizia del Senato ha invitato il Governo a provvedere a modificare l’emanando testo di legge, prevedendo che l’accordo raggiunto all’esito della procedura di negoziazione, in applicazione del quarto comma dell’art. 2113 del codice civile, venga “trasmesso, a cura di una delle due parti, entro dieci giorni ad uno degli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. Ciò, come testualmente riportato dal parere approvato dalla Commissione, “al fine di offrire una soluzione mediana utile a contemperare la volontà del legislatore di estendere lo strumento della mediazione al contenzioso del lavoro e la necessaria tutela delle parti in causa (e in particolar modo del lavoratore)”. Si tratta di un’opzione doverosa, che restituisce alla negoziazione dei diritti del lavoratore subordinato quella garanzia di stabilità ed effettività, assicurata da una oggettiva verifica della consapevolezza delle scelte, che non invalida l’efficienza e la celerità del procedimento di negoziazione, essenziale ai fini del raggiungimento dei fini dichiarati di deflazione del contenzioso. Peraltro, come già osservato proprio da queste pagine, la soluzione prospettata non fa altro che mutuare quanto già vigente nell’ambito del diritto di famiglia, giusto il “nulla osta” richiesto dall’art. 6, secondo comma, del D.L. n. 132/14, convertito dalla l. n. 162/14, per cui alla coerenza con l’impianto dell’art. 2113 c.c., e la necessità di non stravolgerne il portato di tutela che la norma reca, si unisce la compatibilità con la stessa disciplina della negoziazione assistita avente ad oggetto diritti indisponibili. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/09/17/negoziazione-assistita-controversie-lavoro-invio-accordo-commissioni-certificazione

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