• Home
  • News
  • Cumulo di impieghi nel lavoro subordinato: quando è possibile e quali sono i limiti

Cumulo di impieghi nel lavoro subordinato: quando è possibile e quali sono i limiti

Il decreto Trasparenza prevede e disciplina il diritto del lavoratore subordinato a svolgere una o più attività lavorative al di fuori del proprio orario di lavoro. Ma quali sono i limiti che possono essere posti al cumulo di impieghi? In particolare, il datore di lavoro può limitare o negare lo svolgimento di un’altra attività qualora vi sia un pregiudizio per la salute e la sicurezza, per l'integrità del servizio pubblico o nel caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà. Valutazione che deve essere fatta dal datore di lavoro in modo oggettivo ovvero sulla base di situazioni concretamente e dimostrabili, come chiarito dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 19 del 2022.

L’obbligo di fedeltà in costanza di rapporto di lavoro è uno dei principali obblighi che gravano in capo al lavoratore subordinato. L’art. 2105 c.c., sotto la rubrica “Obbligo di fedeltà”, prevede in capo al prestatore di lavoro l’obbligo di non trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore e di non divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa o di farne uso in modo da recare ad essa pregiudizio. La disposizione legislativa contiene due ordini di divieti: - il divieto di trattare affari in concorrenza con l’impresa che possano provocare danni; - il divieto di divulgare notizie riservate che potrebbero pregiudicare l’impresa. La violazione dell’obbligo di fedeltà costituisce una ipotesi di giusta causa di licenziamento, per la quale non è necessaria la previsione del codice disciplinare, e può, ricorrendone le condizioni, legittimare anche un’azione di risarcimento dei danni nei confronti del lavoratore. Secondo la giurisprudenza, integrano la fattispecie vietata e possono legittimare il licenziamento condotte quali: - la costituzione di una società concorrente; - l’acquisizione in proprio o per interposta persona di quote di una società concorrente; - l’accettazione di regali da parte dei fornitori dell’azienda tali da indurre a favorire nelle trattative l’interesse dei fornitori anziché quello del datore di lavoro; - lo storno dei dipendenti e della clientela. Per quanto riguarda il divieto di trattare affari in concorrenza con l’impresa, la giurisprudenza ritiene configurabile l’ipotesi vietata ogni qualvolta il dipendente tenga un comportamento tale da scuotere la fiducia datoriale, anche se il danno è solo potenziale. L’espressione “trattare affari” di cui all’art. 2105 c.c. evoca, comunque, l’esercizio di una attività che sia connotata da un minimo di continuità, oltre che di stabilità. Il divieto di svolgere attività in concorrenza permane anche: - durante il preavviso, in quanto il rapporto di lavoro è ancora in essere; - durante i periodi di sospensione del contratto e della prestazione lavorativa (ammortizzatori sociali, malattia, infortunio, ferie); - in pendenza della causa concernente la legittimità del licenziamento, quando sia stata richiesta la reintegrazione nel posto di lavoro. Il divieto previsto dall’art. 2105 opera poi soltanto durante il rapporto di lavoro, potendo le parti prevedere, per il periodo successivo alla cessazione del rapporto, un apposito patto di non concorrenza (art. 2125 c.c.). Non vi è invece violazione del divieto quando l’attività svolta non possa dirsi concorrenziale, nemmeno potenzialmente, con quella svolta dal datore di lavoro. Ed è qui che è intervenuto l’art. 8 del D.Lgs. n. 104/2022 ai sensi del quale “Fatto salvo l'obbligo previsto dall'articolo 2105 del codice civile, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, ne' per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole. 2. Il datore di lavoro può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro qualora sussista una delle seguenti condizioni: a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; b) la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico; c) il caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all'articolo 2105 del codice civile. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche al committente nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile e di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. 4. Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavoratori marittimi e ai lavoratori del settore della pesca. Campo di applicazione Il cumulo di impieghi, ovvero la possibilità del lavoratore di svolgere altre attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro ordinario (programmazione dell’attività lavorativa) trova applicazione: - a tutti i rapporti di lavoro subordinato, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, nei quali viene identificata la figura del datore di lavoro; - ai rapporti di collaborazione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. e di cui all’art. 2 comma 1, d.lgs. 81/2015 nei quali viene identificata la figura del committente. Con particolare riferimento ai rapporti di collaborazione si ricorda che per espressa previsione di legge sono richiamati: - l’art. 409, n. 3, c.p.c: rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; - l’art. 2, c. 1, D.lgs. 81/2015: i rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, ivi compresi i collaboratori le cui prestazioni siano organizzate mediante piattaforme digitali. Con riferimento all’art. 409, n. 3, c.p.c., è auspicabile un intervento chiarificatore per quanto riguarda l’eventuale limitazione per i rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale: così come è scritta la norma sembrerebbe far rientrare nella nuova disciplina anche gli agenti monomandatari ovvero quegli agenti di commercio che, con apposita clausola contrattuale, si impegnano a svolgere la propria attività in collaborazione esclusiva con un solo preponente, con la conseguenza che non possono assumere incarichi con preponenti diversi da quello per cui risulta vincolato dalla clausola di monomandato e per i quali è irrilevante che gli eventuali altri mandati siano per zone o prodotti difformi da quelli trattati dal preponente. La clausola di monomandato, infatti, prescinde totalmente da un rapporto di concorrenza tra il preponente unico del monomandatario e gli altri imprenditori con cui questi possa potenzialmente collaborare. Esclusione Per espressa previsione di legge, la disciplina sul cumulo di impiego non trova applicazione ai soli lavoratori marittimi e quelli della pesca nell’ambito della subordinazione e ai restanti rapporti di lavoro autonomo al di fuori della subordinazione. Per quanto riguarda i lavoratori del pubblico impiego, prevale l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001. Diritto al cumulo di impieghi L’art. 8, comma 1, va di fatto a prevedere e disciplinare il diritto del lavoratore a svolgere una o più attività lavorative al di fuori del proprio orario di lavoro. Si tratta di una prima norma in materia, che di fatto ha recepito quelli che sono stati gli orientamenti della giurisprudenza consolidata nel tempo che più volte ha ritenuto illegittime quelle clausole generiche che limitano la possibilità per il lavoratore (subordinato) di prestare, per conto proprio o di terzi, attività di qualsiasi natura durante il rapporto. Limitazioni al diritto di cumulo Il diritto del lavoratore al cumulo di impieghi può trovare un limite inderogabile e un limite “valutabile” e oggettivo.Limite inderogabileLa possibilità di svolgere altra attività lavorativa è però subordinata al fatto che l’attività non sia in violazione delle disposizioni di cui all’art. 2105; pertanto, indipendentemente che l’attività lavorativa sia svolta al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, se questa è in violazione con quella svolta dal datore di lavoro non è ammessa.Limite “valutabile” e oggettivoFermo restando il rispetto dell’art. 2015 c.c., viene prevista la possibilità da parte del datore di lavoro di limitare o negare lo svolgimento di altro rapporto di lavoro in presenza di una specifica condizione prevista dalla norma: a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; b) la necessità di garantire l'integrità del servizio pubblico; c) nel caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c. I chiarimenti del Ministero del Lavoro Con la circ. 19 del 20 settembre 2022, il Ministero del Lavoro ha chiarito che: - la sussistenza delle condizioni, che sono da intendere come tassative, deve essere fatta dal datore di lavoro in modo oggettivo ovvero sulla base di situazioni concretamente sussistenti e dimostrabili, senza alcuna mera valutazione soggettiva; - con riferimento al concetto di “integrità del servizio pubblico”, si intende “limitata” a quei servizi pubblici gestiti da enti o società cui non si applica la disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in quanto per queste ultime trova applicazione l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001. Infine, il Ministero con riferimento al conflitto d’interesse, richiamando l’orientamento giurisprudenziale, ritiene che l’ulteriore attività lavorativa, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 c.c., comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro. Con particolare riferimento al rispetto della normativa in materia di durata dei riposi, si ricorda che il D.Lgs. 66/2003 stabilisce espressamente:

Art. 7 Riposo giornalieroFerma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.
Art. 9 Riposi settimanaliIl lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni.
Chi valuta e sulla base di quali informazioni? La valutazione, positiva o negativa, sarà pertanto a completo carico del datore di lavoro, il quale sarà necessariamente tenuto a verificare e valutare se l’ulteriore attività lavorativa che ha intenzione di svolgere il lavoratore possa arrecare pregiudizio alla salute e alla sicurezza dello stesso ovvero comportare il mancato rispetto del riposo giornaliero e settimanale. Verifica e valutazione che inevitabilmente dovrà essere fatta sulla base di quanto dichiarato dal lavoratore che intende svolgere altra attività lavorativa, il quale sarà chiamato a rispettare una sorta di “obbligo di trasparenza” nei confronti del proprio datore di lavoro. Tale posizione è supportata dalla circ. n. 19/2022 del Ministero del Lavoro nella parte in cui stabilisce che, secondo i principi generali di buona fede e correttezza, spetta al lavoratore informare il datore di lavoro qualora ricorrano talune delle condizioni ostative al cumulo di impieghi Trasparenza che, fermo restando l’occupazione in “regola”, dovrà avvenire mediante l’informazione al datore di lavoro della tipologia di attività lavorativa e mansione (per valutazione sull’eventuale pregiudizio per la salute e la sicurezza e non conflitto di interessi con la principale) e dell’orario di lavoro (al fine del rispetto della normativa sui riposi) che andrà a svolgere. Tabella di sintesi
Campo di applicazione- rapporti di lavoro subordinato, indipendentemente dalla tipologia contrattuale - rapporti di collaborazione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. - rapporti di collaborazione di cui all’art. 2 comma 1, d.lgs. 81/2015
Esclusioni- lavoratori marittimi - lavoratori della pesca - altri rapporti di lavoro autonomo - per i lavoratori del pubblico impiego, prevale l’art. 53 del d.lgs. 165/2001.
Limiti al diritto di cumulo di impieghiInderogabili art. 2105 c.c. Valutabili da parte del datore di lavoro - pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; - necessità di garantire l'integrità del servizio pubblico; - nel caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c.
Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/09/27/cumulo-impieghi-lavoro-subordinato-possibile-limiti

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble