Introdurre per legge il salario minimo rafforzando la contrattazione collettiva. E’ l’obiettivo della direttiva UE per sconfiggere il dumping salariale e migliorare il potere d’acquisto delle retribuzioni e garantire le tutele. Ma non solo, la funzione principale del salario minimo è anche quella di contrastare il dilagare dei contratti “pirata”. Cesare Damiano anticipa, nell’intervista a IPSOA Quotidiano, i temi che verranno trattati nel corso della Tavola Rotonda dell’11° Forum One LAVORO, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrina Per il Lavoro.

Il salario minimo può servire come deterrente al dilagare dei contratti collettivi cd. “pirata”?Sì, penso che la sua funzione principale sia quella di contribuire al contrasto di questo fenomeno. Tuttavia, molto dipende da quali norme verranno eventualmente adottate. La sua applicazione di legge non deve farci correre il rischio della fuoriuscita delle imprese più opportuniste dal sistema della contrattazione collettiva. Imprese che potrebbero limitarsi ad applicare dei regolamenti interni riferiti unicamente ai minimi legali.

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Come si associa il salario minimo all’autonomia negoziale delle parti?L’autonomia negoziale delle parti è garantita dalla Costituzione che, all’articolo 39, stabilisce che i sindacati hanno la facoltà di “stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. Semmai, si tratta di coprire con la contrattazione quei lavoratori che, al momento, ne sono esclusi.Come alternativa al salario minimo per legge si parla di rafforzare i contratti collettivi nazionali, ma in che modo potrebbe essere possibile?Salario minimo e contrattazione debbono convivere: il primo aiuta a sconfiggere il dumping salariale; la seconda è lo strumento principe per migliorare il potere d’acquisto delle retribuzioni e garantire le tutele. Come è noto, l’introduzione del salario minimo si fonda sulla relativa Direttiva dell’Unione Europea. Tale direttiva ha, tuttavia, l’obiettivo dichiarato di rafforzare proprio la contrattazione collettiva, soprattutto nei Paesi nei quali essa è più debole, o di introdurla dove inesistente. In Italia la contrattazione collettiva esiste ed è robusta e copre più dell’80% dei lavoratori.Quale potrebbe essere la soluzione più condivisibile tra salario minimo e riduzione del cuneo fiscale?Anche queste non sono misure alternative, ma entrambe necessarie per riportare equilibrio tra fronte fiscale e retributivo. Così come c’è un problema di povertà lavorativa, c’è una questione di equità fiscale e sociale che riguarda i lavoratori dipendenti. Voglio ricordare un dato elaborato dal centro studi europeo dei sindacati, l’European Trade Union Insitute: in Italia, nel periodo 2000-2009, i salari hanno visto una crescita del potere d’acquisto dei lavoratori del 7,4%, mentre nel periodo 2010-2017 si è avuta una riduzione del 4,3%. Nello stesso periodo, in altri Paesi europei, il potere d’acquisto è salito fino al 110%. Noi abbiamo dunque una vera priorità: quella di abbassare la pressione fiscale sulle buste paga.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/09/28/salario-minimo-dumping-salariale-serve-contrattazione-collettiva