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Salute e sicurezza sul lavoro: cosa sta accadendo in Cassazione?

Una domanda ogni giorno più pressante a proposito della tutela del lavoro nel nostro Paese: cosa sta accadendo in Cassazione? Mi chiedo: sino a quando dovremo assistere al fenomeno di due Cassazioni a proposito dei morti per tumori professionali, primi fra tutti quelli causati dall’amianto sulla responsabilità penale? Ma anche per le vittime di stalking occupazionale, dove manca un’apposita, specifica norma incriminatrice e per gli obblighi del preposto che devono sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori degli obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Anche quest’anno, purtroppo, si stanno scontrando due Cassazioni…

Ancora nessuno si azzarda a farsi una domanda a proposito della tutela del lavoro nel nostro Paese. Eppure, è una domanda ogni giorno più pressante: cosa sta accadendo in Cassazione? Non è una domanda facile, anche perché le risposte sono condizionate dagli sviluppi di una giurisprudenza che per forza di cose non è agevolmente conoscibile da parte di cittadini non specializzati, ma sovente nemmeno da parte degli stessi operatori del settore. Anzitutto mi chiedo: sino a quando dovremo assistere al fenomeno di due Cassazioni a proposito dei morti per tumori professionali, primi fra tutti quelli causati dall’amianto? Anche quest’anno si stanno scontrando due Cassazioni. La Sezione specializzata in materia, la quarta, continua ad escludere la responsabilità penale per omicidio colposo. Invece, un’altra Sezione, la terza, quella che meno frequentemente interviene nei casi in cui si sia già pronunciata la quarta, afferma la responsabilità penale. Il risultato è sconfortante. Basti pensare che, nei primi mesi di quest’anno, per tumori accaduti in imprese private o pubbliche, tribunali o corti d’appello hanno pronunciato sentenze di condanna che hanno suscitato l’entusiasmo delle comunità interessate: il Tribunale di Avellino il 28 gennaio 2022, il Tribunale di Palermo il 12 aprile 2022, la Corte d’Appello di Venezia il 21 giugno 2022, la Corte d’Assise di Napoli il 22 giugno 2022. Ma a fronte di tanto entusiasmo va via il cuore se penso a quale potrà essere l’esito finale di questi processi in Cassazione. E a maggior ragione mi chiedo, e chiedo ai Parlamentari appena eletti: è troppo sperare nell’emanazione di apposite norme che pongano fine a questo drammatico fenomeno di giustizia negata? Norme del tipo di quelle inserite in una proposta di legge avanzata il 30 giugno 2020 dalla Commissione Amianto all’allora Ministro dell’Ambiente e recuperate nel disegno di legge n. 2017 del 17 maggio 2022 d’iniziativa della Presidente della Commissione Ambiente del Senato. I morti per tumore, ma non solo. Anche le vittime di stalking occupazionale. In mancanza di un’apposita, specifica norma incriminatrice del tipo di quella dettata nell’art. 222-33-2 del codice penale francese, la Sez. V applica il reato di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p., mentre la Sez. VI utilizza il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p. Con questo paradossale risultato: che la Sez. VI limita le responsabilità alle aziende para-familiari, e quindi rende punibili le piccole (piccolissime) aziende, ma non le grandi aziende nell’ambito delle quali i rapporti fra dirigenti e sottoposti tendono ad essere più spersonalizzati come una multinazionale, una banca, un ospedale, un comune. Là dove alla stregua dell’orientamento accolto dalla Sez. V sulla scorta dell’art. 612-bis c.p., lo stalking viene ad assumere rilevanza penale a prescindere dalla parafamiliarità, e, dunque, anche in grandi aziende. Ma non posso non raccontare un’ultima storia tra le non poche che stanno accadendo. Tra gli obblighi del preposto contemplati nell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2008 fa spicco la vigilanza sui lavoratori, e in questo ambito fondamentale è il comma 1, lettera a). Nella versione originaria, questo comma 1, lettera a), prevedeva l’obbligo del preposto di sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti. Ora, dopo la legge n. 215/2021, continua a dire che i preposti devono sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione. Peraltro, non stabilisce più che in caso di persistenza della inosservanza, i preposti debbano informare i loro superiori diretti, ma che essi devono: - in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza; - in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti. L’obbligo d’interruzione dell’attività torna nella nuova lettera f-bis, inserita sempre all’interno dell’art. 19, ove si prevede che i preposti devono in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate. Cosa fa la Cassazione in una sentenza del 9 agosto 2022 n. 30800? Conferma la condanna del preposto di una s.n.c. per l’infortunio occorso a un dipendente. Prende atto che l’imputato aveva ricevuto una lettera dai responsabili della s.n.c., nella quale si specificavano le sue mansioni di controllore di produzione, con il compito di supervisionare la produzione di tutto il reparto produttivo, coordinando le varie attività tra le maestranze e l'espletamento del lavoro altrui, e ne desume che egli rivestiva la qualifica formale di preposto incaricato di sovrintendere e controllare i lavoratori in tema di sicurezza durante l'esecuzione della prestazione lavorativa. A questo punto, riporta integralmente il testo dell’art. 19, comma 1, senza peraltro precisare che si tratta del testo modificato dalla legge n. 215/2021. E ne desume che, alla stregua dell’art. 19, comma 1, l’imputato, non solo non avrebbe dovuto adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle stabilite in contratto, ma avrebbe dovuto impedire che venisse utilizzato il macchinario con micro-interruttore di sicurezza non funzionante. Dove sembra assumere rilievo centrale proprio quell’art. 19, comma 1, lettera f-bis, introdotto dalla legge n. 215/2021, che, “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, impone al preposto, se necessario, di interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate. Delle due l’una: in questa sentenza relativa a un infortunio occorso nel 2014, la Sez. IV o non si è accorta di aver utilizzato il testo dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2008 sugli obblighi del preposto nella versione modificata dalla legge n. 215/2021, o, ma non ci posso credere, ha per implicito ritenuto tale testo applicabile in via retroattiva. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/10/01/salute-sicurezza-lavoro-accadendo-cassazione

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