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Crisi d’impresa e transazione fiscale tra conferme e criticità irrisolte

L’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza ha fornito importanti conferme, ma ha anche sollevato (o semplicemente non ha risolto) criticità altrettanto rilevanti. La principale conferma concerne i criteri che devono guidare le agenzie fiscali nella valutazione della proposta di transazione fiscale e nella decisione che ne consegue circa l’accettazione o il diniego della stessa. Resta invece controversa l’applicabilità del cram down fiscale agli accordi di ristrutturazione a efficacia estesa; un’altra criticità si rinviene nell’assenza di disposizioni relative al trattamento dei tributi locali non amministrati dalle agenzie fiscali.

L’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza ha, da un lato, fornito importanti conferme, mentre dall’altro ha sollevato (o semplicemente non ha risolto) criticità altrettanto rilevanti. La principale conferma concerne i criteri che devono guidare le agenzie fiscali nella valutazione della proposta di transazione fiscale e nella decisione che ne consegue circa l’accettazione o il diniego della stessa. Come da tempo evidenziato da chi scrive, infatti, sia il legislatore sia l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità hanno ribadito che - prima in base all’art. 182-ter della legge fallimentare e poi in base agli articoli 63 e 88, rispettivamente in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo - tale valutazione deve essere effettuata nel rispetto del principio di buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione stabilito dall’art. 97 Cost., essendo consentito agli uffici di esercitare la propria discrezionalità in maniera “controllata” ovvero “vincolata” secondo il canone della convenienza economica, attraverso l’accettazione del miglior trattamento offerto rispetto a quello che deriverebbe, in alternativa, dalla liquidazione. Divieto di trattamento deteriore solo per il concordato preventivo Sempre in tema di valutazione della proposta di transazione fiscale, con il Codice è stata finalmente chiarita la latitudine del confronto da svolgere con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti. Infatti, la formulazione dell’art. 182-ter l.f. poteva lasciare intendere che il trattamento offerto al Fisco dovesse essere non solo più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, ma dovesse essere al contempo non deteriore (per i crediti tributari privilegiati) rispetto a quanto offerto ai creditori titolari di crediti con un grado di privilegio inferiore o a quelli aventi una posizione giuridica e interessi economici omogenei ai crediti delle agenzie fiscali (in tal senso si era più volte espressa l’Agenzia delle Entrate). Questo secondo termine di confronto, però, aveva ragion d’essere nell’ambito del concordato preventivo, ma non con riguardo alla transazione fiscale nel contesto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in quanto fondati su libere pattuizioni negoziali con i creditori aderenti, dal cui contenuto restano estranei sia il principio della par condicio creditorum, sia l’obbligo di rispettare l’ordine delle preferenze. Di ciò si è appunto preso atto con il Codice, venendo eliminato nell’art. 63 ogni riferimento al divieto di trattamento deteriore (che trova così applicazione solo per il concordato preventivo). Crediti tributari e contributivi: confermata la regola della priorità relativa Un’altra conferma importante concerne l’inquadramento delle regole di trattamento dei tributi rispetto alle regole generali disciplinanti il concordato preventivo. In un contesto normativo fondato sulla regola della priorità assoluta quale quello delineato dall’art. 160 l.f. (secondo cui l’attivo dovrebbe essere rigidamente destinato ai creditori privilegiati in base all’ordine delle cause di prelazione, con la conseguenza che un credito privilegiato potrebbe essere soddisfatto solo se vengono prima integralmente soddisfatti i crediti privilegiati di rango superiore), le norme stabilite dal comma 1 dell’art. 182-ter l.f. prevedevano invece l’applicazione della regola della priorità relativa con riguardo al trattamento dei crediti tributari e contributivi, in deroga alla regola sancita per la generalità dei crediti. Con l’entrata in vigore del Codice non solo la regola della priorità relativa è stata confermata con riferimento ai crediti tributari e contributivi, ma nel concordato in continuità aziendale è stata estesa a tutti i crediti privilegiati con riferimento alla destinazione della quota dell’attivo eccedente il valore di liquidazione. Questa nuova impostazione ha consentito altresì di confermare che i flussi di cassa generati dalla continuazione dell’attività d’impresa sono liberamente distribuibili, in quanto non soggetti alla regola concernente il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione. Prima dell’entrata in vigore del Codice, invero, proprio in virtù del carattere speciale delle norme disciplinanti la transazione fiscale tale principio era stato comunque affermato dall’Agenzia delle Entrate con riguardo ai crediti tributari, pur avendo la stessa concluso per la natura endogena dei flussi finanziari derivanti dalla prosecuzione dell’attività. Applicabilità controversa per il cram down fiscale Per altro verso con il Codice, mentre è stata risolta (in senso positivo) la questione concernente l’applicabilità del cram down fiscale agli accordi di ristrutturazione agevolati regolati dall’art. 60, ne resta invece controversa l’applicabilità agli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa disciplinati dal successivo art. 61; ciò perché il comma 2-bis dell’art. 63, nell’attribuire al tribunale il potere di omologa anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, richiama al riguardo solo gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui agli articoli 57 e 60. Si discute quindi se il mancato richiamo all’art. 61 costituisca un mero refuso oppure una scelta consapevole del legislatore. Tributi locali senza norme specifiche Un’altra criticità è rinvenibile nell’assenza di disposizioni relative al trattamento dei tributi locali non amministrati dalle agenzie fiscali, in continuità con quanto riscontrato in vigenza della legge fallimentare, in cui pure era assente ogni riferimento in proposito. L’emanazione del Codice avrebbe potuto costituire l’occasione per confermare espressamente l’indirizzo delineato in dottrina e condiviso da alcune sezioni regionali della Corte dei Conti, secondo cui l’assenza di norme specifiche sul trattamento dei tributi locali non ne esclude la falcidiabilità, ma implica unicamente che per essi trovano applicazione le regole previste dal Codice per la generalità dei crediti. Omologazione forzosa della transazione fiscale Un’altra questione sollevata dal Codice discende, peraltro, proprio dall’introduzione di un atteso chiarimento. Infatti con l’art. 59, comma 1, è stato finalmente precisato che (a differenza di quanto previsto in tema di concordato preventivo) gli effetti degli accordi di ristrutturazione dei debiti si estendono anche ai coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso, in forza del principio generale di accessorietà; il successivo comma 2, tuttavia, esclude l’estensione dell’efficacia degli accordi ai suddetti debitori con riguardo ai creditori non aderenti, ovverosia ai creditori cui ai sensi dell’art. 61, al ricorrere dei presupposti ivi previsti, si estende il contenuto degli accordi cui non hanno aderito. Ciò posto, il dubbio interpretativo consiste nell’appurare se, in caso di omologazione forzosa della transazione fiscale, la posizione dell’Amministrazione finanziaria possa essere equiparata a quella dei creditori non aderenti agli accordi ad efficacia estesa, in quanto in entrambi i casi il creditore subisce gli effetti di accordi cui non ha aderito. Nonostante la diversa opinione di autorevole dottrina, a parere di scrive le due posizioni non parrebbero però equiparabili, giacché l’intervento del tribunale, nell’omologare la proposta di transazione fiscale respinta dall’Amministrazione finanziaria, ha come presupposto la non corretta applicazione dei criteri stabiliti dal legislatore al riguardo. A differenza di quanto accade per la generalità dei creditori, quindi, la scelta di accettare o respingere la proposta di transazione fiscale non è totalmente rimessa alla discrezionalità del Fisco in qualità di “creditore”, trattandosi invece - come detto - di una discrezionevincolata”.

PwC Italia, in collaborazione con ANDAF, organizza nel mese di ottobre un ciclo di nove incontri sul territorio nazionale dedicato agli importanti cambiamenti apportati dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Attraverso un approccio multidisciplinare e operativo verranno esaminate le opportunità introdotte dal Codice e le responsabilità previste per i membri del collegio sindacale, a cui sono dedicati specifiche disposizioni. Le prossime tappe del Roadshow: - Bologna, 11 ottobre 2022 - Torino, 12 ottobre 2022 - Bari, 13 ottobre 2022 - Milano, 18 ottobre 2022 - Napoli, 20 ottobre 2022 - Genova, 21 ottobre 2022 - Firenze, 26 ottobre 2022 - Roma, 27 ottobre 2022 Per ulteriori informazioni e per iscriversi www.meetpwc.it/event/roadshowcrisidimpresa
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/10/07/crisi-impresa-transazione-fiscale-conferme-criticita-irrisolte

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