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Rapporto di lavoro dirigenziale e vincolo fiduciario: evoluzione in linea con i nuovi modelli aziendali

Il legame fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro dirigenziale non può determinare alcuna automatica compressione del diritto di critica, di denuncia e di dissenso spettante, secondo i principi costituzionali tutelati all’interno del nostro ordinamento giuridico, entro i limiti che le regole del diritto riconoscono applicabili in questi casi. E’ quanto si può desumere dai nuovi orientamenti giurisprudenziali, attraverso i quali è possibile individuare le possibili linee evolutive in materia di violazione del vincolo fiduciario: uno dei pilastri del rapporto di lavoro dirigenziale. Cosa vuol dire oggi rapporto fiduciario quando si parla di manager? In che modo un manager può oggi adeguatamente servire la direzione aziendale e contribuire alla linea strategica dell’azienda?

Viviamo tempi difficili, incerti ma allo stesso tempo straordinari. Negli ultimi due anni, con la pandemia è accaduto l’inimmaginabile (anche se i più lungimiranti lo avevano già previsto). La crisi internazionale sta poi buttando acqua su una fiamma - quella della lenta ripresa economica - che avrebbe avuto bisogno, viceversa, di un po’ di aria per alimentarsi. Invece, a distanza di poco più di due anni ci si trova nuovamente a prefigurare l’incertezza dovuta ad una nuova crisi economica. Eppure, in uno scenario di nuova incertezza, pur nella turbolenza degli avvenimenti e delle notizie che ogni giorno si susseguono, mai come in quest’ultimo anno si sono moltiplicate e avvicendate le riflessioni sul futuro del lavoro. Sugli scenari e sulle prospettive di un nuovo modo di lavorare e sulle prospettive di quella che è già, e che sarà, la nuova organizzazione del lavoro. Nuova organizzazione del lavoro, anche a livello manageriale È proprio per questo che viviamo tempi straordinari. Mai come oggi la riflessione aperta, interdisciplinare e trasversale su tutte le possibili implicazioni della nuova organizzazione del lavoro è divenuta non solo argomento quotidiano di conversazione, ma anche utile parametro di misurazione dell’evoluzione che potrebbe avere non solo la legislazione di settore (il lavoro agile, tanto per citare un argomento che con la pandemia è divenuto “l’argomento”), ma anche l’interpretazione che della legge fornisce la giurisprudenza. Tra le prospettive evolutive della nostra materia, un posto di riguardo è oggi occupato dalla riflessione sul futuro della categoria manageriale e sulle influenze che la nuova organizzazione del lavoro ha sui modelli gerarchici tradizionali. La giurisprudenza non sembra ancora avere preso pienamente coscienza di questa importante evoluzione e resta ancorata ad una interpretazione della funzione manageriale fortemente legata a modelli, che non solo stanno rapidamente evolvendo, ma che presto potrebbero essere anche superati. Orientamenti giurisprudenziali sulla violazione del vincolo fiduciario Conviene fare qualche esempio per capire se, e in che modo, gli orientamenti da parte della giurisprudenza possano aiutare in questo compito di elaborazione e di individuazione della linea evolutiva di una parte della materia del diritto del lavoro, così importante per il futuro del lavoro e delle aziende. Utili, da questo punto di vista, sono proprio gli ultimi approdi della giurisprudenza in tema di violazione del vincolo fiduciario: uno dei pilastri del rapporto di lavoro dirigenziale. Il maggior onere di correttezza e buona fede connesso al ruolo manageriale e quindi, l'affidamento riposto dal datore attraverso l'ampio margine di autonomia al medesimo concesso nello svolgimento della prestazione, uniti al tradimento di tale fiducia, sono ragioni cui la giurisprudenza riconduce solitamente la giustificatezza del licenziamento del dirigente (v. da ultimo Cass. n. 11172/2022). Secondo la giurisprudenza, infatti, la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, legata alla particolare configurazione del rapporto di lavoro dirigenziale, non si identifica con quella di giusta causa o giustificato motivo di cui alla L. n. 604/1966, potendo a tal fine rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore di lavoro. Una parte della giurisprudenza considera a tal fine che anche la semplice inadeguatezza del dirigente, rispetto ad aspettative riconoscibili "ex ante", o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, oppure un comportamento extralavorativo incidente sull'immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del legame fiduciario e quindi giustificare il licenziamento (v. Cass. n. 2246/2022; Cass. n. 27971/2018; Cass. n. 15496/2008). Una parte della giurisprudenza ha precisato come, ai fini della giustificatezza del licenziamento del dirigente, sia rilevante qualsiasi motivo che lo sorregga, con motivazione coerente e fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto, atteso che non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l'arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro (Cass. n. 34736/2019; Cass. n. 6110/2014). Tuttavia, secondo l’ultima giurisprudenza, il legame fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro dirigenziale non può determinare alcuna automatica compressione del diritto di critica, di denuncia e di dissenso spettante, secondo i principi costituzionali (art. 21 Cost.) tutelati all’interno del nostro ordinamento giuridico, entro i limiti che le regole del diritto riconoscono applicabili in questi casi. “Dal che consegue che anche nel rapporto di lavoro dirigenziale ed ai fini della giustificatezza del recesso, il giudice di merito deve procedere ad una accurata opera di componimento tra l'accentuato obbligo di fedeltà - legame fiduciario - del dirigente e il diritto di critica, di denuncia e di dissenso al medesimo spettante, escludendo che l'esercizio di tali diritti, ove avvenga nei limiti già tracciati dalla giurisprudenza e quindi in maniera ragionevole e non pretestuosa, nonché con modalità formalmente corrette, possa integrare di per sé la nozione di giustificatezza del licenziamento. Non integra pertanto giustificatezza del licenziamento la condotta del dirigente - direttore generale - che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, in maniera non pretestuosa, il diritto al dissenso nelle sedi proprie, di cui all'art. 2392 c.c., con modalità non diffamatorie o offensive.” (v. Cass. n. 17689/2022). Possibili linee evolutive La decisione, recente e molto articolata, ci è utile perché, attraverso l’attenta ricostruzione da un lato del diritto di critica e dall’altro delle particolarità che caratterizzano sul piano fiduciario la posizione del dirigente, fa intravedere le possibili linee evolutive di un rapporto - quello tra il vertice aziendale e la dirigenza - che, in un mondo caratterizzato dal progressivo sgretolamento dell’impostazione gerarchica tradizionale, si è fatto sempre più delicato. Cosa vuol dire oggi rapporto fiduciario quando si parla di manager? In che modo un manager può oggi adeguatamente servire la direzione aziendale e contribuire alla linea strategica dell’azienda? Anche con il diritto di critica e con il legittimo esercizio del dissenso, perché è proprio su elementi comportamentali di così grande rilevanza che poggia la capacità di ascolto e feedback che deve oggi guidare il management. E quindi, quali capacità, abilità, conoscenze deve avere oggi un manager per avere la giusta collocazione nella nuova organizzazione del lavoro di tipo fluido e non gerarchico che la tecnologia sta imponendo? Anche intelligenza emotiva. Sono tutte domande divenute oggi necessarie per comprendere quale ruolo sia e debba essere riservato alla dirigenza e all’alta dirigenza all’interno delle imprese. Domande cui si inizia a voler dare risposte al di fuori degli schemi conosciuti fino ad oggi, perché anche il ruolo della direzione aziendale e degli Amministratori Delegati è profondamente cambiato. La direzione e la strategia di un’azienda non possono essere più decise solo dall’alto, da figure solitarie rinchiuse nei consigli di amministrazione, legate a modelli gerarchici tradizionali ed isolate dal resto dell’azienda. Si tratta di interrogativi che gli anni di turbolenza che stiamo vivendo hanno amplificato e accentuato, peraltro in linea con l’affermarsi di modelli organizzativi sempre più fluidi e non verticistici. Si tratta di interrogativi dei quali diviene necessario valutare la portata proprio in termini organizzativi, andando oltre la classica impostazione giuridica della materia. Perché è anche su queste basi che può poggiare l’evoluzione stessa ed il rinnovamento degli orientamenti giurisprudenziali dedicati alla categoria dirigenziale. Rinnovamento che, per ora, possiamo solo intravedere in alcuni positivi segnali, come l’ultima giurisprudenza sembra dirci. Un rinnovamento che tuttavia è divenuto ormai necessario. Perché è agli stili di leadership (inclusività, collaborazione e condivisione, ascolto e dialogo, feedback) che è affidato il compito di guidare l’evoluzione del modello di organizzazione del lavoro che la pandemia ha finalmente sdoganato, quello del lavoro ibrido e del lavoro da remoto. Ma i nuovi stili di leadership devono, in primo luogo, essere chiari e ben accetti ai vertici dell’azienda. Solo così potranno essere trasmessi, applicati e compresi all’interno dell’azienda e solo quando i comportamenti non dovessero essere più in linea con gli obiettivi strategici collettivi, condivisi anche dal basso, potremmo dire che sia stato intaccato il rapporto fiduciario, quale fulcro del nuovo modo di intendere il rapporto di lavoro dirigenziale. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/11/03/rapporto-lavoro-dirigenziale-vincolo-fiduciario-evoluzione-linea-modelli-aziendali

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