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Trasferimento d’azienda: gli impatti su tutela dei lavoratori, collocamento obbligatorio e agevolazioni contributive

Perché un trasferimento d’azienda venga considerato legittimo occorre che siano rispettate alcune disposizioni di legge. In particolare, sono previste una serie di tutele a favore dei lavoratori e l’obbligo di seguire una determinata procedura sindacale ove il cedente occupi più di 15 dipendenti. Qualora a seguito del trasferimento d’azienda l’organico computabile dovesse rientrare nella fascia compresa da 15 a 35 dipendenti, scatta inoltre l’obbligo di assunzione di categorie protette. Quanto agli sgravi contributivi è previsto che quelli acquisiti dal cedente si “tramandano” al cessionario per la parte residua e fino a scadenza. Quali sono gli altri aspetti da valutare?

Il trasferimento d’azienda è quella operazione generalmente definita straordinaria attraverso la quale si verifica un passaggio/sostituzione nella gestione di un complesso produttivo organizzato o di una parte di esso. La disciplina di questo istituto, presenta notevoli riflessi rilevanti sul piano dei rapporti di lavoro dal momento che a seguito del trasferimento cambia il datore di lavoro. Si cercherà qui di seguito, una volta definito il quadro giuridico, di andare ad analizzare gli aspetti operativi relativi alla procedura sindacale richiesta dalla legge e le ripercussioni che il trasferimento d’azienda può avere avendo a riferimento le agevolazioni contributive e il collocamento obbligatorio. Nozione di trasferimento d’azienda La nozione di trasferimento d’azienda si trova disciplinata dall’art. 2112 c.c. il quale definisce come tale qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. La norma, inoltre, estende la disciplina anche al trasferimento di parte dell’azienda, intendo per tale quella articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Gli elementi che pertanto risultano caratterizzare tale operazione e che ne rappresentano parte costitutiva ed essenziale sono pertanto: - trasferimento di un’attività economica organizzata in maniera stabile (con o senza scopo di lucro), idonea alla produzione o allo scambio di beni o di servizi; - preesistenza, rispetto al trasferimento, di tale attività; - perdurare, dopo il trasferimento, dell’identità dell’attività economica organizzata, che deve quindi conservare il proprio valore economico e produttivo; - mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata, a prescindere dalla tipologia negoziale con cui tale mutamento viene realizzato. Per quanto riguarda l’ambito aziendale del ramo d’azienda, ai fini della configurabilità di un legittimo trasferimento di un ramo d’azienda sono, pertanto, necessari i seguenti requisiti: - cessione di un’entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, caratterizzata da una stabile organizzazione di mezzi e personale, destinata alla realizzazione e allo svolgimento di un’attività economica; - identificazione dell’entità ceduta, da parte sia del cedente che del cessionario, come articolazione dotata di autonomia funzionale, cioè come parte di azienda separabile dal complesso aziendale ed in grado di avere una “vita propria”; - identificazione di tale articolazione al momento del suo trasferimento. Secondo la giurisprudenza:

Ipotesi tipiche di trasferimento d’aziendaIpotesi che non costituiscono trasferimento d’azienda
- cessione; - fusione (per incorporazione o con creazione di una nuova società); - scissione; - usufrutto; - affitto d’azienda; - successione ereditaria che trovi fondamento in un testamento e nelle norme sulle successioni legittime (Cass. 29 agosto 2005, n. 17418); - in alcuni casi il franchising (Cass. 27 febbraio 1998, n. 2220).- cessione del pacchetto (azionario o di quote) di maggioranza di controllo di una società; - trasformazione di una società da uno ad altro tipo (anche se si tratti di trasformazione di una società di persone in società di capitali); - modifica della denominazione sociale, in quanto, anche in questo caso, non avviene il mutamento del soggetto titolare dell’impresa.
Tutela dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda La norma prevede una serie di tutela a favore dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. In particolare:
Prosecuzione del rapporto di lavoroIl primo comma dell’art. 2112 c.c. prevede che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Tutela contro i licenziamentiil 4° comma dell’art. 2112 c.c. stabilisce che ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il trasferimento d’azienda, comportando un mutamento nella titolarità dell’azienda e non nella struttura produttiva e organizzativa, non costituisce, di per sé, legittimo motivo di licenziamento, né per il cedente, né per il cessionario. Pertanto, in caso di licenziamento (illegittimo) intimato dal cedente e basato unicamente sul fatto del trasferimento, deve riconoscersi la nullità del recesso per violazione della norma imperativa contenuta nell'art. 2112, 4° comma c.c. Tale nullità comporta la prosecuzione, ope legis, del rapporto di lavoro con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che aveva verso il cedente (Cass. 28 febbraio 2012, n. 3041).
Dimissioni per giusta causaIl lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119, primo comma. Sostanzialmente, il lavoratore che dopo il trasferimento subisce modifiche sostanziali delle condizioni del lavoro, può dimettersi per giusta causa entro 3 mesi dall’inizio del servizio presso il cessionario.
La procedura sindacale L’art. 47 della l. n. 428/1990 prevede l’obbligo di seguire una determinata procedura sindacale, qualora l'azienda cedente occupi più di 15 dipendenti. In particolare, viene previsto che il cedente e il cessionario devono dare comunicazione scritta almeno 25gg prima che sia perfezionato l’atto. I destinatari sono le RSU o RSA, nonché i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato alle aziende interessate al trasferimento. Entro 7gg le RRSS o le OOSS possono richiedere l’esame congiunto ed entro i successivi 7gg le aziende possono concedere l’esame congiunto che deve esaurirsi entro 10gg. Il mancato rispetto della procedura costituisce condotta antisindacale e la mancata esecuzione della procedura sindacale non determina nullità del contratto di cessione, ma ne determina la sospensione degli effetti. Determinazione dell’organico aziendale Dato il tenore letterale ("complessivamente occupati") del comma 1 dell’art. 47 l. n. 428/1990, si ritiene che il computo dei dipendenti vada effettuato con riferimento all’impresa cedente nel suo complesso e non della singola unità produttiva, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi solo un ramo d’azienda. Il dato occupazionale deve essere verificato al momento del trasferimento.
Lavoratori computabiliLavoratori non computabili
- lavoratori a tempo indeterminato - lavoratori assunti con contratto a tempo determinato; - dirigenti; - lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente; - telelavoratori; - lavoratori part-time (in proporzione all’orario svolto)- lavoratori a domicilio; apprendisti; - lavoratori somministrati a termine o a tempo indeterminato; - collaboratori coordinati e continuativi; soci lavoratori; - lavoratori dell’impresa familiare; tirocinanti e gli stagisti
Trasferimento d’azienda e accesso ai benefici contributivi. Gli sgravi contributivi acquisiti dal cedente si “tramandano” al cessionario per la parte residua e fino a scadenza. In ipotesi di trasferimento d’azienda, infatti, nonostante il mutamento soggettivo nella titolarità dell’impresa, il rapporto di lavoro instaurato con il datore cedente prosegue con il cessionario, senza soluzione di continuità. E questo avviene a prescindere dal negozio giuridico utilizzato (cessione di ramo, trasferimento, ecc.). Per quanto riguarda il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro continua ope legis, pertanto le agevolazioni soggettive proseguono in capo al cessionario.
AttenzioneIn caso di cambio contratto sarà da valutare la ridefinizione della durata e del PFI.
Trasferimento d’azienda e collocamento obbligatorio Qualora a seguito del trasferimento d’azienda l’organico computabile dovesse rientrare nella fascia compresa da 15 a 35 dipendenti, scatta l’obbligo di assunzione di categorie protette, ai sensi dell’art. 3, comma 2, l. n. 68/1999. Il Ministero del Lavoro, con la risposta di interpello n. 30/2011, ha chiarito che “Ai sensi della disposizione di cui all’art. 3 citato, i datori di lavoro privati, che occupano da quindici a trentacinque dipendenti, sono tenuti all’assolvimento dell’obbligo di inserimento di 2 lavoratori appartenenti alle categorie protette esclusivamente nell’ipotesi di “nuove assunzioni” ovvero al momento della sedicesima” “…… la locuzione “nuova assunzione”, in virtù del combinato disposto di cui all’art. 3, comma 2, L. n. 68 e all’art. 2, commi 2 e 3, D.P.R. n. 333/2000, si intende quella che realizza un effettivo incremento dell’organico aziendale, ritenuta “aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/11/08/trasferimento-azienda-impatti-tutela-lavoratori-collocamento-obbligatorio-agevolazioni-contributive

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