• Home
  • News
  • Whistleblowing: in arrivo nuove regole. Cosa cambia

Whistleblowing: in arrivo nuove regole. Cosa cambia

Si avvicina una profonda modifica della disciplina nazionale, sui rapporti tra whistleblowing nel settore pubblico e privato, tale da impattare significativamente sull’obbligo di segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale e sulle modalità (interne o esterne) di segnalazione di illeciti di cui i lavoratori siano venuti a conoscenza nello svolgimento delle proprie attività lavorative. E’ quanto previsto dallo schema di decreto legislativo approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri del 9 dicembre, che peraltro troverà applicazione nel settore privato per tutti i datori di lavoro che hanno adottato i modelli richiesti dal sistema 231 e da quelli che, pur non avendolo adottato, hanno impiegato nell’ultimo anno la media di almeno 50 lavoratori subordinati.

La legge n. 179/2017, recante disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, dopo aver regolamentato la materia per oltre un quinquennio (senza particolari problemi e senza sintomi di una vasta applicazione), appare destinata ad un parziale superamento a seguito della Direttiva (UE) n. 2019/1937, sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative nazionali, della legge n. 127/2022, recante delega al Governo per il recepimento della Direttiva, e del decreto legislativo di attuazione il cui schema è già noto e deve essere sottoposto al vaglio parlamentare. Nuova disciplina: cosa cambia? Tra i contenuti più significativi, ad esempio, viene espressamente abrogato l’art. 3 della legge n. 179/2017, sui rapporti tra disciplina del whistleblowing nel settore pubblico e privato e obbligo di segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale: l’art. 23 del decreto legislativo in itinere è perentorio (lett. c) e le conseguenze di detta abrogazione non sono attutite dalla tutela, mai messa in discussione, del “segreto professionale forense e medico” e delle “informazioni classificate” [art. 1 comma 1 lett. a) e b)] né dalle “limitazioni della responsabilità” di cui all’art. 20, norma che affida all’Autorità giudiziaria la valutazione della “indispensabilità” della rivelazione/diffusione delle informazioni riservate ai fini della segnalazione di illeciti o irregolarità apprese in ambito lavorativo. Questo sembra proporre qualche problema di eccesso di delega, perché non è affatto pacifico che il recepimento della Direttiva europea richiedesse questa “mutilazione” della legge nazionale già in vigore. Invece che, eventualmente, migliorare il testo normativo esistente, il legislatore delegato ha preferito sopprimere detta centrale norma di coordinamento, togliendo all’interprete un preciso criterio di riferimento nell’assumere le determinazioni di competenza (amministrative o giudiziarie). L’abrogazione della legge n. 179/2017 avviene anche in via indiretta, abrogando le norme da essa inserite in altre leggi: si pensi all’art. 54 bis, D.Lgs. n. 165/2001 (in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala reati o irregolarità o condotte illecite) e ai commi 2 ter e 2 quater dell’art. 6, del D.Lgs. n. 231/2001 (sulla tutela contro misure discriminatorie o ritorsive adottate contro il soggetto segnalante), norme la cui disciplina si ritrova pressoché inalterata in altri articoli del decreto legislativo in gestazione. In altra occasione, si era sottolineato che l’aver imposto l’intervento a tutela del segnalante illeciti nel settore privato mediante una manipolazione del testo dell’art. 6, del D.Lgs. n. 231/2001, portava di necessità a misurarsi con il tema dell’obbligatorietà/non obbligatorietà dell’adozione, da parte dell’ente datore di lavoro, di un modello di organizzazione, gestione e controllo (MOG), tema ad oggi risolto nel senso della facoltatività. Contenuti dell’imminente decreto legislativo Lo schema del decreto legislativo conferma, con modifiche (ad es., art. 24, comma 5), i rapporti tra il sistema 231 e la disciplina del whistleblowing e ritiene di risolvere il problema dei whistleblowers che lavorano per enti non dotati di modelli organizzativi (e, come tali, privi della protezione riconosciuta a favore dei segnalanti illeciti o irregolarità nel settore privato) con un criterio quantitativo. Il decreto legislativo in esame andrà applicato dai datori di lavoro che hanno adottato i modelli richiesti dal sistema 231 e da quelli che, pur non avendolo adottato, hanno impiegato nell’ultimo anno la media di almeno 50 lavoratori subordinati. I 50 dipendenti indicano la dimensione minima dell’ente datore di lavoro, compatibile (i.e. ritenuta compatibile) con la struttura richiesta per la gestione delle segnalazioni di illeciti/irregolarità. Sono confermate le modalità di segnalazioni interne (cioè endoaziendali), di segnalazioni esterne (art. 6) e di divulgazioni pubbliche (art. 15): queste ultime due modalità richiedono “condizioni per l’effettuazione della segnalazione” (art. 6 e art. 15), condizioni non verificandosi le quali il segnalante non beneficia della protezione prevista dal decreto legislativo in esame: si è in presenza di una chiara scelta a favore di segnalazioni “interne”, quelle che consentono al datore di lavoro - persona fisica o giuridica - di autogestire la segnalazione, contenendo i riflessi negativi esterni (si pensi alla commissione di un reato presupposto la cui segnalazione all’esterno potrebbe esporre l’ente al processo e alle sanzioni pecuniarie e interdittive previste dal D.Lgs. n. 231/2001). Nel settore pubblico, la sanzione del lavoratore segnalato come l’autore di un illecito è pressoché inevitabile, potendosi declinare tanto in un giudizio disciplinare quanto in un giudizio contabile o penale: nel settore privato, è richiesta - soprattutto per gli enti datori di lavoro cui si applica il D.Lgs. n. 231/2001 - la previsione di un sistema disciplinare ad hoc (art. 21, comma 2), ma l’irrogazione della sanzione rimane affidata alla volontà datoriale e, quindi, essere (ancora) discrezionale. Il recepimento della Direttiva è sicuramente apprezzabile sotto vari profili, in precedenza oggetto di una minorata risposta nella legge n. 179/2017. L’ambito di applicazione oggettivo - prima affidato alle linee guida dell’ANAC - è ora ben delimitato dall’art. 1, che vuole evitare ogni tentativo di applicare la normativa sul whistleblowing a controversie di lavoro prive di rilevanza pubblica. L’ambito di applicazione soggettivo (art. 3) estende la protezione riservata al segnalante a tutte le possibili categorie di lavoratori pubblici e privati e a quanti consentono, consigliano o agevolano la scelta di segnalarle un illecito in ambito lavorativo: si pensi ai “facilitatori” (art. 3, comma 5, lett. a), ruolo che ben potrebbe essere ricoperto da appartenenti al sindacato, agli assumendi, ai volontari, a chi ha cambiato posto di lavoro e a chi è collocato a riposo. I contenuti della protezione (misure di antiretaliation) non mutano (risolvendosi in un divieto di ritorsione ad ampio raggio (art. 17), mentre le pur previste “misure di sostegno” (art. 18) non sembrano dissipare i dubbi della vigilia (ad es., il segnalatore ha diritto al patrocinio a spese dello Stato per il solo essere whistleblower o ha diritto solo se non abbiente?). Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/01/04/whistleblowing-arrivo-nuove-regole-cambia

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble