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Lavoratore autonomo: l’orientamento sessuale non può essere un motivo per rifiutare di stipulare un contratto

La normativa europea che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale la quale, in virtù della libera scelta della controparte contrattuale, ha l’effetto di escludere dalla tutela contro le discriminazioni, che deve essere offerta in forza di tale direttiva, il rifiuto, fondato sull’orientamento sessuale del soggetto di cui trattasi, di concludere o rinnovare un contratto con quest’ultimo avente ad oggetto la realizzazione di talune prestazioni da parte dello stesso nell’ambito di un’attività autonoma. E’ quanto ha dichiarato la Corte di Giustizia UE nella sentenza n. C-356/21 del 12 gennaio 2023.

La Corte di Giustizia UE è stata interpellata nell’ambito di una controversia in merito a una domanda di risarcimento del danno derivante dal rifiuto di una società di rinnovare il contratto d’opera da essa concluso con il ricorrente per un motivo fondato, secondo quest’ultimo, sul suo orientamento sessuale.Tra il 2010 e il 2017 un lavoratore autonomo ha realizzato montaggi audiovisivi, trailer e servizi di costume e società per le trasmissioni autopromozionali della TP, una società che gestisce un canale televisivo pubblico nazionale in Polonia. Tale collaborazione si fondava su una serie di contratti d’opera consecutivi di breve durata, che detto lavoratore stipulava con la TP nell’ambito della sua attività economica indipendente. Nel dicembre 2017 tale lavoratore indipendente e il suo partner hanno pubblicato su YouTube un video musicale natalizio avente come scopo la promozione della tolleranza verso le coppie di persone dello stesso sesso. Poco dopo la pubblicazione del video in parola, i turni di tale lavoratore sono stati unilateralmente cancellati dalla TP e, successivamente, non è stato stipulato con lui alcun nuovo contratto d’opera. Alla Corte è stata posta la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva [2000/78] debba essere inteso nel senso chetale disposizione ammette l’esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva, e di conseguenza l’esclusione dell’applicazione delle sanzioni introdotte nell’ordinamento nazionale, in base all’articolo17 della direttiva suddetta, della libertà di scegliere il contraente purché la scelta non sia fondata sul sesso, sulla razza, sull’origine etnica o sulla nazionalità, nell’ipotesi in cui la discriminazione si manifesti nel rifiuto di concludere un contratto di diritto privato in base al quale la prestazione lavorativa doveva essere effettuata da una persona fisica che svolge attività economica in proprio, laddove il presupposto di tale rifiuto sia l’orientamento sessuale dell’eventuale contraente». Sentenza della Corte La Corte di Giustizia UE nella sentenza del 12 gennaio 2023 alla causa n. C-356/21 dichiara che la nozione di «condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo», la quale circoscrive le attività professionali rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, deve essere intesa in senso ampio, come relativa all’accesso a qualsiasi attività professionale, a prescindere dalla sua natura e dalle sue caratteristiche. Tale interpretazione risulta non solo dal tenore letterale della direttiva 2000/78, ma è altresì confermata dagli obiettivi di quest’ultima. A tal riguardo, la Corte evidenzia che la direttiva 2000/78 è volta a eliminare, per ragioni di interesse sociale e pubblico, tutti gli ostacoli fondati su motivi discriminatori all’accesso ai mezzi di sostentamento e alla capacità di contribuire alla società attraverso il lavoro, a prescindere dalla forma giuridica in virtù della quale esso è fornito. La Corte precisa che occorre che le attività professionali rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 siano reali ed esercitate nel contesto di un rapporto giuridico caratterizzato da una certa stabilità. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’attività in questione soddisfi tale criterio. Per quanto riguarda la nozione di «occupazione e (...) condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione», ai sensi della direttiva 2000/78, la Corte constata che anche quest’ultima deve essere interpretata in senso ampio, includendo le condizioni applicabili a qualsiasi forma di lavoro dipendente e autonomo, a prescindere dalla forma giuridica in cui tale lavoro viene svolto. Inoltre, per quanto riguarda la nozione di «licenziamento», la Corte ammette che anche una persona che ha esercitato un’attività autonoma può trovarsi costretta a cessare tale attività a causa della sua controparte contrattuale e, pertanto, trovarsi in una situazione di vulnerabilità paragonabile a quella di un lavoratore subordinato licenziato. La Corte conclude che, fatta salva la valutazione del giudice del rinvio, la decisione di non rinnovare il contratto a causa dell’orientamento sessuale del contraente rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78. Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio concludesse per l’esistenza di una discriminazione, la Corte ritiene che essa non possa essere giustificata da uno dei motivi di cui all’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78, che istituisce una deroga al principio del divieto di discriminazioni. A questo proposito la Corte osserva che, benché la normativa polacca sembri tutelare i diritti e le libertà altrui, e più precisamente la libertà contrattuale, essa non è necessaria per garantire tale libertà. Secondo la Corte, la circostanza che il legislatore polacco abbia previsto un certo numero di eccezioni alla libertà di scegliere un contraente dimostra che ha ritenuto esso stesso che il fatto di operare una discriminazione non potesse essere considerato necessario per garantire la libertà contrattuale in una società democratica. Infine, la Corte ricorda che ammettere che la libertà contrattuale consenta di rifiutare di contrarre con una persona in base all’orientamento sessuale priverebbe la direttiva 2000/78, nonché il divieto di ogni discriminazione fondata su un siffatto motivo, del loro effetto utile. Copyright © - Riproduzione riservata

Corte di Giustizia UE, sentenza 12/01/202, n. C-356/21

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/01/13/lavoratore-autonomo-orientamento-sessuale-non-motivo-rifiutare-stipulare-contratto

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