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Relazione sul governo societario: criteri per il corretto monitoraggio del rischio di crisi d’impresa

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con il documento “Relazione sul governo societario contenente programma di valutazione del rischio di crisi aziendale” , fornisce una serie di raccomandazioni per la selezione di strumenti che consentano il monitoraggio del rischio di crisi aziendale. Il documento deve essere considerato dagli operatori come un supporto per facilitare l’adempimento degli obblighi di legge, anche in considerazione delle conseguenze previste in caso di inosservanza, nonché dell’interesse generale ad agevolare le società a controllo pubblico a munirsi di dispositivi idonei a favorire la tempestiva emersione della crisi e la sua corretta gestione.

E’ stato pubblicato il documento “Relazione sul governo societario contenente programma di valutazione del rischio di crisi aziendale” (ex art.6, co. 2 e 4, D.LGS. 175/2016) con cui il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili cerca di fornire una serie di raccomandazioni per la selezione di strumenti che consentano il monitoraggio del rischio di crisi aziendale.

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Il documento deve essere considerato dagli operatori come un supporto, dotato del carattere di obiettività (connesso all’autorevolezza e terzietà dei professionisti coinvolti nella stesura), per facilitare l’adempimento degli obblighi di legge, anche in considerazione delle conseguenze previste in caso di inosservanza, nonché dell’interesse generale ad agevolare le società a controllo pubblico a munirsi di dispositivi idonei a favorire la tempestiva emersione della crisi e la sua corretta gestione.

Ai lavori, per la redazione del documento, hanno partecipato esperti in materie di società partecipate e di procedure concorsuali, oltre a rappresentanti della magistratura, del mondo bancario e delle associazioni delle società pubbliche, coordinati dai due Consiglieri nazionali delegati all’area “Economia degli enti locali”, il vicepresidente Davide Di Russo e Remigio Sequi, i quali hanno dichiarato che “Considerato che il legislatore del Testo unico ha omesso una descrizione contenutistica della Relazione sul governo societario e ha rimesso alla discrezionalità della singola società il contenuto del Programma di valutazione del rischio aziendale, oltre a non definire gli indicatori del rischio di crisi aziendale al cui rilievo è collegato l’obbligo di reazione stabilito ex art. 14, co. 2 il Consiglio nazionale dei commercialisti ha elaborato una serie di raccomandazioni per la predisposizione di tali documenti e per la selezione degli strumenti che possono consentire di monitorare il rischio di crisi aziendale”.

Dal documento emerge che il CNDCEC ritiene che la valutazione del rischio di crisi aziendale non possa essere condotta esclusivamente sulla base degli indici di bilancio (che costituiscono uno solo tra i diversi strumenti diagnostici). La norma facendo riferimento a “indicatori”, alluderebbe infatti a un concetto di più ampia portata rispetto ai meri “indici” ricavabili dal bilancio, per sottolineare l’esigenza di individuare elementi di allerta in grado di segnalare in modo incontrovertibile o quantomeno probabile una situazione di insolvenza anche solo prospettica.

Tra gli strumenti prioritari di indagine prospettica, l’indicatore più significativo è il Debt Service Coverage Ratio (DSCR), che rapporta i flussi liberi al servizio del debito con il debito finanziario che da essi deve essere servito, laddove un rapporto superiore a 1 è indicatore di equilibrio finanziario.

Accanto al DSCR si pone ilmonitoraggio della determinazione del patrimonio netto, ottenibile anche per mezzo di una attenta valutazione degli asset. Infatti, in assenza di surplus assets (che, tra l’altro, se sono liquidabili consentono di concorrere a fronteggiare il fabbisogno finanziario), il valore economico del patrimonio netto è pari alla somma algebrica dell'Enterprise Value (cioè il valore del complesso aziendale) e della Posizione Finanziaria Netta.

Il DSCR presuppone però la disponibilità di dati prognostici. In assenza di essi assumono rilevanza gli indicatori sintetici. Si tratta di grandezze singole o più frequentemente parametri, costituiti dal rapporto tra due grandezze, che costituiscono il limite oltre il quale si ritiene convenzionalmente compromesso il raggiungimento dell'equilibrio finanziario con decadenza del beneficio del termine.

Il CNDCEC propone di prendere in considerazione:

- il rapporto tra la Posizione Finanziaria Netta (o indebitamento finanziario netto) e l'EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) o MOL (Margine operativo lordo) ossia l'utile prima degli interessi, delle tasse e degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali, che consente il confronto in via sintetica tra il debito finanziario e una grandezza che è espressione (pur se molto grossolana) dei flussi annuali al servizio dello stesso, con la finalità di dare una prima indicazione di quanti anni potrebbero occorrere a rimborsare il debito;

- il rapporto tra Posizione Finanziaria Netta (o indebitamento finanziario netto) e NOPAT. Il NOPAT (Net Operating Profit After Taxes) – che corrisponde all’EBIT (Earnings Before Interest and Taxes) o MON (Margine operativo netto) (di solito assunto al lordo dell’ammortamento dell’avviamento) meno le imposte effettivamente pagate è la grandezza economica più prossima al Free Cash Flow from Operation (FCFO) che misura i flussi liberi al servizio del debito (per capitale ed interessi);

- il rapporto tra debito ed equity (D/E), nel quale per debito si deve intendere il debito finanziario netto. Si tratta di un indicatore volto ad individuare il limite massimo di leva finanziaria ammissibile;

- il rapporto tra gli oneri finanziari e il margine operativo lordo, che misura la capacità economica di sostenimento del costo dell’indebitamento;

- lo scaduto nei confronti dei dipendenti, fornitori, erario ed enti previdenziali (overdue). Il ritardo nel pagamento dei debiti dell’impresa costituisce un evidente indizio di difficoltà finanziaria;

- l’impiego di ulteriori indici di bilancio e indicatori di performance industriale tipici del settore in cui opera l’impresa.

Infine i consigli del CNDCEC sono i seguenti:

- in presenza di dati prognostici affidabili dovrà essere data la priorità ad essi, nella cennata rilevanza dell’approccio forward looking rispetto a valutazioni retrospettiche;

- la scelta degli indicatori di bilancio deve essere condotta individuando il nesso tra il rischio di crisi ed i singoli indicatori prescelti, nonché il loro livello soglia adottato. Il suggerimento è quello di adottare un numero contenuto di indicatori illustrando ex ante la significatività degli stessi;

- la sezione relativa agli indicatori di bilancio potrà essere ulteriormente sfoltita nelle società di piccole dimensioni (sino a ridurla a pochissimi indicatori) nel rispetto del principio della proporzionalità;

- particolari correttivi potranno essere introdotti in ragione delle specificità connesse al tipo contrattuale a fondamento dell’attività svolta dalla società (appalto o concessione); ovvero, ancora, ad esempio, in relazione alle società in house providing che, rappresentando l’estensione organizzativa e longa manus dell’Amministrazione pubblica, potrebbero richiedere una diversa modulazione del piano sotto il profilo della selezione, calcolo e interpretazione degli indicatori.

Il ricorso agli strumenti proposti deve comunque essere sorretto da una motivazione fondata su criteri obiettivi e ragionevoli.

Il Consiglio nazionale dei commercialisti, in coda alle raccomandazioni, propone una traccia di “Relazione sul governo societario ex art. 6, co. 4, d.lgs. 175/2016”, che incorpora uno schema di “Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale ex art. 6, co. 2, d.lgs. 175/2016” e di “Relazione sul monitoraggio e verifica di crisi aziendale” alla data di chiusura dell’anno solare.

Di Russo e Sequi precisano che “Attraverso lo schema proposto si offre agli operatori un’impostazione metodologica e una traccia elastica, non certo destinata a essere recepita in modo standardizzato e acritico, ma rimessa in ultima istanza agli operatori esposti alle connesse responsabilità, che hanno la facoltà di selezionare, tra gli strumenti valutativi e gli indicatori proposti, quelli che ritengano dotati di significatività in relazione alle peculiarità della specifica fattispecie, sulla base però di una motivazione che dovrà sempre essere fondata su criteri obiettivi e ragionevoli”.

CNDCEC, Documento, 07/03/2019

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/03/08/relazione-governo-societario-criteri-corretto-monitoraggio-rischio-crisi-impresa

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