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Imprese agro-alimentari: maggiori tutele dall’UE contro le pratiche commerciali sleali

Il Parlamento europeo ha dato il via libera, dopo una lunga gestazione, alla Direttiva UE contro le pratiche commerciali sleali per rafforzare la protezione degli agricoltori e delle piccole, medie e medio-grandi imprese agro-alimentari. L’obiettivo è fornire maggiori strumenti di difesa contro i considerevoli squilibri nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. Si tratta, tuttavia, di un’armonizzazione normativa di base. Spetterà agli Stati membri prevedere l’estensione dei soggetti coinvolti e della lista di pratiche vietate nelle legislazioni nazionali. Cosa farà l’Italia?

Il 12 marzo 2019 il Parlamento europeo ha dato il via libera all’approvazione, per la verità dopo un lungo iter di discussione, dell’attesa direttiva contro lepratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare.

Il testo approvato, presente sul sito della comunità europea, spiega le motivazioni principali dell’intervento del legislatore europeo in un settore così delicato per ogni singolo stato membro; tali motivazioni sono da ricercare principalmente nel fatto che nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile, afferma il documento in commento, che tali squilibri nel potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a un'operazione di vendita. Tali pratiche possono ad esempio: discostarsi nettamente dalle buone pratiche commerciali, essere in contrasto con i principi di buona fede e correttezza ed essere imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, imporre un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da un partner commerciale alla sua controparte, oppure imporre un significativo squilibrio di diritti e doveri a uno dei partner commerciali. Alcune pratiche potrebbero essere manifestatamente sleali anche quando entrambe le parti le accettano.

La finalità della Direttiva UE è quella di introdurre, nell'Unione, un livello minimo di tutela rispetto alle pratiche commerciali sleali per ridurne la frequenza, in quanto possono avere un effetto negativo sul tenore di vita della comunità agricola. L'approccio di armonizzazione minima della presente direttiva consente agli Stati membri di adottare o mantenere norme nazionali che vanno al di là delle pratiche commerciali sleali elencate nella presente direttiva.

La direttiva prevede che allo scopo di contrastare le pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali che sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, è definito un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate nelle relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare stabilendo norme minime concernenti l'applicazione di tali divieti, nonché disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto.

La direttiva si applica ad una lista di pratiche sleali in relazione alla vendita di prodotti agricoli o alimentari, nonché in relazione alla fornitura di servizi ancillari alla vendita di tali prodotti (attività promozionali, ricerche di mercato…).

Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutte le seguenti pratiche commerciali sleali siano vietate:

a) l'acquirente versa al fornitore il corrispettivo a lui spettante:

i) se l'accordo di fornitura comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

– per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stato stabilito l'importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

– per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l'importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

ii) se l’accordo di fornitura non comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

– per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stabilito l'importo da corrispondere a seconda di quale delle due date sia successiva;

– per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stabilito l'importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva;

b) l'acquirente annulla ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso talmente breve da far ragionevolmente presumere che il fornitore non riuscirà a trovare un'alternativa per commercializzare o utilizzare tali prodotti; per preavviso breve si intende sempre un preavviso inferiore a 30 giorni; in casi debitamente giustificati e in determinati settori gli Stati membri possono stabilire periodi di durata inferiore a 30 giorni;

c) l'acquirente modifica unilateralmente le condizioni di un accordo di fornitura di prodotti agricoli e alimentari relative alla frequenza, al metodo, al luogo, ai tempi o al volume della fornitura o della consegna dei prodotti agricoli e alimentari, alle norme di qualità, ai termini di pagamento o ai prezzi oppure relative alla prestazione di servizi;

d) l'acquirente richiede al fornitore pagamenti che non sono connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari del fornitore;

e) l'acquirente richiede che il fornitore paghi per il deterioramento o la perdita, o entrambi, di prodotti agricoli e alimentari che si verificano presso i locali dell'acquirente o dopo che tali prodotti sono divenuti di sua proprietà, quando tale deterioramento o perdita non siano stati causati dalla negligenza o colpa del fornitore;

f) l'acquirente rifiuta di confermare per iscritto le condizioni di un accordo di fornitura tra l'acquirente e il fornitore per il quale quest'ultimo abbia richiesto una conferma scritta; ciò non si applica quando l'accordo di fornitura riguardi prodotti che devono essere consegnati da un socio di un´organizzazione di produttori, compresa una cooperativa, all´organizzazione di produttori della quale il fornitore è socio, se lo statuto di tale organizzazione di produttori o le regole e decisioni previste in detto statuto o ai sensi di esso contengono disposizioni aventi effetti analoghi alle disposizioni dell'accordo di fornitura;

g) l'acquirente acquisisce, utilizza o divulga illecitamente segreti commerciali del fornitore ai sensi della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio;

h) l'acquirente minaccia di mettere in atto, o mette in atto, ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore quando quest'ultimo esercita i diritti contrattuali e legali di cui gode, anche presentando una denuncia alle autorità di contrasto o cooperando con le autorità di contrasto durante un'indagine;

i) l'acquirente chiede al fornitore il risarcimento del costo sostenuto per esaminare i reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti del fornitore, benché non risultino negligenze o colpe da parte del fornitore.

Al paragrafo 2, dell’art. 3, della Direttiva UE in commento, si identificano le pratiche sleali quando sono applicate senza un accordo, ma che possono creare effetti positivi reciproci e quindi essere ammesse solo se precedentemente concordate, in modo chiaro e univoco, tra le parti. Le pratiche identificate riguardano:

1) la restituzione di prodotti invenduti o sprecati;

2) il pagamento di costi per l’immissione sul mercato del prodotto, di immagazzinamento, di esposizione o inserimento in listino dei prodotti alimentari;

3) il pagamento per spese promozionali;

4) il pagamento per spese pubblicitarie.

Durante l’approvazione nel Parlamento europeo della direttiva in commento sono state aggiunte anche le seguenti pratiche:

- il pagamento per i costi di advertising;

- il pagamento per la gestione del prodotto una volta consegnato.

Per tutte queste pratiche, l’acquirente dovrà presentare al fornitore, se richiesta, una stima per iscritto di tale pagamento.

Per garantire un più alto livello di tutela, gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali più rigorose di quelle previste nella direttiva in commento, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.

La direttiva in commento lascia impregiudicate le norme nazionali finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.

È previsto che le disposizioni concernenti il recepimento della direttiva UE in commento, devono essere adottata dai vari Stati membri al più tardi entro 24 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione e implementate entro 30 mesi.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/commercio-internazionale/quotidiano/2019/04/11/imprese-agro-alimentari-maggiori-tutele-ue-pratiche-commerciali-sleali

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