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Class action: a quali rischi sono esposte le imprese?

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge sulla class action. 15 nuovi articoli nel codice di procedura civile (racchiusi nel titolo VIII-bis "dei procedimenti collettivi") disegnano l’identikit dell’azione di classe all’italiana. Destinatari sono imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro attività. L’analisi delle norme restituisce l’immagine di flussi burocratici intricati e complicati, un labirinto di procedimenti. L’azione di classe espone le aziende ad una forte alea, che si può prevenire solo con la preferenza di vie conciliative o transattive.

La legge n. 31 del 12 aprile 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del18 aprile 2019, recante “Disposizioni in materia di azione di classe”, introduce nel codice di procedura civile un nuovo titolo VIII-bis "dei procedimenti collettivi", composto da 15 nuovi articoli (dall'articolo 840-bis all' articolo 840-sexiesdecies).

Il nuovo titolo amplia l'ambito d'applicazione soggettivo e oggettivo dell'azione di classe. Si elimina ogni riferimento a consumatori e utenti: l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali omogenei".

L'azione potrà essere avviata anche da organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come scopo la tutela dei suddetti diritti, e che saranno iscritte in un elenco (istituendo) tenuto dal Ministero della Giustizia.

Viene anche ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Sono destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.

Se viene presentata un'azione di classe sono sempre possibili, anche durante lo svolgimento della procedura, transazioni tra le parti e gli aderenti all'azione.

L’azione di classe si presenterà avanti alla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale del luogo ove ha sede la parte resistente.

Si applica il rito sommario di cognizione. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, dovrà essere pubblicato su un apposito portale del ministero della giustizia.

Gli appartenenti alla classe possono aderire in due momenti:

1) nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ammette l'azione:

2) nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio.

Quanto all'istruzione della causa, il giudice civile può ordinare all’impresa l’esibizione delle prove e basarsi su presunzioni e dati statistici.

La sentenza, emessa dal tribunale delle imprese, che accoglie l'azione di classe, definirà chi ha diritto al risarcimento e individua la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Con la sentenza si determina l'importo che ogni aderente deve versare a titolo di fondo spese e vengono inoltre nominati: un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione (e decidere sulle liquidazioni), un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare).

Le adesioni avverranno mediante una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia.

Nella fase successiva dell'azione di classe il giudice delegato accoglie le domande di adesione e condanna con decreto il resistente al pagamento delle somme dovute.

In questa fase il rappresentante comune degli aderenti predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei prendendo posizione su ciascuna domanda individuale; il progetto è comunicato agli aderenti e al resistente.

Il giudice delegato decide, infine, con decreto motivato, sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Se l’impresa-resistente provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute in un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune.

Se, al contrario, il resistente non adempie, anche la procedura di esecuzione forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune.

La legge disciplina anche il compenso derivante dalla quota lite, cioè una somma che, a seguito del decreto del giudice delegato, il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente. Si tratta di un compenso ulteriore, quindi, rispetto alla somma che il resistente dovrà pagare a ciascun aderente come risarcimento.

La legge si dilunga a illustrare le diverse fasi delle impugnazioni.

Le disposizioni della nuova class action entreranno in vigore decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale e si applicheranno alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della sua entrata in vigore.

Alle condotte illecite poste in essere precedentemente continueranno ad applicarsi le disposizioni previgenti.

Probabilmente il legislatore sta scommettendo per una posta molto particolare, ovvero la disintermediazione del servizio giustizia. La legge vuole consolidare, probabilmente, una forma di “servizio giustizia” che non passi attraverso l’intermediazione dello strumento del processo su un caso singolo e l’intermediazione degli operatori di giustizia (magistrati, avvocati, personale amministrativo degli organi giudiziari). Se la posta è questa intermediazione, e quindi la semplificazione e l’accelerazione degli eventi, allora, la previsione è semplice: la scommessa è persa.

La nuova class action a tinte tricolori si preannuncia come una procedura concorsuale, in cui c’è un giudice delegato, un organo che assomiglia a un curatore (il rappresentante degli aderenti), un piano di assegnazione dei risarcimenti che somiglia a un piano di riparto delle attività (progetto dei diritti individuali omogenei), e così via.

In sostanza nessuna disintermediazione, ma anzi nuove intermediazioni.

La valutazione in termini di effettività del futuro sistema e la comparazione con le azioni individuali e con la attuale class action del codice del consumo, naturalmente, non è possibile adesso, perché non ci sono esperienze dei due termini del confronto. Pertanto non è possibile dire se è meglio la intermediazione giudiziaria (sistema attuale) o la nuova intermediazione degli organi dell’azione di classe (sistema futuro).

D’altra parte ci si deve chiedere quali siano i parametri per la misurazione dell’effettività dei due sistemi, se, ad esempio, occorra considerare la quantità di risarcimento pro capite (nel breve periodo) o la riduzione dei prezzi e la migliore qualità di beni e servizi (nel medio-lungo periodo), atteso che la class action virtuosa potrebbe catalizzare sistemi di autoregolazione della produzione.

Anzi, a ben vedere, forse proprio quest’ultima prospettiva potrebbe essere la più ottimistica: la previsione stessa di una class action, che rischia di essere un viluppo inestricabile dannoso di per sé, potrebbe incentivare misure e precauzioni per evitare di essere coinvolti.

Un imprenditore, che abbia a mente la funzione sociale dell’impresa, vorrà minimizzare il danno del processo e dell’iter successivo e trasformarlo in un costo d’impresa, meglio se un investimento. Al contrario, le disutilità del coinvolgimento nelle dinamiche di un processo (per quanto malinconico possa essere parlare in questi termini) potranno risultare il piedistallo per erigere manovre speculative, attive o passive.

Anche se, a dire il vero, la scommessa pare aleatoria per l’impresa più che per il suo cliente.

Si ritiene, infatti, che il cuore della normativa stia non tanto nella disciplina processuale e procedurale della nuova azione di classe, ma in una regola di giudizio, dagli effetti sconvolgenti.

Si noti che per “sconvolgente” si intende qualcosa che spariglia le carte e fa rimanere di stucco per l’incredibilità contraddetta dal reale. Ebbene la parte sconvolgente sta in questa frase:

“ai fini dell’accertamento della responsabilità del resistente il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici” (articolo 840-quinquies, quarto comma, codice di procedura civile).

Il significato pratico della disposizione, ora riportata, è la possibilità di decidere sulla base di approssimazioni.

Si noti che siamo di fronte a una regola di giudizio, che è, certo, un’arma a doppio taglio: si può decidere sulla base di approssimazioni (matematiche o logiche) a favore del cliente o dell’impresa.

Ma non è irragionevole sostenere che una decisione approssimata, che impoverisca un’impresa, finisce per decurtare o azzerare profitti, ma anche salari e imposte connessi a quella attività imprenditoriale.

Né una class action, in quanto tale, per quanto sofisticata sia, che interviene per definizione a posteriori (e cioè dopo che un illecito sia stato compiuto e un danno si è realizzato), potrà mai essere scambiata per un’agenzia di regolazione del mercato, al fine di prevenire futuri illeciti.

Il tribunale non è l’agenzia della regolazione del mercato, ma è il luogo della decisione delle controversie dopo una lesione degli equilibri del mercato.

I luoghi della regolazione del mercato sono, invece, il Parlamento, cioè il luogo delle decisioni generali e astratte; il Governo, cioè il luogo delle scelte economiche generali; le autorità amministrative preposte all’esercizio di poteri incentivanti, inibitori, correttivi, ecc.

Pertanto l’azione di classe, nella quale si deciderà su basi, il più delle volte, approssimate può portare notevoli rischi alle imprese.

Si consideri l’aspetto citato, che è molto di più di un tecnicismo giudiziale, combinato con altri elementi della nuova class action all’italiana. Ci si riferisce, in particolare, a due aspetti: all’effetto di forzosa esibizione del proprio know how a seguito dell’ordine del giudice di esibire in giudizio documentazione aziendale, nel corso della destrutturata istruttoria giudiziale; ed inoltre all’effetto reputazionale negativo immediato collegato alla pubblicità, con il sistema del futuro portale ministeriale, del procedimento avviato o concluso nei confronti dell’impresa con l’apertura all’universalità delle adesioni da parte dei potenziali danneggiati. Ebbene, sono questi una serie di fattori da cui deriva la temibilità per le imprese della azione di classe all’italiana.

A questo punto, la contromossa possibile alle imprese riposa nella possibilità di chiudere accordi conciliativi e o transattivi, che sono indicati e forse incentivati anche nella nuova disciplina dell’azione di classe.

Insomma la considerazione degli effetti di questa nuova azione porta a dire che l’approccio più equilibrato potrà essere evitarla a mezzo di una negoziazione diretta tra le parti in gioco.

Può essere che sia maggiormente equilibrato negoziare sulle basi approssimate e, quindi, essere autori del risultato della mediazione, piuttosto che affrontare l’alea della decisione di altri su possibili basi approssimate.

Estremo

Legge 12/04/2019, n. 31 (G.U. 18/04/2019, n. 92)

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/04/19/class-action-rischi-esposte-imprese

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