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Manodopera agricola: legittimo l’accertamento del fabbisogno mediante stima tecnica

La Corte costituzionale ritiene che l’accertamento dei contributi previdenziali agricoli basato non più su criteri presuntivi, ma sulla stima tecnica del fabbisogno di manodopera dell’azienda non pregiudica la tutela previdenziale dei lavoratori e non viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza e che l’imposizione di contributi previdenziali in assenza della previa individuazione dei lavoratori utilizzati, non converte di fatto l’obbligazione contributiva né in una sanzione né in un tributo. Il sistema contributivo contestato costituisce una misura antielusiva e non ha natura sanzionatoria.

Con la sentenza n. 121 del 17 maggio 2019, la Corte costituzionale ha risolto i dubbi di legittimità prospettati dalla Corte d’appello di Roma in riferimento alla sentenza del tribunale che aveva rigettato la domanda di accertamento negativo proposta dal titolare di un’impresa agricola, in seguito alla notificazione di un verbale di accertamento ispettivo con il quale l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) aveva proceduto all’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate lavorative, rispetto a quelle risultanti dalle dichiarazioni trimestrali della manodopera occupata, corrispondenti al fabbisogno di occupazione dell’impresa determinato sulla base della stima tecnica.

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 121/19 del 17 maggio 2019, rileva innanzi tutto che nell’ambito della delega per il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti privati e pubblici, con riguardo alla previdenza nel settore agricolo, fu stabilito tra l’altro, il principio e criterio direttivo della «razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e di accertamento e riscossione dei contributi, al fine di una migliore efficienza del servizio e del rafforzamento delle misure contro le evasioni e le elusioni». Fu adottato quindi, il d.lgs. n. 375 del 1993, concernente la «razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi» che all’art. art. 8, sotto la rubrica «Controlli», contiene anche la disciplina dell’accertamento dei contributi dovuti per i lavoratori dell’agricoltura. Tale articolo stabilisce che, ai fini del raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupata acquisiti sulla base delle risultanze del collocamento, gli uffici procedono a una «stima tecnica a mezzo visita ispettiva», mediante la quale «determinano il numero delle giornate di lavoro occorrenti in relazione all’ordinamento colturale dei terreni, al bestiame allevato, ai sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, ai periodi di esecuzione dei lavori, nonché alle consuetudini locali».

Al fine di una maggiore garanzia del soggetto passivo dell’obbligo contributivo, l’utilizzazione degli esiti della stima tecnica ai fini dell’accertamento dei contributi dovuti, richiede dunque che da tale stima emerga un fabbisogno di manodopera «significativamente superiore» rispetto alle giornate che risultano dalle dichiarazioni trimestrali della manodopera occupata previste dall’art. 6 del d.lgs. n. 375 del 1993. Inoltre, l’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate di lavoro determinate mediante la stima tecnica è consentita solo in presenza di due condizioni:

- che il datore di lavoro non fornisca «adeguata motivazione» dello scostamento entro il termine di quaranta giorni;

- che «non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative giornate di occupazione».

Se sussistono tali condizioni, l’INPS procede all’imposizione dei contributi, liquidandoli sulla base delle retribuzioni medie.

Alla luce di quanto rilevato la Corte Costituzionale ritiene che l’accertamento dei contributi previdenziali agricoli basato non più su criteri presuntivi, ma sulla stima tecnica del fabbisogno di manodopera dell’azienda (previsto dall’articolo 8, comma 3, del decreto lgs. n. 375/1993, con successive modifiche) non pregiudica la tutela previdenziale dei lavoratori e non viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Inoltre conferma la piena compatibilità tra l’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate determinate mediante valutazioni tecniche (quali sono l’ordinamento colturale dei terreni, il bestiame allevato, i sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, anche sulla scorta di consuetudini locali) e la tutela previdenziale.

Inoltre la Corte ritiene che l’imposizione di contributi previdenziali in assenza della previa individuazione dei lavoratori utilizzati, non converte di fatto l’obbligazione contributiva né in una sanzione, come asserito dal rimettente, né in un tributo, come sostenuto, in via alternativa, dalla parte costituita. Sia la quantificazione delle somme imposte, che corrispondono alla contribuzione dovuta in relazione al maggior numero di giornate, lavorative accertate e alla retribuzione media per esse determinata nell’anno, sia l’evidente destinazione delle stesse al finanziamento della tutela previdenziale del lavoro, confermano la natura sostanzialmente previdenziale dei contributi richiesti al datore di lavoro, sia il fondamento nella «capacità contributiva», sia la generica destinazione al concorso alle «spese pubbliche», escludono, al contempo, la natura tributaria degli stessi contributi.

Corte Costituzionale, sentenza 17/05/2019, n. 121/2019

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2019/05/18/manodopera-agricola-legittimo-accertamento-fabbisogno-stima-tecnica

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