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Pensioni: dalla Corte dei Conti la ricetta per “riforme sostenibili”

I provvedimenti in materia di pensioni dovrebbero essere ispirati ad un corretto bilanciamento delle esigenze delle generazioni presenti con le generazioni future. Inoltre, è necessaria una maggiore stabilità delle regole del nostro sistema previdenziale: serve, infatti, un quadro normativo in grado di offrire una “sostenibile normalità” alle nuove generazioni, ai lavoratori più anziani, alle imprese, nonchè agli investitori internazionali interessati ad avviare attività economiche nel nostro Paese. Lo evidenzia la Corte dei Conti nel Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica, con focus su quota 100.

Il recente Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti dedica ampio approfondimento alla evoluzione del nostro sistema previdenziale con ampio focus su quota 100.

Tra le diverse considerazioni che vengono sviluppate si rimarca la necessità dell’introduzione di una soluzione strutturale e permanente, più neutra dal punto di vista dell’equità tra coorti di pensionati e tale da preservare gli equilibri e la sostenibilità di lungo termine del sistema.

Al di là di come potrebbero essere disegnate altre modalità di uscita flessibili (stando alle dichiarazioni più volte espresse dal Governo, Quota 100 dovrebbe lasciare il posto al termine della sperimentazione a quota 41) la necessità di una maggiore stabilità delle regole del nostro sistema previdenziale sembra essere particolarmente importante.

La magistratura contabile rileva come nel 2018 la spesa complessiva per prestazioni sociali in denaro, inclusiva sia dei trattamenti di natura previdenziale che di quelli assistenziali è stata pari a 349 miliardi, in crescita del 2 per cento e di 1 decimo di punto in rapporto al Pil (dal 19,8 al 19,9 per cento). Pensioni e rendite, con 269 miliardi, pesano per il 15,3 per cento del prodotto; tenendo conto delle misure della legge di bilancio e del successivo DL 4 del 2019, secondo il DEF esse sono previste aumentare al 15,9 nel 2022. Ciò, in un quadro di medio–lungo periodo, segnato da una bassa crescita dell’economia e dal progressivo invecchiamento della popolazione, che vede un inevitabile aumento delle spese age related. Aumento che le riforme succedutesi dal 2004 contribuiscono a contenere e le cui ragioni economiche appaiono tuttora valide.

Nel confronto internazionale, prosegue la Corte dei Conti, l’Italia non sembra penalizzata in termini di età “effettiva” di uscita dal mondo del lavoro: 62,1 anni per gli uomini e 61,3 per le donne nel 2016 (ultimo dato disponibile), valori che si confrontavano con i 65,1 e 63,6 anni nella media OCSE. E d’altra parte, dopo il varo della legge n. 214 del 2011, il complessivo sistema di eccezioni ha consentito di andare in pensione ad un numero molto significativo di persone, che non avrebbero potuto lasciare il lavoro sulla base di un’applicazione rigida delle nuove norme.  Del resto, misure di allentamento rivolte a segmenti effettivamente fragili (lavoratori precoci, operanti in particolari settori, ecc) sono anche sostenibili dal punto di vista della logica attuariale ed assicurativa. Per contro, in un sistema che eroga prestazioni con ancora elevate componenti retributive, si sottolinea, l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale comporta sia esigenze di cassa (tipiche di un sistema a ripartizione), sia debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione.

I provvedimenti in materia di previdenza, osserva ancora la Corte dei Conti, dovrebbero essere ispirati ad un corretto bilanciamento delle esigenze delle generazioni presenti con quelle delle generazioni future. Inoltre, le misure varate con la Manovra per il 2019 ed i provvedimenti correlati (blocchi dell’indicizzazione dell’età alla speranza di vita, reintroduzione del sistema delle finestre) dovrebbero essere valutate tenendo conto dell’importanza che sia definito, in un comparto della spesa corrente così rilevante sul piano quantitativo e qualitativo, un quadro di certezza e stabilità normativa.

Consulta il dossier Quota 100 e pensioni 2019

Un quadro che dovrebbe essere in grado di offrire quella che viene definita come una “sostenibile normalità” alle nuove generazioni, ai lavoratori più anziani, alle imprese, agli investitori internazionali interessati ad avviare attività economiche nel nostro Paese per i cui piani industriali rileva la prospettiva degli oneri sociali.

Si muovono invece nella logica del non ordinario non soltanto Quota 100, ma anche misure come la modifica del meccanismo di perequazione ai prezzi, il contributo, per l’appunto straordinario, sui trattamenti di importo elevato, i tempi per la corresponsione del TFR/TFS nel pubblico impiego, il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro, e così via.

L’introduzione di Quota 100 ha comunque posto sotto i riflettori una reale esigenza, evidenzia il Rapporto, quella di un maggior grado di flessibilità del requisito anagrafico di pensionamento. Come premesso, evidenzia la Corte dei Conti, si ritiene necessario introdurre una soluzione strutturale e permanente che preveda una “correzione attuariale” della componente retributiva dell’assegno e che quindi in caso di pensioni “miste”, non comporterebbe la creazione di debito pensionistico implicito.

Oltre al tema della flessibilità di uscita e di una sua messa a punto in via generale e non transitoria, sarebbe comunque utile che si aprisse un’attenta riflessione su come tener conto, in prospettiva, delle effettive condizioni di salute della popolazione anziana, sull’adeguatezza dei trattamenti futuri e la possibilità che, in contesti caratterizzati da bassi salari e forte precarizzazione delle carriere lavorative, si determinino elevate quote di pensioni “povere”, con implicazioni sulle politiche assistenziali e sulla stessa propensione dei lavoratori a contribuire al sistema di assicurazione generale obbligatoria.

Quasi in contemporanea al rapporto della Corte dei Conti è stato presentato il Rapporto 2019 sullo stato sociale della Sapienza che evidenzia come Quota 100 introduce elementi di flessibilità ma sarà usufruita da un numero limitato di lavoratori e che deve commisurarsi con il problema strutturale e con i gravi effetti sociali che si porranno quando circa la metà di coloro che sono entrati nel mondo del lavoro a metà degli anni Novanta andranno in pensione con un assegno largamente inferiore alla soglia di povertà.

Sarebbe allora urgente un intervento strutturale del sistema pensionistico in tal senso.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2019/06/05/pensioni-corte-conti-ricetta-riforme-sostenibili

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