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Regime fiscale forfettario: cosa deve fare il sostituto d’imposta

Il decreto Crescita ha reintrodotto l’obbligo per il datore di lavoro che svolge attività in regime fiscale forfettario di operare le ritenute fiscali, in qualità di sostituto d’imposta, sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati. I datori di lavoro in regime forfettario devono regolarizzare il comportamento tenuto nei mesi precedenti effettuando, a partire dal prossimo mese di agosto, il conguaglio fiscale sulle retribuzioni erogate fino ad aprile 2019. Il tema sarà approfondito durante il prossimo Festival del Lavoro, organizzato dalla Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, che si svolgerà a Milano dal 20 al 22 giugno 2019.

L’articolo 1, commi da 9 a 11, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio 2019) ha modificato l’ambito di applicazione del regime fiscale forfetario previsto dalla legge n. 190/2014. È stata introdotta una soglia unica di ricavi e compensi corrispondente a 65.000 euro, superiore ai limiti di fatturato previsti dalla precedente normativa e indipendente dalla tipologia di attività esercitata, precisando altresì che in caso di svolgimento di più attività, ai fini dell’applicazione del nuovo regime forfettario, il predetto limite si riferisce alla somma dei ricavi e dei compensi derivanti dalle diverse attività esercitate.

Con l’abrogazione delle lettere b) e c) del comma 54 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 sono inoltre venute meno le condizioni che consentivano l’accesso al regime forfettario solo in presenza di dotazioni in beni strumentali fino a 20.000 euro e di spese per prestazioni di lavoro fino a 5.000 euro.

Da ultimo sono state riviste le cause ostative all’applicazione del regime forfetario di cui alle lettere d) e d-bis) del comma 57 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 con l’obiettivo, evidenziato nella relazione illustrativa della legge di Bilancio 2019, di “evitare artificiosi frazionamenti delle attività d’impresa o di lavoro autonomo svolte o artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo”. In particolare, la lettera d) del comma 57, nell’attuale formulazione, dispone che “non possono avvalersi del regime forfetario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che contemporaneamente partecipano a società di persone o associazioni o imprese familiari di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986, ovvero, che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti e professioni”; ancora, la nuova formulazione della lettera d bis del comma 57 prevede che non possono avvalersi del regime agevolato le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano in corso nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili.

Se da una parte il legislatore ha ampliato l’accesso al regime agevolato allargando la platea dei contribuenti interessati, dall’altra ha introdotto opportune limitazioni atte a ridurre abusi del diritto, ricorsi illegittimi alla norma e comportamenti potenzialmente elusivi.

La volontà di semplificare la gestione degli adempimenti contabili e di agevolare fiscalmente un maggior numero di aziende e professionisti rischia tuttavia di scontrarsi con un altro complesso di norme vigenti in materia di sostituti di imposta, dal momento che il nuovo regime consente l’accesso ad una platea potenzialmente più ampia di datori di lavoro (avendo rimosso il limite delle spese per prestazioni di lavoro fino a 5.000 euro). Il datore di lavoro è, per definizione, sostituto d’imposta, mentre il forfetario è per espressa previsione normativa esonerato dall’obbligo di rivestire la qualifica di sostituto d’imposta; diventa quindi essenziale comprendere se il datore di lavoro forfetario resta, relativamente alla gestione dei rapporti di lavoro, sostituto d’imposta.

Le prime interpretazioni della norma avevano escluso questa possibilità creando una sorta di anomalia nella gestione del calcolo delle retribuzioni e delle relative ritenute.

Fortunatamente si è definita la questione sul fronte delle implicazioni legate alla gestione del personale. Il decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (Decreto Crescita) in vigore dal 1° maggio 2019, ha reintrodotto l’obbligo, per il datore di lavoro che svolge attività in regime fiscale forfettario, di operare le ritenute fiscali, in qualità di sostituto d’imposta, sui redditi da lavoro dipendente ed assimilati. Lo stesso decreto prevede che i datori in regime forfettario (che non abbiano effettuato ritenute sui redditi di lavoro dipendente in sede di prima applicazione della norma) debbano regolarizzare il comportamento tenuto nei mesi precedenti effettuando, a partire dal prossimo mese di agosto, il conguaglio fiscale sulle retribuzioni erogate fino al mese di aprile 2019.

Consulta il dossier Decreto Crescita

Le tipologie con cui un datore di lavoro in regime forfettario può utilizzare forza lavoro sono:

- lavoro subordinato;

- lavoro accessorio di cui all’art. 70, D.Lgs. n. 276/2003;

- collaborazioni coordinate e continuative ex art. 50, comma 1, lett. c) e c) -bis. TUIR;

- prestazioni di lavoro effettuate dai familiari dell’imprenditore di cui all’art. 60 del TUIR.

Con riferimento al rapporto di lavoro subordinato ricordiamo che, in assenza di specifico obbligo, il datore di lavoro forfettario poteva limitarsi ad indicare nel LUL dei lavoratori dipendenti e assimilati i dati obbligatori riguardanti il rapporto di lavoro, la distribuzione dell’orario, il corrispettivo economico del mese, le eventuali assenze (malattia, ferie ecc), le ritenute previdenziali ma poteva evitare di operare ritenute a titolo fiscale (ritenute Irpef – addizionali regionali e comunali).

La mancata ritenuta fiscale avrebbe quindi obbligato il lavoratore ad effettuare la dichiarazione dei redditi per provvedere al calcolo e al successivo versamento delle imposte erariali, eventualmente recuperando quanto previsto dall’art. 1 del D.L. n. 66/2014 (bonus Renzi).

Alla luce delle novità introdotte dal citato Decreto Crescita, ovvero il ripristino in capo al datore di lavoro forfettario dell’obbligo di operare ritenuto d’acconto in qualità di sostituto di imposta con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2019, è opportuno soffermarsi sulle previste operazioni di conguaglio.

La norma prevede che il datore di lavoro in regime forfettario debba effettuare il conteggio delle ritenute fiscali relative alle retribuzioni erogate nei primi mesi del 2019 e trattenere il dovuto dividendo l’importo totale in tre rate mensili. La trattenuta andrà operata a partire dalle retribuzioni corrisposte dal 1° agosto in poi. Poiché si applica il criterio di cassa è importante stabilire quando avviene il pagamento delle retribuzioni ovvero:

- pagamento delle retribuzioni di luglio nel mese di agosto: 1° trattenuta con LUL luglio

- pagamento delle retribuzioni di agosto nel mese di agosto: 1° trattenuta con LUL agosto

Il ripristino in capo al datore di lavoro della funzione di sostituto di imposta comporta per lo stesso ulteriori adempimenti in quanto nella Certificazione Unica 2020 redditi 2019 dovranno essere riportati anche i dati fiscali oltre a quelli previdenziali; di conseguenza lo stesso datore dovrà evidenziare nel modello 770 le ritenute fiscali operate mensilmente nonché i dati dei corrispondenti versamenti effettuati tramite modello F24.

Chiaramente se il datore di lavoro forfettario, nel dubbio interpretativo della norma, avesse già operato le ritenute a partire da gennaio 2019, non dovrà effettuare nessun conguaglio.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sostituto-dimposta/quotidiano/2019/06/05/regime-fiscale-forfettario-sostituto-imposta

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