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Gig economy e riders: autonomia nelle collaborazioni e maggiori tutele (forse)

Si continua a parlare dei riders, delle loro (mancate) tutele e del possibile inquadramento lavorativo. Mentre l’Europa si è mossa emanando una specifica direttiva e l’Italia si appresta ad emanare un provvedimento ad hoc ipotizzando la riconduzione delle loro prestazioni nell’alveo della subordinazione, la giurisprudenza (in attesa) detta le regole. Le ultime sentenze (della Corte di Appello di Torino, prima, e del Tribunale di Roma, poi) hanno focalizzato l’attenzione sulla non obbligatorietà della prestazione dedotta nel contratto, un elemento ritenuto decisivo ai fini della esclusione del rapporto di lavoro subordinato. Cosa ci si attende dal legislatore?

I giornali e gli altri mezzi di informazione trattano, in maniera pressoché continuativa, la questione dell’inquadramento lavorativo e delle tutele dei lavoratori della “GIG economy”, con particolare riguardo ai “riders” il cui numero, anche per i cambiamenti di abitudini della clientela, sta sempre più aumentando. In Parlamento sono in discussione, da diversi mesi, provvedimenti normativi finalizzati, pur tra diversi “distinguo”, ad ipotizzare maggiori tutele per tali lavoratori con possibile riconduzione delle loro prestazioni nell’alveo della subordinazione, peraltro già ipotizzata nell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 ove il Legislatore, parlando dei rapporti di collaborazione afferma che “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”, allorquando vengono a mancare gli elementi tipici degli stessi.

La breve analisi che segue vuole disegnare, brevemente, “lo stato dell’arte” alla luce di due recenti sentenze, la n. 26 del 4 febbraio 2019 della Corte di Appello di Torino relativa ai “riders” e del Tribunale di Roma n. 4243 del 6 maggio 2019 concernente i lavoratori di un call-center le cui prestazioni sono definite come “out bound” (attività di “customer care” attraverso canali di front e di back office, assistenza commerciale e tecnica e gestione dei reclami).

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L’esame inizia dalla prima sentenza, quella della Corte di Appello di Torino relativa ai fattorini “riders”: esso non può che iniziare partendo dall’articolato normativo dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. ”a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Al di là della specifica vicenda, rispetto alla quale appare opportuno effettuare un breve riassunto, l’indirizzo espresso dalla Corte di Appello che ha riformato, sia pure parzialmente, la decisione del Tribunale, appare importante ed innovativo in quanto esprime una linea interpretativa da seguire relativa al significato da attribuire all’assunto normativo ove si parla di applicazione “della disciplina del rapporto di lavoro subordinato”.

Alcuni riders, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa avevano fatto ricorso al Tribunale del Lavoro di Torino ritenendo come la previsione contenuta nel comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015 fosse stata ampiamente violata e, di conseguenza, avevano richiesto il riconoscimento della subordinazione ed un risarcimento del danno. Il Tribunale aveva respinto tali richieste affermando che la libertà di decidere se e quanto prestare la propria attività, escludeva qualunque sussistenza di rapporto di lavoro subordinato. La stessa tesi era stata sostenuta dal Tribunale di Milano chiamato a decidere, nello stesso periodo, su ricorsi di analogo contenuto.

La Corte di Appello di Torino non ha, pienamente, confermato la decisione di primo grado e, pur ritenendo che il rapporto di lavoro non potesse ricondursi direttamente a contratto di lavoro subordinato, ha effettuato una analisi dei contenuti dello stesso in rapporto alla previsione del citato art. 2, indicando un “tertium genus” tra il lavoro subordinato, che trova il proprio riferimento nell’art. 2094 del codice civile, ed il lavoro autonomo coordinato e continuativo disciplinato da una norma di diritto processuale (art. 409 c.p.c., n. 3, modificato dall’art. 15, comma 1, lettera a, del D.L.vo n. 81/2017) che radica presso il giudice del lavoro la cognizione di tale rapporto.

Sono tre gli elementi fondamentali sui quali si sofferma, nella decisione, la Corte di Appello:

a) personalità;

b) continuità della prestazione;

c) etero organizzazione;

Nessun dubbio relativamente al primo requisito: la prestazione dei ciclo fattorini è prettamente personale.

Più problematica appare la individuazione dell’elemento della continuità della prestazione.

Il requisito (che può ritenersi valido anche in situazioni del tutto diverse rispetto all’attività dei “riders”) si può ritenere soddisfatto, secondo i Giudici di Appello, che in presenza di una “non occasionalità delle prestazioni” che si ripetono nel tempo, seppur con intervalli. Tale nozione appare molto ampia ma va vista in rapporto ad un mutamento continuo dei rapporti di lavoro.

N.B. In futuro, a mio avviso, sarà necessario effettuare specifici approfondimenti sul concetto di continuità e sulla sussistenza dell’obbligo della prestazione.

Per quel che riguarda la c.d. “etero organizzazione”, ci si trova di fronte, secondo la Corte, ad “un terzo genere” che si distingue da un lato, rispetto al potere direttivo e disciplinare tipico della subordinazione e, dall’altro, dalla collaborazione coordinata di cui parla il novellato art. 409 c.p.c., n. 3, ove, chiaramente, viene stabilito che la “collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.

A differenza di quest’ultima ipotesi il “terzo genere” si caratterizza nel modo seguente: il committente, in via del tutto unilaterale, fissa i tempi ed il luogo di lavoro del prestatore e, quale sanzione, per l’inottemperanza alla esplicita previsione dell’art. 2 del D.L.vo n. 81/2015, si vede applicata “la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”, con alcune limitazioni, perché i giudici “salvano” la natura autonoma del rapporto (atteso che il fattorino può decidere o meno di eseguire la prestazione), ma riconoscono molte tutele previste dalla subordinazione. Nella sostanza, un lavoro autonomo ove trovano piena applicazione le disposizioni legali e contrattuali relative alla salute e sicurezza sul lavoro, alla retribuzione ed all’inquadramento, all’orario di lavoro, ai riposi, alle ferie ed alle coperture di natura previdenziale (nel caso di specie ai ciclo fattorini è stato riconosciuto, dando attuazione all’art. 36 della Costituzione, il trattamento economico e normativo previsto dal quinto livello del CCNL della Logistica, rinnovato il 18 luglio 2018, soltanto con riferimento “ai giorni ed alle ore effettivamente prestate”).

La individuazione di questo “terzo genere” tra autonomia coordinata ex art. 409 c.p.c. n. 3 e contratto di lavoro dipendente (art. 2094 c.c.) ha fatto sì che fossero respinte, anche per la natura a termine del rapporto, le domande finalizzate alla costituzione di rapporti di lavoro di natura subordinata.

Al di là della questione dei “riders” la sentenza della Corte di Appello ha il pregio di offrire, per la prima volta, una interpretazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015 relativo al lavoro “etero organizzato” che, in dottrina, aveva già registrato un ampio dibattito.

Fin qui, i giudici di Torino: passo, ora, ad esaminare la decisione del Tribunale di Roma del 6 maggio 2019 che ha trattato un altro aspetto della “GIG economy”: quello dei lavoratori “out bound” dei call-center.

Con tale sentenza, il giudice si è pronunciato sulla legittimità delle c.d. “collaborazioni coordinate e continuative etero - organizzate” e sulla conseguente distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, argomentando anche sulla inapplicabilità della disciplina del rapporto di lavoro subordinato laddove, sulla scorta di accordi collettivi stipulati a livello nazionale, secondo la previsione del comma 2 dell’art. 2, del D.Lgs. n. 81/2015, siano state stabilite disposizioni specifiche sotto l’aspetto sia normativo che economico.

Anche in questo caso, riallacciandosi anche ad alcune motivazioni espresse nella sentenza di Torino, il giudice di Roma ha focalizzato la propria attenzione sulla non obbligatorietà della prestazione dedotta nel contratto: i lavoratori potevano, con cadenza settimanale, prenotare i propri turni di 4 ore, comunicando al committente sia il giorno che la dislocazione oraria, senza alcuna conseguenza di natura disciplinare correlata sia alla mancata presentazione che alla revoca della disponibilità. Questo elemento è stato ritenuto decisivo ai fini della esclusione del rapporto di lavoro subordinato.

La “collaborazione etero - organizzata” c.d. “co.co.org”, è una prestazione autonoma che è, indubbiamente meno invasiva rispetto alla “etero – direzione” ma è più invasiva della previsione contenuta nell’art. 409, n. 3, c.p.c., in quanto si risolve “in una effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l’essere strutturalmente legata a questa”.

Alle collaborazioni “etero – organizzate” dello specifico settore (call-center) trova, di conseguenza, applicazione l’Accordo sottoscritto da Assocontact, Asstel e Assotelecomunicazioni, da una parte e da SLG CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL del 31 luglio 2017 che disciplina, per tali tipologie, uno specifico trattamento economico e normativo che porta ad una esclusione della configurazione, nel caso di specie, di un rapporto di lavoro subordinato. Tutto questo è perfettamente coerente con il dettato dell’art. 2, comma 2, lettera a) del D.Lgs. n. 81/2015 che offre la possibilità alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di delineare, alla luce delle particolari esigenze del settore, forme di tutela specifiche per i collaboratori.

Un breve commento, a conclusione: la materia è particolarmente controversa e il Legislatore, se vorrà, come sembra, mettere, nuovamente, mano, a tali prestazioni lavorative, dovrà, più che riferirsi alla qualificazione del rapporto, individuare forme di tutela, sia sotto l’aspetto della sicurezza e degli istituti che già le disposizioni legali prevedono, che sotto l’aspetto economico.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/07/20/gig-economy-riders-autonomia-collaborazioni-maggiori-tutele-forse

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