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Gestione del credito: banche in prima linea nell’emersione della crisi d’impresa

L’evoluzione del contesto economico italiano e mondiale ha inevitabilmente cambiato il rapporto banca-impresa che non ha potuto non implicare una variazione delle politiche di concessione e gestione del credito attraverso precisi criteri di selezione della clientela e controlli intensi. Si può dire che il mondo bancario si è trovato ad elaborare, anticipando anche il legislatore del Codice della crisi d’impresa, strumenti atti a consentire il pronto percepimento dei primi segnali di difficoltà delle stesse imprese, orientando la propria attività verso una gestione proattiva dei clienti che mostrano segnali di deterioramento. Sul fronte impresa, diviene, quindi, strategico sviluppare un dialogo con il sistema bancario che poggi su adeguati strumenti di analisi che fungano da supporto decisionale per l’impresa stessa. Come fare?

Il modo di fare banca ha subito nel tempo molteplici cambiamenti che hanno profondamente influito anche sul rapporto banca-impresa. In estrema sintesi, tali incisivi cambiamenti trovano una spiegazione da un lato nell’evoluzione del contesto economico italiano e mondiale (la crisi del 2008 ha segnato in tal senso un momento decisivo), dall’altro nelle sempre più stringenti regolamentazioni imposte agli operatori bancari.

A ben vedere, infatti, la richiesta di un maggior tasso di intensità del capitale per lo svolgimento della propria attività non ha potuto non implicare una variazione delle politiche di concessione e gestione del credito a favore delle aziende più “virtuose”, attraverso criteri di selezione della clientela esigenti e controlli intensi.

Gli istituti di credito si sono inoltre dotati di meccanismi e processi di prevenzione sempre più sofisticati ed efficaci, nati dal combinato disposto di algoritmi, statistica e segnali esperienziali, al fine di intervenire tempestivamente qualora si identifichino segnali di deterioramento.

Infine, il mondo bancario si sta adeguando a disposizioni molto stringenti in materia di classificazione a default, regole che renderanno più complesso ed oneroso l’accesso al credito qualora l’impresa risulti inadempiente in merito alle proprie obbligazioni contrattuali.

Sul fronte delle banche sono intervenuti, quindi, importanti cambiamenti sia esogeni (contesto economico e regolamentazione) che endogeni (metodologie, competenze e strumenti nuovi) della gestione del credito. In maniera sempre più puntuale le banche applicano un approccio forward looking nella valutazione del merito creditizio e nell’analisi economico finanziaria dell’impresa al fine di prevedere eventuali elementi di difficoltà e di gestirli in ottica anticipatoria rispetto al loro manifestarsi (anche a seguito dell’applicazione del principio contabile IFRS9).

In tal senso, si può dire che il mondo bancario si trovi ad anticipare la volontà espressa nella riforma (il Codice della crisi di impresa, introdotta con il D.Lgs. n. 14/2019) di tempestiva emersione della crisi delle imprese, in quanto ha già elaborato e posto in essere strumenti atti a consentire il pronto percepimento dei primi segnali di difficoltà delle stesse imprese (meccanismi di early warning).

In particolare, la banca monitora alcuni indicatori suddivisi per macro-categorie e con soglie di rilevanza predefinite quali indicatori patrimoniali ed economico finanziari (ad esempio variazioni di patrimonio netto, variazioni del fatturato), andamenti dei rapporti commerciali (ad esempio giorni di scaduto delle fatture e sconfini di conto corrente), rating e covenant contrattuali.

Tutto questo ha orientato l’attività degli istituti bancari verso una gestione proattiva dei clienti che mostrano segnali di deterioramento nella consapevolezza che gli interventi effettuati tempestivamente e prima del manifestarsi della crisi consentono una generale riduzione dei costi complessivi del risanamento di tutti gli stakeholder coinvolti.

Non può negarsi però che le aziende, soprattutto PMI, debbano in molti casi ancora procedere verso una gestione innovativa e/o più strutturata e moderna delle politiche e degli strumenti di ”autoanalisi”. Considerando la composizione delle imprese italiane (circa 4,5 ml) si stima che all’interno del segmento società di capitali (circa 900 mila aziende) il 25% delle stesse (PMI) saranno maggiormente interessate allo sviluppo degli strumenti di monitoraggio e di autoanalisi.

Il legislatore della riforma ha infatti imposto, da subito, che le società si dotino di un’adeguata organizzazione per il monitoraggio e la previsione dei problemi (in particolare con la modifica agli artt. 2086 e 2447 c.c.) mentre i meccanismi di allerta e di composizione della crisi, di futura entrata in vigore, poi mirerebbero a far emergere i segnali della crisi (sulla base degli indici e degli indicatori previsti all’art. 13 del Codice) specialmente quando l’imprenditore non li riconoscesse e/o non avesse posto in essere le misure necessarie ad ovviarvi, tentando in una prima fase di consentirgli di correre ai ripari ed in una seconda di avvalersi dell’aiuto esterno (gli organismi di composizione, OCRI, appunto, con il relativo collegio degli esperti). E’ comunque di tutta evidenza come cercare di prevenire anche l’ingresso in questa fase sia importante per l’impresa come per la banca.

In tal senso, sul fronte imprese, risulta strategico sviluppare un dialogo con il sistema bancario che poggi su adeguati strumenti di analisi che siano anche supporto decisionale/strategico per l’impresa stessa.

Questo obiettivo rende la struttura del Direttore Finanziario delle imprese centrale nella relazione banca/impresa e nella gestione del processo prima ricordato.

In particolare, assume rilevanza dotare le imprese di adeguati processi di previsione economico finanziaria di breve e di medio periodo suffragati da una rendicontazione dei dati andamentali storici opportunamente organizzati e fruibili tempestivamente.

Tale approccio risulta strumento essenziale per identificare le variabili critiche delle performance aziendali al fine di valutare le opzioni strategiche a disposizione del management sia per la gestione ordinaria che straordinaria, particolarmente importante in momenti di variazione ed instabilità del contesto competitivo.

Il set informativo così elaborato, d’altra parte, permette alla banca di misurare gli andamenti dell’impresa tempestivamente e di suggerire opportune politiche di ottimizzazione della struttura finanziaria dell’impresa con una coerenza di utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione (capitale, debito, ecc.).

Adeguati strumenti di previsione consentono, inoltre, di effettuare stress test da entrambi i lati (banca e impresa) utili ad anticipare e a prevedere momenti di turbolenza e ad individuare come gestire gli stessi anche in ottica strategica.

Il presupposto essenziale per la riuscita di tale preziosa collaborazione è che la relazione banca impresa sia fondata su un rapporto di reciproca fiducia e trasparenza e sia caratterizzata dalla piena condivisione delle informazioni. Banca ed impresa si vedrebbero in tale contesto stretti partner per un positivo sviluppo del sistema paese con una contestuale riduzione dei costi sociali legati alle crisi di impresa e a quelle del sistema bancario.

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Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/banche/quotidiano/2019/09/13/gestione-credito-banche-prima-linea-emersione-crisi-impresa

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