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Contratto di espansione: iter di stipula articolato a tutela dei lavoratori

Il contratto di espansione può essere stipulato dalle imprese con un organico superiore ai 1.000 dipendenti e impegnate in processi di reindustrializzazione e riorganizzazione. La stipula del contratto prevede un iter procedimentale piuttosto complesso. L’impresa interessata deve avviare una procedura di consultazione finalizzata a sottoscrivere, presso il Ministero del lavoro e con le associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (o con le RSA o RSU), il contratto di espansione con l’indicazione del piano formativo per i lavoratori. Nel caso in cui le imprese siano articolate su più unità produttive, il progetto di formazione e di riqualificazione deve interessare tutte le realtà produttive o soltanto alcune di esse?

Nel contratto di espansione la sottoscrizione dell'accordo presso il Ministero del Lavoro rappresenta il momento "focale" della procedura utile alla verifica della “sopportabilità” dei costi complessivi in considerazione del fatto che i fondi stanziati sono limitati e valgono solo per il 2019 ed il 2020.

Superata tale verifica, l'accordo, necessariamente, dovrà contenere:

a) il numero dei lavoratori che si intende assumere a tempo indeterminato con contratto di lavoro subordinato o di apprendistato ed i tempi di inserimento;

b) il numero delle persone che intendono fuire dello "scivolo pensionistico";

c) gli eventuali interventi integrativi straordinari richiesti con le modalità di riduzione oraria o di sospensione dell'attività, con l'indicazione delle sedi e delle unità produttive interessate;

d) il piano della formazione e della riqualificazione professionale "in the  job" , certificato da un Ente formativo accreditato.

Con la circolare n. 16 del 6 settembre 2019, il Ministero del Lavoro ha fornito le proprie indicazioni amministrative concernenti il contratto di espansione.

L’art. 26-quater del D.L. n. 34/2019 convertito, con modificazioni, nella legge n. 58/2019, al momento per gli anni 2019 e 2020, si inserisce nel “corpus” del Jobs Act (D.L.vo n. 148/2015) prevedendo, all’art. 41, la sostituzione del contratto di espansione con il contratto di solidarietà espansivo che aveva una natura strutturale e non presentava limiti dimensionali.

Il nuovo art. 41 riguarda, unicamente, le imprese (intese, secondo la circolare n. 16, nella loro unicità con esclusione sia dei gruppi di imprese che dei raggruppamenti temporanei –RTI-) con un organico superiore ai 1.000 dipendenti impegnate in processi di reindustrializzazione e riorganizzazione, finalizzate al progresso ed allo sviluppo tecnologico delle attività: si tratta di un intervento che va inteso “come propulsore di crescita interna e di competitività in ambito esterno”.

Il calcolo dei dipendenti va effettuato avendo quale parametro di riferimento la media del semestre antecedente la presentazione dell’istanza: in tale quadro normativo, alla luce della previsione contenuta nell’art. 20, comma 1, del D.L.vo n. 148/2015, i contratti a termine vanno computati per “testa” e non con i criteri ex art. 27 del D.L.vo n. 81/2015.

Gli effetti prodotti dai contratti di solidarietà espansiva sottoscritti entro il 29 giugno 2019, unitamente alle relative agevolazioni, sono fatti salvi fino alla loro naturale scadenza.

Con il contratto di espansione (al quale con una sola piccola eccezione, non si applicano i criteri del D.M. n. 94033/2016), il Legislatore intende racchiudere in uno stesso provvedimento e, di conseguenza, utilizzare “in contemporanea”, diversi istituti che sono destinati ad essere utilizzati insieme: mi riferisco alle nuove assunzioni, alla formazione richiesta dai cambiamenti tecnologici, alla integrazione salariale in deroga rispetto ai limiti massimi, alla ricollocazione incentivata del personale eccedentario con uscita “non traumatica” dalle imprese e alle misure che consentono, a determinate condizioni, di anticipare il pensionamento.

Entrando nel merito di quanto affermato dal nuovo art. 41, il Legislatore traccia un preciso iter procedimentale, affermando, da subito, che l’impresa interessata deve avviare una procedura di consultazione finalizzata, successivamente, a sottoscrivere presso la Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali del Ministero del Lavoro un contratto di espansione con le associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le “loro” RSA o la RSU. In tale sede viene verificata la richiesta del progetto di formazione con la relativa richiesta di certificazione, la pianificazione delle riduzioni di orario, le nuove assunzioni e la quantificazione da parte dell’impresa del costo della NASpI e dell’integrazione salariale.

Per la procedura di consultazione viene richiamato l’art. 24 del D.L.vo n. 148/2015 che fissa sia i termini che le modalità: la circolare n. 16 sottolinea l’importanza di tale passaggio al punto 5, lettera a) per il quale ritengo opportuno, sia pure brevemente, richiamare gli elementi essenziali.

La comunicazione deve essere tempestiva e va notificata, direttamente o tramite l’associazione di categoria alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato, alle RSA o alle RSU e, dal momento che sono in causa, alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il contenuto della stessa appare evidente: si tratta di delineare i processi riorganizzativi che si intendono porre in essere ed i conseguenti piani da sviluppare.

Alla comunicazione segue l’esame congiunto della situazione aziendale che va chiesto da una delle parti entro i 3 giorni successivi. La procedura ha tempi estremamente “cadenzati” nel senso che si deve concludere, entro i 25 giorni, trattandosi di un’impresa che occupa più di 1.000 persone.

Il comma 2 del nuovo articolo 41 detta i contenuti dell’accordo che viene definito di “natura gestionale”.

Ma, cosa si intende per “contratto gestionale”? Esso è quello che si sottoscrive, ad esempio, per il ricorso alle integrazioni salariali dei contratti di solidarietà, ai recessi collettivi o ai trasferimenti di azienda. Si tratta di ipotesi nelle quali le norme prevedono una procedura informativa molto dettagliata ed articolata che ha un obiettivo principale: quello di assicurare forme di tutela e garanzia anche a chi, tra i lavoratori, non è iscritto alle associazioni sindacali chiamate a trattare. Gli accordi di tale tipo sono, infatti, applicabili a tutti i lavoratori a prescindere che siano o meno iscritti alle organizzazioni sindacali che li hanno sottoscritti.

A mio avviso, anche in relazione ai contenuti dell’accordo, è opportuno (cosa non esclusa dalla circolare n. 16) aprire una procedura collettiva di riduzione di personale (lasciandola, magari, anche sospesa per un certo periodo) ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991: infatti una serie di notizie e, anche la individuazione, dei lavoratori eccedentari destinatari di licenziamenti non ostativi, non può prescindere da tale iter. Ovviamente, tale strada non è obbligatoria ma sembra la più consequenziale rispetto alle premesse.

L’accordo deve contenere una serie di elementi che, peraltro, sono stati focalizzati nella circolare n. 16:

- il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione, con la relativa tipologia contrattuale a tempo indeterminato (anche l’apprendistato ma non il lavoro intermittente sia pure a tempo indeterminato, attesa la natura saltuaria del rapporto). Si tratta, di un impegno assolutamente vincolante che l’impresa interessata potrà assolvere ricorrendo anche alla vasta gamma di agevolazioni previste dal nostro ordinamento;

- i tempi di inserimento dei nuovi lavoratori: l’inserimento, magari cadenzato, in un arco temporale più o meno lungo, è un “elemento” fondamentale del contratto di espansione;

- l’indicazione della durata dei contratti. La durata “minima” garantita del rapporto a tempo indeterminato non è nuova nel nostro ordinamento essendo, ad esempio, stata prevista, in alcuni provvedimenti di “sanatoria” (quindi, ipotesi del tutto diverse) come l’art. 54, comma 1, lettera b) del D.L.vo n. 81/2015 o l’art. 1, comma 1210, della legge n. 296/2006;

- relativamente alle professionalità in organico, la riduzione media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento pensionistico secondo le modalità esplicitate al comma 5 che viene individuato come uno dei cardini del contratto di espansione.

Il successivo comma 3 parla di trattamenti integrativi straordinari in deroga rispetto alle previsioni degli articoli 3 e 6 del D.Lvo n. 148/2015. Tale periodo non può essere superiore a 18 mesi, anche non continuativi, cosa che può comportare, come afferma la circolare n. 16, uno “sforamento” nel 2021 se l’accordo risulterà stipulato nel corso del 2020.

L’art. 3 fa riferimento alla misura dell’integrazione salariale e l’art. 6 alla contribuzione figurativa: i periodi di sospensione o di riduzione di orario danno diritto alla contribuzione figurativa e sono riconosciuti utili ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia e di quella anticipata. Il contributo addizionale sarà quello previsto dall’art. 5.

Il comma 4 attribuisce un compito di verifica al Ministero del Lavoro attraverso le articolazioni periferiche dell’INL: ciò significa che, come ricordato dalla circolare n. 16, l’attenzione degli ispettori si focalizzerà sia sulla riduzione oraria che sui programmi formativi, nel rispetto dei tempi fissati dall’art. 25, comma 6, del D.L.vo n. 148/2015 e secondo le indicazioni fornite con la circolare n. 27/2016.

Su tali questioni, si pone un problema non secondario riferito alle impresearticolate su più unità produttive: il progetto di formazione e riqualificazione deve interessare, indistintamente, tutte le realtà produttive o soltanto alcune di esse? La risposta più razionale appare la seconda, potendo il progetto formativo interessare soltanto alcuni siti, fermo restando, però, in un’ottica complessiva, la possibilità di far accedere “allo scivolo pensionistico”, di cui parla il successivo comma 5, anche dipendenti di altre unità produttive in possesso dei requisiti soggettivi.

L’accordo di espansione (comma 9) con l’indicazione dei lavoratori percettori dell’indennità di accompagnamento alla pensione anticipata o di vecchiaia, deve essere depositato, telematicamente, entro 30 giorni, presso il Ministero del Lavoro, come previsto dall’art. 14 del D.L.vo n. 151/2001 e con le nuove modalità procedurali delineate dalla nota n. 2761 del 29 luglio 2019: si tratta di un passaggio “formale” da cui dipende la efficacia delle misure.

Il comma 10 afferma, infine, che il contratto di espansione è compatibile con l’utilizzo di altri strumenti previsti dal D.L.vo n. 148/2015, come, ad esempio la riduzione di orario in settori diversi rispetto a quelli interessati dal contratto di espansione.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/09/27/contratto-espansione-iter-stipula-articolato-tutela-lavoratori

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