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Distacco transnazionale di lavoratori: perché può avvantaggiare le imprese straniere

L’impresa straniera che distacca in Italia i lavoratori è tenuta a garantire loro standard di tutela “uguali o analoghi” agli standard assicurati nel nostro Paese. Tale previsione di legge mira a evitare che l’impresa straniera possa avvantaggiarsi economicamente sulle imprese domestiche. Tra le condizioni di lavoro da rispettare, vi è anche la parità di trattamento economico. Al riguardo si impongono alcune considerazioni. La possibilità di integrare la retribuzione contrattuale corrisposta al lavoratore distaccato con una indennità di distacco che può arrivare a coprire anche più dell’80% di quanto mensilmente corrisposto al lavoratore (e sulla quale, per di più, non vengono calcolati i contributi) non finisce con il favorire di fatto le imprese straniere?

Quali diritti vanno garantiti a favore dei lavoratori esteri distaccati nel nostro Paese? Il Vademecum sul distacco transnazionale elaborato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e divulgato al personale ispettivo con nota n. 622 del 1° agosto 2019 fa il punto della situazione evidenziando come, nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie, sia comunque possibile per l’impresa straniera avvantaggiarsi economicamente sulle imprese domestiche.

Per garantire standard di tutela “uguali o analoghi” sull’intero territorio nazionale, ed evitare così anche surrettizie quanto inaccettabili forme di concorrenza tra imprese di Stati diversi fondate su trattamenti economici disomogenei dei prestatori, l’art. 4, del D.Lgs. n. 136/2016 individua una serie di tutele disponendo che nei confronti dei lavoratori distaccati in Italia si applichino, durante il periodo del distacco, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per coloro che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco (c.d. principio della lex loci laboris). Più precisamente le «condizioni di lavoro e di occupazione» che vanno rispettate sono le disposizioni stabilite dalla legge e dai contratti collettivi di cui all'art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 (quindi anche eventualmente quelli di secondo livello) relative alle seguenti materie:

1) Periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;

2) Durata minima delle ferie annuali retribuite;

3) Trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario;

4) Condizione di cessione temporanea dei lavoratori;

5) Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

6) Provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;

7) Parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.

Alle imprese che operano distacchi transnazionali sul territorio italiano, pertanto, si applicano, fra l’altro, le seguenti disposizioni coi relativi presidi sanzionatori: D.Lgs. n. 66/2003 (tempi di lavoro), D.Lgs. n. 81/2008 (sicurezza, salute e igiene), D.Lgs. n. 198/2006 (codice delle pari opportunità).

Con riferimento alla spinosa questione del rispetto della parità di trattamento economico, le recenti linee guida ispettive ribadiscono che la finalità del legislatore è quella di garantire una sostanziale equiparazione fra le retribuzioni erogate ai lavoratori nazionali e quelli distaccati. L’INL, tuttavia, evidenzia che:

• Non è necessaria una perfetta corrispondenza delle varie voci retributive, atteso che la sostanziale equiparazione di trattamento salariale può essere realizzata considerando anche gli importi corrisposti a titolo di indennità (es. l’indennità di distacco) che, unitamente alle voci retributive, assicurano il rispetto dei principi costituzionali di sufficienza e proporzionalità della retribuzione;

• Non rileva la circostanza che dette voci siano o meno assoggettate a contribuzione, in base alla legislazione del Paese di provenienza;

• Per effettuare il raffronto tra la retribuzione corrisposta al lavoratore distaccato e la retribuzione dovuta ai sensi della contrattazione collettiva applicata in Italia, occorre prendere in considerazione l’importo lordo delle somme erogate anziché i singoli elementi costitutivi;

• Ai fini dell’equiparazione non vanno computate, invece, le voci relative ai rimborsi delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco (spese di viaggio, vitto e alloggio);

• Nel caso di una prestazione di servizi consistente in un contratto di appalto, il contratto collettivo da utilizzare come riferimento sarà quello riferito all’attività dedotta nel contratto (rectius oggetto della prestazione di servizi).

Al riguardo s’impongono alcune considerazioni. In alcuni Paesi, in particolare dell’est Europa, le retribuzioni contrattuali risultano essere di gran lunga inferiori rispetto a quelle riconosciute in Italia. La possibilità, ai fini della valutazione di congruità complessiva del trattamento economico, di integrare la retribuzione contrattuale corrisposta al lavoratore distaccato con una cospicua indennità di distacco (somma che può arrivare a coprire anche più dell’80% di quanto mensilmente corrisposto al lavoratore) sulla quale, per di più, non vengono calcolati né i contributi (che si ricorda in Italia sono mediamente pari al 35-40% dell’imponibile) né i ratei di retribuzioni differite (es. tredicesima, TFR), produce un considerevole, palese abbattimento dei costi a vantaggio del datore di lavoro estero distaccante alimentando, in tal modo, un perverso mercato del lavoro comunitario che fatalmente favorisce il dumping sociale. Per evitare questo deprecabile fenomeno che, peraltro, incide pure negativamente sulla competitività delle imprese nazionali - costrette invece a sostenere costi del personale significativamente superiori rispetto a quelle straniere - forse sarebbe necessaria una lettura più restrittiva delle norme comunitarie di garanzia del trattamento economico tanto da parte del Legislatore nazionale, quanto da parte di chi, quelle regole, deve farle applicare.

Responsabilità solidale tra distaccante e distaccatario

Ipotesi di distacco transnazionaleRegime applicabile
Imprese stabilite in uno Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori, in favore di un’altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, o a un’altra unità produttiva, o di un altro destinatarioArt. 1676 del codice civile Art. 29, co. 2, del D.Lgs. n. 276/2003
Agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice, con unità produttiva in ItaliaArt. 35, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015
Trasporto su stradaArt. 83-bis, co. da 4-bis a 4-sexies, del D.L. n. 112/2008 (conv. in L. n. 133/2008)

Se l’agenzia per il lavoro ha sede in uno Stato membro dell’UE può somministrare/distaccare lavoratori presso imprese utilizzatrici italiane a condizione, tuttavia, che sia in possesso di autorizzazione equivalente a quella di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, rilasciato dalle competenti autorità dello Stato di provenienza (somministrazione transnazionale di cui all’art. 1, co. 2 e 3, D.Lgs. n. 136/2016).

N.B. Si rileva come problematico il fatto che, in alcuni Paesi europei, la somministrazione di lavoro non è sottoposta ad alcun regime autorizzatorio; l’INL, in questi casi, invita comunque il personale ispettivo a verificare, anche tramite il “Sistema d'informazione del mercato interno (IMI)” cui hanno accesso, che tale mancanza risulti legittima in base alla normativa del Paese di stabilimento dell’agenzia.

In questi casi, sotto il profilo del trattamento economico e normativo in virtù della necessaria applicazione dell’art. 35, co. 1, del D.Lgs. n. 81/2015, va comunque garantita ai lavoratori distaccati in Italia un’assoluta parità di trattamento coi lavoratori dipendenti dell’utilizzatore, con conseguente integrale applicazione anche della contrattazione collettiva dell’impresa italiana utilizzatrice (in caso di violazione di questo precetto è prevista una sanzione amministrativa da 250 fino a 1.250 euro a carico del distaccatario e del distaccante). Anche in questi casi, qualora vi sia evidenza dei reati di sfruttamento (art. 603-bis C.p.) o di somministrazione fraudolenta (art. 38-bis, D.Lgs. n. 81/2015), l’INL invita il personale ispettivo a notiziare la competente Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 347 C.c.p.

Qualora, infine, l’A.p.L. situata in un altro Stato membro, sia già in possesso di autorizzazione equivalente ma intende comunque aprire una sede sul nostro territorio, è tenuta a presentare una mera richiesta di iscrizione all’apposito albo informatico italiano istituito presso l’ANPAL. In tal circostanza l’agenzia sarà tenuta a stipulare anche una specifica garanzia fideiussoria di 350 mila euro (sempreché non abbia già assolto ad “obblighi analoghi” nel rispetto della normativa dello Stato membro di origine). In quest’ultimo caso, per i lavoratori somministrati, trova integrale applicazione la disciplina domestica (D.Lgs. n. 276/2003 e D.L.gs. n. 81/2015).

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/10/10/distacco-transnazionale-lavoratori-avvantaggiare-imprese-straniere

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