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E-commerce: strategie per crescere sui mercati digitali

Nell’era di internet l'e-commerce offre alle imprese nuovi e molteplici modelli di business che ne estendono la potenzialità. Tutti questi modelli possono, però, essere portati avanti con successo solo se si accetta l'idea che lanciare un'attività per il commercio on line trasforma l’organizzazione dell’impresa, soprattutto sul piano delle “operations”. Per questo occorre valutare la scelta di utilizzare partner esterni che supportano le aziende non attrezzate per gestire ordini e spedizioni e per affrontare al meglio un cambiamento non solo organizzativo, ma anche culturale. Quali sono i passi da fare per avere successo?

Non siamo all’anno zero di Internet e, nell'affrontare le sfide che il digitale pone, è responsabilità di questa generazione non commettere gli errori del recente passato. Fra questi, il ritardo con il quale l'e-commerce si è sviluppato nel nostro Paese ha creato le condizioni perché i marketplace ormai rappresentino i category killer di questo canale con i conseguenti effetti sul piano della competitività, della maturazione delle competenze e dell’occupazione. Se altrove i retailer tradizionali hanno saputo legare il canale digitale al canale tradizionale, in Italia sono le grandi dotcom a concentrare nelle proprie mani la fetta più grande del mercato e la fiducia dei consumatori.

Non commettere gli errori del passato significa prendere coscienza del fatto che l'e-commerce non pone dunque alle imprese una scelta binaria - acceso o spento, non vendere online o farlo a discapito della catena distributiva - ma offre molteplici modelli di business che ne estendono la potenzialità e la distribuiscono lungo la filiera.

Esiste l'e-commerce orientato a mercati settoriali o nazionali specifici e le aziende più capaci hanno colto come, per avere successo, è necessario conoscere al meglio le preferenze e le sensibilità locali per valorizzare al meglio la propria attività. "Se io vendo a te, debbo parlare la tua lingua. Se io sto comprando, dann müssen Sie Deutsch sprechen!” diceva Willy Brandt.

L'e-commerce rivolto ai professionisti, riservato solo ad aziende e possessori di partita Iva, non è poi meno importante dell’e-commerce b2c giacchè sfrutta il crescente fenomeno della customerization che eleva le aspettative nei confronti dei fornitori, anche in termini di offerta di un servizio online di acquisto.

Ci sono addirittura siti e-commerce B2B2C, offerti dai produttori e dai grossisti ai propri rivenditori perché questi possano personalizzarli e metterli a disposizione dei propri clienti finali: questi modelli nascono per non scavalcare i negozi partner, ma per offrire loro servizi online adeguati ad intercettare questo cambiamento.

Le formule “reserve and collect” e “pay and collect” che vengono sviluppate per aumentare la pedonalità presso i punti vendita e, infine, l'omnicanalità che supera la cesura fra sito e-commerce e negozio e prova a mettere al centro il cliente ottimizzando l'esperienza in-store e la gestione delle scorte.

Tutti questi modelli possono però essere portati avanti con successo solo se si accetta l'idea che lanciare un'attività e-commerce trasforma il modello di business e l’organizzazione dell’impresa, soprattutto sul piano delle operations. Se infatti il dropshipping – che però è un modello quasi mai puro - permette di concentrarsi sulle attività di vendita online lasciando ai produttori e ai grossisti partner l'onere (ma anche l’onore) della spedizione, in tutti gli altri casi si pongono sfide quali la gestione dell’ordine, dalla ricezione alla preparazione, dal picking al trasporto fino alle formule di consegna a valore aggiunto (su appuntamento, al piano, …); il tracking e il customer care nei confronti dell'acquirente, consapevoli che la maggior parte delle recensioni negative riguardano nell'e-commerce proprio le spedizioni; la gestione, operativa e amministrativa, dei resi e dei guasti; la gestione dei picchi.

Per questo spesso si scelgono provider esterni o broker che supportano aziende non attrezzate per gestire ordini e spedizioni unitarie ad affrontare un cambiamento non solo organizzativo, ma culturale. Non a caso, l’offerta dei grandi marketplace internazionali, occidentali e cinesi, è resa ancor più appetibile dai loro servizi logistici.

I provider logistici debbono pertanto essere valutati e scelti rispetto alla gestione di aree critiche non sempre scontate come la capacità di gestire lo stoccaggio e la spedizione di un ampio assortimento di articoli, ciascuno con una differente frequenza di movimentazione; la flessibilità di spedizioni unitariamente limitate, anche in cross-docking; il successo nell'affrontare picchi stagionali, tra i quali il Black Friday sta aggiungendosi al più tradizionale calendario delle festività; la personalizzazione della spedizione (i biglietti di auguri contano più dei fiori, …); l'attenzione, anche in termini commerciali, a far fronte a fluttuazioni della domanda; l'offerta di un’interfaccia intuitiva per la gestione e il controllo degli ordini, anche in tempo reale; la velocità nelle consegne e l'offerta di consegne espresse; il rischio di incappare in un elevato numero di resi e guasti; la qualità delle consegne e del customer care.

I partner logistici assumono tratti differenti a seconda del loro livello di servizio, ma in qualche caso influenzano la determinazione di modelli specifici di organizzazione dell'e-commerce a seconda della soluzione scelta: l'e-commerce con magazzino proprietario presenta più flessibilità e maggior potere negoziale con produttori e grossisti partner, ma richiede anche investimenti ingenti in termini di spazi, macchinari, software e personale, mentre l'e-commerce con magazzino in outsourcing prevede costi fissi (start-up, management) e variabili (per spazio occupato, per movimentazione in ingresso, per picking, per imballo, per reso, per lavorazioni speciali, per assicurazioni aggiuntive, …) che rischiano di appesantire il conto economico.

Il dropshipping non contempla il magazzino, ma richiede l'integrazione del software gestionale con chi si occupa delle consegne e pone inoltre la necessità di valutare il ruolo del packaging e della sua forza in termini di fidelizzazione del cliente finale.

Nella formula "Pseudo just-in-time" vi è un magazzino ridotto - con i prodotti a maggior rotazione - ma per gli altri prodotti costringe ad offrire tempi di consegna più elevati per consentirne l’approvvigionamento. Esiste poi il brokerage: acquisito l'ordine, il merchant negozia con più fornitori la fornitura del bene. Infine, i metodi misti, adottati soprattutto per fronteggiare i picchi di domanda.

L’e-commerce richiede di attrezzarsi per far funzionare una “fabbrica di ordini”. Per questo, le strategie e-commerce non debbono partire dall’aprire un negozio proprietario, ma approdare ad esso con la formula più opportuna, usando i marketplace - anziché da loro “farsi usare” - come banco di prova per individuare le criticità dei processi e migliorarli e come ambienti per testare la maturità di un mercato e cogliere le opportunità che presenta.

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Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/10/24/e-commerce-strategie-crescere-mercati-digitali

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